Se riusciamo a far pace con noi stessi …

Miei Cari,
approdano molto spesso sulla scrivania del parroco fogli stampati e che provengono da questa o quell’altra cosa religiosa, d’altronde come il nostro mensile “Fermento” che da circa un quarto di secolo gira nelle nostre case e anche un po’ più lontano. Sono solito soffermarmi su temi e t’accorgi che più volte c’è un pensiero utile, che ti fa riflettere. Fogli che vengono spesso cestinati anche con stizza perché ti riempiono quei pochi spazi a disposizione possono portarti a fermarti un po’ perché forse non ti accorgi che “invano lavorano i costruttori, se il Signore non edifica la casa”.
“Se riusciamo a far pace con noi stessi”.
È il titolo di una pagina della quale me ne approprio al termine di un mese dedicato alla pace e che con profetica intuizione Paolo VI inscrisse nel mese di gennaio. Se ci chiediamo però cosa che dobbiamo imparare dal nostro passato è proprio il far pace con noi stessi. La guerra è dentro di noi: è di lì che esplode fuori e ci fa cattivi con gli altri. Occorre scendere nella nostra interiorità per trovare la nostra verità; cioé quello che veramente siamo.
Solo trovando la verità di se stessi, è possibile sentirsi nella pace e fare un cammino di pace. La nostra vita si chiarisce quando ci convinciamo che dobbiamo guardare incessantemente e contemporaneamente dentro di noi e su di noi.
Trovarsi a mani giunte davanti a Dio: lì si rivela la nostra verità. Anche Gandhi, senza il Vangelo, a lume di ragione diceva che “la verità nostra è Dio. Se non conosciamo Dio non conosciamo mai noi stessi e non avremo la vittoria contro il male”.
Capire che ogni uomo è un progetto che viene da Dio. Lui non si può sbagliare, sa di che stoffa siamo fatti, Lui che ci ha dato la vita: “Prima che ti formassi nel grembo materno, ti conoscevo” (Ger. 1,5).
Dal nostro passato c’è da imparare che non siamo noi che abbiamo scelto la vita, ma è la vita che ha scelto noi. Il che significa riconoscere l’infinita potenza e bontà di Dio nel nostro destino. Se dunque vogliamo far pace con noi stessi dobbiamo aderire al progetto di Dio, sotto l’unico capo che è il Cristo. La nostra pace è dunque Dio in Cristo Gesù.
Agli inizi di un nuovo anno si ripresenta una creatura che ha fatto pace con Dio come nessuno al mondo.
È Maria, regina della pace che giunge alla verità su se stessa e alla presenza della pace che è grazia, gioia, felicità di compiere un cammino su cui il Signore imprime il suo sigillo. Sia Lei ad accompagnarci nell’avventura del nuovo anno, “sulla via della Pace”.

Cordialmente
Don Vincenzo

Nella nostra comunità

S. VINCENZO DE’ PAOLI
PROTETTORE DELL’ANNO

Nato a Pouy in Guascogna il 24 aprile 1581, fino a quindici anni fece il guardiano di porci per pagarsi gli studi.
Ordinato sacerdote a 19 anni, nel 1605 mentre viaggiava da Marsiglia a Narbona fu fatto prigioniero dai pirati turchi e venduto come schiavo a Tunisi.
Venne liberato dal suo stesso “padrone”, che convertì. Da questa esperienza nacque in lui il desiderio di recare sollievo materiale e spirituale ai galeotti. Nel 1612 diventò parroco nei pressi di Parigi, dove si rese conto che la povertà era presente, in forma ancora più dolorosa, anche nelle città e quindi fondò anche a Parigi le ‘Carità’; qui nel 1629 le “Suore dei poveri” presero il nome di “Dame della Carità”.
Nell’associazione confluirono anche le nobildonne, che poterono dare un valore aggiunto alla loro vita spesso piena di vanità; ciò permise alla nobiltà parigina di contribuire economicamente alle iniziative fondate da‘“monsieur Vincent”. L’istituzione cittadina più importante fu quella detta dell’”Hotel Dieu” (Ospedale), che s.Vincenzo organizzò nel 1634, essa fu il più concreto aiuto al santo nelle molteplici attività caritative, che man mano lo vedevano impegnato; trovatelli, galeotti, schiavi, popolazioni affamate per la guerra e nelle Missioni rurali.
Fra le centinaia di associate a questa meravigliosa ‘Carità’, vi furono la futura regina di Polonia Luisa Maria Gonzaga e la duchessa d’Auguillon, nipote del Primo Ministro, cardinale Richelieu.
Le prime ‘Carità’ vincenziane sorsero in Italia a Roma (1652), Genova (1654), Torino (1656).
Alla sua scuola si formarono sacerdoti, religiosi e laici che furono gli animatori della Chiesa di Francia, e la sua voce si rese interprete dei diritti degli umili presso i potenti. Promosse una forma semplice e popolare di evangelizzazione. Fondò i Preti della Missione (Lazzaristi) e insieme a santa Luisa de Marillac, le Figlie della Carità(1633). Diceva ai sacerdoti di S. Lazzaro: “Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto”. Per lui la regina di Francia inventò il Ministero della Carità. E da insolito “ministro” organizzò gli aiuti ai poveri su scala nazionale. Morì a Parigi il 27 settembre 1660 e fu canonizzato nel 1737.


