La Fede non si passa : la Fede si suscita

Miei Cari,
per una presa di coscienza dei sacramenti cui i nostri ragazzi si accosteranno, desidero rivolgermi questa volta ai genitori soprattutto. Più volte mi avete sentito parlare di “trasmissione della fede”, ma forse l’espressione è impropria nel senso che essa non è un “passaggio”, non è cioè un biglietto di cinquanta euro che passa di tasca in tasca. È decisamente - afferma Pino Pellegrino - un parlare di «educazione» alla fede, anche se è bene precisare che in realtà chi dona la fede è Dio, i genitori possono preparare nel figlio il terreno adatto alla sua germinazione. Intanto non facendo passi falsi come ad esempio “imponendo” la loro fede. La fede è una forma di innamoramento che non può imporsi, ma che si propone attraverso l’esempio. La fede, dice il Papa, si conserva viva ed è “libera e cosciente” “Porta fidei, n. 4), se è imposta viene uccisa in partenza. Un altro passo falso nella educazione alla fede, è quello di strumentalizzarla. A volte al figlio preoccupato si sente dire da qualche genitore: siamo andati ad accendere una candela alla Madonna per i tuoi esami. Queste parole non fanno un buon servizio alla fede perché essa non può esimerci dalla fatica del lavoro. I russi, saggi, dicono che “Dio ci dà le noci, ma non ce le schiaccia”. È poi necessario evitare passi inutili. Non si può, dice ancora Pino Pellegrino, eliminare del tutto il servizio della ragione per sostenere la fede. Soprattutto nei bambini e adolescenti la fede arriva ai figli per contagio, per via della esemplarità, è il metodo che ci assicura che è la vita dei genitori che apre alla fede: chi crede non ha nulla da perdere, chi non crede non ha nulla da sperare. Il figlio che vive con genitori “credenti” viene educato alla fede molto più che non dal parroco e dai catechisti stessi. È chiaro però che oltre al linguaggio della esemplarità che provoca il contagio, c’è quello verbale, della parola. E ciò solo in alcuni momenti: quelli sublimi, quelli affascinanti e nei tremendi, perché Dio appare il grande al quale si deve riverenza e adorazione; appare il Buono che desidera confidenza, amicizia e amore; si mostra ed è Forte a cui si deve sottomissione, rispetto ed obbedienza. L’anno della Fede sarà ricordato nella storia della Chiesa se sarà riuscito a farci decontaminare il concetto di un Dio sbagliato e che ci fa sbagliare il rapporto sull’uomo, su noi stessi, sulla storia, sul mondo. Entrare col piede giusto in Quaresima, per piccoli e grandi, varrà di farci ricordare che Dio è il Padre misericordioso, di cui ci si può fidare, si può credere. Una buona Quaresima per me e per voi? Cerchiamo insieme di essere oggi “Amen” per essere domani “Alleluja”.

Cordialmente
Don Vincenzo


Che cosa ne pensa dei messaggi di Medjugorje?

Gentile signora Cettina Militello, la conosco attraverso i suoi articoli su Vita Pastorale, e mi sento di porre oggi a Lei questa domanda: “che cosa ne pensa dei messaggi di Medjugorje?”. Anche stamattina, nell’atrio della chiesa c’erano striscie di carta contenenti i messaggi del 2 dicembre 2012, 25 novembre 2012 e 2 gennaio 2013. Non glieli trascrivo perché immagino che Lei possa agilmente trovarli da sé. Mi sono sentita offesa nella mia intelligenza, ma potri essere io “fuori di testa”, perché vedo qui in parrocchia gente che non desidera altro dalla vita se non questo! Gradirei molto un suo commento. L.V.

