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Ma, al di là, del sinodo e dei suoi risultati, quello che è emerso è che anche la chiesa, monarchia illuminata che vive da duemila anni, ha scelto la democrazia e la trasparenza come gesto di rottura rispetto al suo passato. Non è una cosa da poco. Alle scartoffie e agli intrighi di uffici curiali, papa Francesco ha contrapposto il voto, ai pettegolezzi di palazzo la discussione. Sebbene, purtroppo, gli intrighi di palazzo continuino a proliferare oltretevere: Vatileaks2, infatti, sembra riemergere dalle scartoffie vaticane. È finito in carcere monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, spagnolo, ex segretario della prefettura degli Affari economici e della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative (Cosea), per aver divulgato notizie riservate e telefonate private del papa a giornalisti. Sotto accusa con lui, anche Francesca Immacolata Chaouqui, ex componente della stessa Commissione. Per fortuna, Francesco va avanti. Questo modo di fare, questa “parresia evangelica”, rappresenta lo stile del pontificato di Francesco, a metà tra intelligenza ignaziana e spiritualità francescana. Uno stile cercato nelle viscere del vangelo, e una parola incoraggiata dal grido di dolore di un mondo contemporaneo accecato da una globalizzazione senza regole e senza limiti. La forza di papa Francesco è tutta qui. Oltre le esortazioni evangeliche, le encicliche. Oltre le scelte sui futuri episcopati che pur ci sono e sembrano finalmente intravedere una linea di direzione. Le ultime nomine vescovili, solo se pensiamo all’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, e a quello di Bologna, Matteo Zuppi, vanno diritte nella scelta di uomini che hanno abbracciato l’abito talare per calarsi nell’odore delle pecore. Vescovi di strada, sì. Ma anche vescovi e preti formati a una solida teologia, che non hanno mai perseguito carriere e onorificenze, e anche per questo premiati da Francesco. Ecco perché i rigoristi, o conservatori, o tradizionalisti, hanno fatto uno scivolone con la storia prima del monsignore gay, poi della lettera dei 13 cardinali che come tutte le commedie tragicomiche non si è saputo chi avesse firmato veramente, e infine con l’insuperabile bufala del tumore benigno al cervello del papa. L’attacco a papa Francesco continuerà anche in futuro. Ma, rispetto al tiro infuocato dei suoi nemici, non nuovi nell’uso spregiudicato di carte e documenti segreti per colpire l’avversario, la contraerea bergogliana usa la tenerezza e la “durezza” delle Beatitudini. I sinodi passano, la chiesa rimane. Così i difensori a oltranza di una chiesa arroccata sui suoi inossidabili misteri e leggi imperturbabili nel tempo e nella storia non raccoglie che lo striminzito un terzo dei voti, stando però solo alla conta di vescovi e cardinali un po’ anziani, in gran parte eletti sotto il pontificato dei due precedenti papi. Il popolo, in realtà, è tutto con papa Francesco. Un popolo di fedeli che forse solo ora sta capendo la grande novità di questo pontificato. Per Francesco, infatti, la chiesa è inclusiva, mai escludente. Anche per chi non la pensa come lui. Una chiesa che ha i tempi lunghi della mediazione e della parsimonia e i tempi presenti della misericordia e della tenerezza evangeliche. Il Giubileo straordinario della misericordia voluto da papa Francesco e che ha avuto inizio l’8 dicembre scorso, si inserisce in questa visione profetica del pontificato, dove il decentramento tra chiesa centralistica ed episcopati locali attende l’ultima spinta per una piramide rovesciata: il potere e il servizio nascono dal basso. La rivoluzione continua.