S.B.

Cioè? Candelora

“Per la Candelora dall’inverno semo fora
ma se piove e tira vento nell’inverno semo drento”.

Ecco un proverbio interessato alla previsione del tempo, ma che riporta anche il nome popolare di una festa religiosa cristiana. E’ la festa della presentazione al tempio di Gesù (una volta detta della “Purificazione della Madonna”) che ricorre il due febbraio, nella quale si benedicono le candele: dal latino medievale “festum candelarum”, cioè festa delle candele, il popolo ha derivato il termine Candelora:
Nella primitiva Chiesa orientale la festa era chiamata occursus, in latino, e Ypapantè in greco. E Paolo VI spiega che “Il nome voleva significare l’incontro; l’incontro, cioè, di Gesù bambino portato al Tempio di Gerusalemme dopo quaranta giorni dalla sua nascita, secondo la legge mosaica, per essere offerto a Dio come a lui appartenente. Sappiamo tutti che nello svolgimento di questo rito legale e insieme religioso avvenne l’incontro con il vecchio Simeone che, invaso dallo Spirito Santo, riconobbe in Gesù il Messia e Lo proclamò “Luce per illuminare le genti…”.
Ma in che giorno cadeva esattamente la festa?
La data scelta per la festa, istituita da Papa Gelasio I nel 492, fu dapprima il 15 febbraio (40 giorni dopo la nascita di Gesù, che allora l’Oriente celebrava il 6 gennaio), in conformità alla legge ebraica che imponeva questo spazio di tempo tra la nascita di un bambino e la purificazione di sua madre. Quando la festa nei secoli VI e VII si estese in Occidente, fu anticipata al 2 febbraio perché la nascita di Gesù era celebrata il 25 dicembre.
E a Roma la celebrazione fu unita ad una cerimonia penitenziale svolta in contrapposizione ai riti pagani delle “lustrazioni”. In seguito la festa si appropriò della processione di penitenza per farne quasi un’imitazione della Presentazione di Gesù al tempio.
Nel secolo ottavo, poi, papa Sergio I, di origine orientale, fece tradurre in latino i canti della festa greca, che furono adottati per la processione romana. E due secoli dopo la Gallia organizzò una solenne benedizione delle candele usate in questo rito: nel secolo successivo fu aggiunta l’antifona “Lumen ad revelationem gentium” con il cantico di Simeone (Nunc dimittis).
A volte il fervore popolare ha potuto anche esagerare, in buona fede, nella celebrazione di questa festa con trovate davvero suggestive, ma la sua solennità resta legata all’idea di purificazione, necessaria per incontrarsi con il sacro, e all’immagine stessa della candela. La simbologia riferita al cero benedetto è molto variegata e nei secoli scorsi è divenuta fulcro di interpretazioni locali. Se la confezione delle candele, ornate con variopinte decorazioni, cambiava da paese a paese assumendo talvolta proporzioni di industria, a Napoli la festa prendeva toni molto vivaci, con un grande sfarzo di candele e di fiaccole ornate di mille colori, di stemmi di chiese e di case nobiliari.
E a Roma? Dal tempo di Papa Gregorio XVI intorno alla Basilica di San Pietro una processione vedeva la partecipazione attenta di nobili e ambasciatori. Poi, con un solenne cerimoniale, erano deposte sull’altare alcune candele legate da un fiocco di seta rosso e argento recante lo stemma pontificio e il cerimoniere ne sceglieva tre: la più piccola veniva consegnata al Papa e le altre due ai diaconi che servivano all’altare. Benedette le candele, il Pontefice donava la propria al cerimoniere insieme al ‘paramano’ di seta bianca che proteggeva le dita dalla scolatura della cera. Il Papa poi impartiva la benedizione mentre i presenti intonavano il canto “Lumen ad revelationem gentium”.
Quasi ovunque, il cero benedetto veniva poi conservato in casa e acceso per devozione in occasioni particolari, come malattia, morte e grandine.