Risponde Cettina Militello.
Cara Lucia, grazie per la fiducia che mi mostra. Spero di non perderla dicendole che né conosco i messaggi di Medjiugorje, né mi interessa conoscerli. Si ho notato anch’io che ci si premura di affiggerli alla porta delle chiese e che dappertutto imperversa questa immagine diafana della Madre del Signore. Tutta lasciando a Lei la libertà d’intercedere a nostro favore (e, ovviamente, anche di mostrarsi), con tutto il rispetto, so di non essere obbligata, né io né altri a fare di queste manifestazioni - vere o presunte - l’oggetto dell fede. Nella parrocchia della mia infanzia e giovinezza splendeva la “lampada” sia dinanzi al tabernacolo che dinanzi al Vangelo aperto. Chiunque, anche se andava di fretta, poteva, portarsi a leggere il brano del giorno. Parlo di Vangelo e non di Bibbia perché sono anagraficamente “datata”: la Bibbia l’avremmo scoperta, poi, dopo il Vaticano II. La mia fede è maturata col cuore, certo, ma anche con la mente. Mi é stato di diffidare dal sensazionale e piuttosto di aprire gli occhi sul miracolo che ogni giorno segna la nostra vita. Se già é una meraviglia guardare il mondo nel quale ci è dato di vivere, e la meraviglia non passa malgrado la nostra inadeguatezza a condurlo secondo il disegno di Dio, una meraviglia ancora più grande, se ci crediamo, è l’essere figli nel Figlio cioè partecipi della vita stessa di Dio, membra vive del suo corpo, la Chiesa, che lo Spirito non cessa di accompagnare  malgrado la resistenza che gli opponiamo, malgrado la sordità o cecità al suo soffio e alle azioni che egli compie in noi e per noi. Dinanzi alla mistica sacramentale - morti e risorti in Cristo ci nutriamo del suo corpo - francamente mi sembrano irrilevanti tante esperienze e metodiche, che pure rispetto. Ma nessuno può chiedermi di recepire come “messaggio rilevato” un dire mediato che mi raggiunge attraverso il filtro di una sensibilità altrui (il/la/i veggenti) che sempre comunque interferisce, che sempre - anche senza volerlo - può essere manipolata. Insomma, se ho da ascoltare, apro la Bibbia e non a caso, e mi sforzo di penetrarla e accoglierla nella sua forza interpellante. Se poi a Medjugorje, come in altri posti, la gente, va, prega, cambia vita, non posso che rallegrarmene, a condizione che non si spacci per fede l’umiliazione della della loro mente. Dio ci ha creati mettendo in noi la voglia infinita di coglierne il mistero. La lotta per conoscerne il Nome, ossia chi Egli è  è lotta della vita intera. Ma si compie appellando all’interezza delle proprie risorse personali, non alimentando quella “venecredulità” che già Pio XIII, devotissimo della Vergine deplorava. Il punto è sempre lo stesso: che ne abbiamo fatto del Concilio? I devoti di Medjugorje - preti soprattutto - usino la cortesia di leggere LG VIII. Forse capiranno che la risposta alla doverosa creatività pastorale non è quella rapida e precisa dell’emozione. Il loro compito generare alla fede e alimentarla, non di offendere l’intelligenza dei fedeli. No davvero, non é lei “fuori di testa”. Parliamo o no di fede adulta? Non siamo forse nell' “Anno della Fede” e non parliamo di “nuova evangelizzazione”?
da Vita Pastorale

-------------------------------------------------

Festa della Candelora: la candela illumina e purifica 
Il significato è simbolo di Gesù. La cera, frutto dell’ape regina, “esprime il corpo di Gesù, frutto immacolato del Verginale seno di Maria. Lo stoppino è l’anima del Salvatore che dà vita e forma al corpo umano, mentre la fiamma, diffondendo la sua luce e il calore, simboleggia la divinità del Salvatore, in grado di innescare in ogni cuore umano la fiamma divina del bene, del sapere, della saggezza”. Accanto a Maria è sì simbolo della luce, del rapporto tra spirito e materia. E più direttamente legata all’idea della purificazione di Gesù, a tal punto da aver dato vita alla festa della cosiddetta Candelora (il 2 febbraio, 40 giorni esatti dopo il 25 dicembre, giorno della Natività).