Leo Dani


Un miracolo che può ripetersi ogni giorno

Genitori e figli: un uragano, di cui spesso sfugge l’origine, ha interrotto nelle famiglie, in modo spesso traumatico, ogni possibilità di comunicazione e d’intesa. Due linguaggi diversi, vocaboli non più comuni, scontri dolorosi, lacerazioni negli affetti. Non più la gioia di stare insieme e di vivere insieme difficoltà e speranze, di costruire il futuro. Spesso nemici.
E poi l’ansia di ogni mattina, quando l’uscio si chiude alle spalle dei nostri ragazzi che si accingono ad attraversare le strade del mondo e della storia con il loro bagaglio di insicurezze, di sradicamenti, di fragilità, di persuasioni occulte e di modelli che spengono l’anima e illudono il corpo.
L’angoscia di fronte a quello che sta diventando l’olocausto di una generazione con il progressivo aumento di giovani suicidi in tutto il mondo, ragazzi alla ricerca di verità tradite, che non reggono le assenze e i ritmi assurdi di una società alla deriva. E allora che fare? Ricominciare tutti insieme dalla famiglia, luogo dove si svolge il primo apprendistato alla vita. Una famiglia che riapra le porte a Dio. Procuriamo con esuberanza e affanno ai nostri figli benessere, divertimenti, svaghi. Li abbiamo privati di Dio. Quando ce lo chiedono, magari con le loro provocazioni, fingiamo di non capire, opponiamo alla loro sete di Assoluto la precarietà di pseudovalori e la narcosi dell’indifferenza.. Don Ciotti, il prete che ha scelto come parrocchia la strada e come compagni di viaggio i giovani che fanno fatica, ha regalato per i venticinque anni di matrimonio di una signora una vecchia porta, proveniente da una demolizione: “Vi aiuterà ad aprire sempre la vostra a chi bussa”. E poi con parole che non lasciano spazi ai rinvii: “E’ in famiglia, da quando i figli nascono, che si insegna loro a combattere le guerre che li insidiano, con la pratica quotidiana di una vita fatta di condivisione, di servizio, di coerenza, di verità. E di telefonate continue a Dio”. E’ nell’apertura agli altri, nella condivisione, nella carità quotidiana, che ogni famiglia può diventare quella che si strinse attorno a Gesù e a Maria a Cana di Galilea.
Spesso andiamo a cercare i miracoli in fatti prodigiosi. Ma i miracoli, quelli che più ci fanno sentire accanto a Dio, avvengono nel silenzio. Sono i miracoli che trasformano, senza clamori, donne e uomini in eroi del quotidiano, li rendono capaci di avventure di totale generosità e di sublime donazione.


P.M.

I figli: dove abbiamo sbagliato?