SANTA CHIARA D’ASSISI

Protettrice dell’anno nella nostra Comunità

Chiara nasce ad Assisi nel 1194, da Favarone di Offreduccio di Bernardino e da Ortolana. La madre, recatasi a pregare alla vigilia del parto nella Cattedrale di San Rufino, sentì una voce che le predisse: “Oh, donna, non temere, perché felicemente partorirai una chiara luce che illuminerà il mondo”. La bambina fu battezzata in quella stessa chiesa. L’ambiente familiare di Chiara era pervaso da una grande spiritualità. La madre educò con ogni cura le sue figlie e fu tra quelle dame che ebbero la grande fortuna di raggiungere la Terra Santa al seguito dei crociati. L’esperienza della completa rinuncia e delle predicazioni di San Francesco, la fama delle doti che aveva Chiara per i suoi concittadini, fecero sì che queste due grandi personalità s’intendessero perfettamente sul modo di fuggire dal mondo comune e donarsi completamente alla vita contemplativa. La notte dopo la Domenica delle Palme (18 marzo 1212) accompagnata da Pacifica di Guelfuccio (prima suora dell’Ordine), la giovane si recò di nascosto alla Porziuncola, dove era attesa da Francesco e dai suoi frati. Qui il Santo la vestì del saio francescano, le tagliò i capelli consacrandola alla penitenza e la condusse presso le suore benedettine di S. Paolo a Bastia Umbra, dove il padre inutilmente tentò di persuaderla a far ritorno a casa. Consigliata da Francesco si rifugiò allora nella Chiesina di San Damiano che divenne la Casa Madre di tutte le sue consorelle chiamate dapprima “Povere Dame recluse di San Damiano” e, dopo la morte della Santa, Clarisse. Qui visse per quarantadue anni, quasi sempre malata, iniziando alla vita religiosa molte sue amiche e parenti compresa la madre Ortolana e le sorelle Agnese e Beatrice. Nel 1215 Francesco la nominò badessa e formò una prima regola dell’Ordine che doveva espandersi per tutta Europa. La fermezza di carattere, la dolcezza del suo animo, il modo di governare la sua comunità con la massima carità e avvedutezza, le procurarono la stima dei Papi che vollero persino recarsi a visitarla. La morte di San Francesco e le notizie che vari monasteri accettavano possessi e rendite amareggiarono e allarmarono la Santa che sempre più malata volle salvare fino all’ultimo la povertà per il suo convento componendo una Regola (simile a quella dei Frati Minori) approvata poi dal Cardinale Rainaldo (futuro papa Alessandro IV) nel 1252 e alla vigilia della sua morte da Innocenzo IV, recatosi a S. Damiano per portarle la benedizione e consegnarle la bolla papale che confermava la sua regola. Il giorno dopo (11 agosto 1253) Chiara muore. Il suo corpo venne sepolto a San Giorgio in attesa di innalzare la chiesa che porta il suo nome. Nonostante l’intenzione di Innocenzo IV fosse quella di canonizzarla subito dopo la morte, si giunse alla bolla di canonizzazione nell’autunno del 1255, dopo averne seguito tutte le formalità, per mezzo di Alessandro V.

Salvatore Bernocco


La fede: il presupposto della vita

Se non mi fidassi di nessuno, come potrei vivere? Come potrei crescere se avessi paura che mio padre vuole farmi del male, che mia madre potrebbe mettermi del veleno nel dentifricio? Come potrei fare l’esperienza dell’amore se non fossi sicuro che, anche se adesso non la vedo, la mia fidanzata continua a volermi bene, pensa a me, non mi tradisce, non mi abbandona? Come potrei dire il giorno della mia nascita se non mi fidassi della parola dei genitori? Persino mangiare è un atto di fede: credo che i pesci siano sani, che i funghi non siano avvelenati… La fede-fiducia è il presupposto della vita.

Al voto con difficoltà

Il 24 e 25 febbraio si vota per Camera e Senato della Repubblica. È un grande pasticcio, o almeno così lo intende la gente comune, quella che dovrà – se lo vorrà – recarsi alle urne per depositarvi la scheda elettorale. È la sensazione prevalente. Ed è una sensazione giustificata. Dopo il governo tecnico di Monti, persona di tutto rispetto, si pone il dilemma di quale maggioranza dovrà governare l’Italia nei prossimi cinque anni, che saranno anni difficili sia per l’economia che sul piano sociale. Si parla di timida ripresa economica, ma sembra più un auspicio che una previsione fondata. Stando alle mie modeste conoscenze di economia, i cicli negativi durano almeno dieci anni. I professori non lo dicono, ma la verità è questa. A farne le spese non sarà chi gode di ricchezze, ma i soliti noti, il ceto medio, le famiglie monoreddito, i giovani che non trovano lavoro, le aziende in difficoltà, i commercianti, i pensionati con pensioni da fame. L’indignazione verso la classe politica è giustificata. Oggi, in queste condizioni, godere di prebende, privilegi e stipendi e pensioni d’oro è un’offesa all’uomo e a Dio. I seguaci del dio denaro non rinunceranno facilmente ai loro privilegi. Chiusi nel recinto del loro egoismo, serreranno i ranghi. Forse cambierà tutto perché nulla cambi, nella migliore tradizione italiana. Ma andiamo alle elezioni. Si vota col Porcellum, definito una porcata perfino dal suo ideatore. E lo è. Non possiamo esprimere una preferenza, ma dobbiamo votare la lista. È una limitazione del diritto di voto, nel senso che ci è impedito di scegliere. Sì, d’accordo, il PD e SEL hanno fatto le primarie, ma poi i posti in lista li hanno decisi a Roma o i leader, tenendo in scarsa considerazione il territorio e le sue energie migliori. E ai primi posti di Camera e Senato, sia a destra che a sinistra che al centro, ci sono nomi che destano perplessità. Non vorrei essere tacciato di demagogia, ma ci sarebbe, questa volta, da restarsene a casa o votare scheda bianca o nulla. Se fosse estate sarebbe preferibile andare al mare. Siccome siamo a febbraio, si potrebbe sostituire il mare con una gita in una città d’arte. Tuttavia, votare è un diritto ed è un dovere. Il diritto di voto è stato conquistato a caro prezzo. Cosa dire, in ultima analisi? Rechiamoci alle urne ed esprimiamo un voto il più possibile consapevole. La convinzione assoluta non vi sarà o sarà solo dei militanti. Gli altri dovranno fare i conti col dubbio e con lo sdegno.

S.B.

11 FEBBRAIO : RITORNIAMO DA MARIA

Qui, vicino alla grotta di Lourdes, e in comunione particolare con tutti i pellegrini presenti nei santuari mariani e con tutti i malati nel corpo e nell’anima che cercano conforto, benediciamo il Signore per la presenza di Maria in mezzo al suo popolo e a lei indirizziamo con fede la nostra preghiera: “Santa Maria, tu che qui ti sei mostrata centocinquantacinque anni fa alla giovane Bernadette, tu sei veramente “di speranza fontana vivace” (Dante). Pellegrini fiduciosi qui giunti da ogni parte, noi veniamo ancora una volta ad attingere la fede ed il conforto, la gioia e l’amore, la sicurezza e la pace, alla sorgente del tuo Cuore immacolato: “Monstra Te esse Matrem!” Mostrati come Madre per tutti, o Maria! E donaci il Cristo, speranza del mondo! Amen.

Nel tempo e nello spazio di Dio

Nel clima festoso del Natale la comunità ha vissuto momenti bellissimi di fraternità, questa volta coinvolgendo anche il gruppo degli adulti di A.C.I. con le loro famiglie. Il tutto animato dal gruppo Famiglia parrocchiale. Anche i giovanissimi e giovani hanno fatto festa nelle molteplici serate organizzate e per la vincita del 1° Premio da essi ottenuto per aver realizzato un magnifico presepe nelle sale dell’oratorio. Ampia risonanza ha avuto anche quest’anno il presepe vivente realizzato nel centro storico dagli amici della Confraternita di S. Rocco. E sempre nell’ambito dello stesso sodalizio, domenica 13 è stato insediato il nuovo Priore, il prof. Simone Salvatorelli, dando così l’avvio ad un cammino per un impegno più fattivo insieme ai giovani confratelli che costituiscono ormai la maggioranza di tutti i membri. Non sono mancati gli incontri formativi per i vari gruppi e la Convivenza per la 1^ Comunità neo-catecumenale, come anche la liturgia penitenziale mensile. Anche l’adorazione animata dal Gruppo Eucaristico e da quello di Padre Pio ha avuto luogo nei giorni prefissati. Il giorno 12, inoltre, il parroco con altri nostri amici ha portato il saluto e l’augurio al nuovo arcivescovo di Pompei Mons. Tommaso Caputo, amico della nostra Parrocchia, che ha fatto il suo ingresso nella città mariana. Il mese si è concluso con gli incontri per i genitori i cui figli riceveranno i sacramenti in questo anno. Una celebrazione solenne si è avuta per la solennità dell’inizio d’anno con la proclamazione di S. Chiara quale Protettrice dell’anno, con la processione di Gesù Bambino in Piazza Castello e la celebrazione in onore di S. Ciro il giorno 31.

Luca