Dove abbiamo sbagliato, così da avere ragazzi che in tutto il mondo occidentale esplodono al di fuori di ogni regola civile e morale?
I genitori restano sempre più disorientati, talvolta impauriti e altra atterriti dalle trasgressioni sempre più audaci dei loro figli. Non sono cresciuti in famiglia?
Non hanno avuto, sia pure con molti difetti, papà e mamme premurosi del loro bene, della loro crescita sana?
Ci siamo lasciati alle spalle le vacanze estive, un’estate di ubriacature e droghe, di indisciplina e disinteresse per ogni valore. Girano il mondo, i nostri ragazzi.
Con scarso interesse culturale, con meno ammirazione per l’arte.
Sono piuttosto forze della natura scatenate contro tutto e contro tutti.
Certo, vi sono genitori che devono fare l’esame di coscienza per la loro assenza nell’educazione o per la contro testimonianza data ai figli. Ma ve ne sono altri (la maggioranza), i quali sono classificabili come bravi genitori, attenti al profitto scolastico, alla buona salute, ai valori civili e religiosi. Anche loro vedono i figli buttar via la famiglia e finire in festival hip hop, in rave party, tra fiumi di droga e superalcolici.
C’è una crisi educativa in tutta la nostra civiltà. C’è una crisi educativa anzitutto perché c’è una crisi sul concetto di uomo e di adulto. Chi mette mano allo scalpello sa che cosa intende ricavarne.
Michelangelo sentiva già nel blocco informe del marmo il tipo di capolavoro che doveva uscirne.
Dove mettere mano, in educazione, se non si sa nemmeno dove si vuole andare, quali tipo di adulto si vuole costruire?
Mi guardo bene da conclusioni moralistiche.. Ma davanti a noi sta il bambino che, accarezzato, messo al centro della famiglia, si prenota a diventare adolescente esplosivo, soggetto chiassoso, distruttivo, incurante di ogni regola verso gli altri.
Vuoi vedere che questo ragazzo idolatrato dalla famiglia e dalla pubblicità, superaccessoriato, seppellito di attenzioni, ha finito per credersi al centro del mondo, cadendo in una sorta di onnipotenza?

VERSO LE ELEZIONI REGIONALI

Nel prossimo mese di marzo saremo chiamati a votare per il Consiglio della Regione Puglia. Tre i candidati in lizza, Palese, Poli Bortone e il terlizzese Vendola, un autentico outsider, impostosi all’attenzione generale per aver primeggiato, senza attenuanti, sul suo avversario Boccia, candidato dai big del PD, alle primarie dello scorso gennaio.
La nostra Regione ha senz’altro fatto passi in avanti in questi anni. C’è stata un’attenzione inedita ai giovani con il programma, che pare abbia ben funzionato, “Bollenti Spiriti”, che ha consentito a moltissimi giovani pugliesi di formarsi all’estero, in realtà più dinamiche ed all’avanguardia. Vendola ha saputo proteggersi dai sussulti scatenati dalle dichiarazioni di Tarantini, che hanno condotto alle dimissioni di Frisullo e di Tedesco, poi approdato al Senato forse inopportunamente, visto che, stando ai quotidiani,‘è in qualche modo implicato nelle indagini della magistratura barese. Ha insomma dimostrato di avere polso e coraggio, sebbene non si comprenda perché analoghe misure “preventive” non siano state assunte per altri, anch’essi sfiorati dalle indagini. Una vicenda, quella della sanità pugliese, che ha portato agli arresti di funzionari e dirigenti, e che potrebbe riservare ulteriori sorprese e novità. La Poli Bortone è donna di sicura consistenza e carisma, leader di un movimento sudista che si è alleato con l’UDC di Casini e Buttiglione, la formazione centrista che, a seconda delle situazioni politiche regionali, appoggia ora la sinistra ora la destra. Analoghe oscillazioni aveva il PSI di Craxi, che a livello locale si legava ora alla DC ora al PCI. Secondo alcuni, la Poli Bortone sarà una spina nel fianco del candidato del PDL, Rocco Palese, un fedelissimo del ministro Raffaele Fitto. È opinione generale che se le forze cosiddette moderate e centriste avessero raggiunto un accordo su una candidatura unitaria, la corsa di Vendola verso la riconferma sarebbe stata più difficile, una corsa con più di un ostacolo. La frammentazione di quell’area oggettivamente lo agevola, come pure l’essere assurto ad un ruolo e ad una notorietà nazionali per aver stravinto le primarie, mettendo in un angolo Bersani, D’Alema, Letta ed altri. Il PD si è mostrato nella fattispecie ondivago ed incerto, senza una linea politica chiara, il che probabilmente avrà riflessi sulla sorte della classe dirigente regionale e sul futuro di qualche consunto leader della sinistra.
Le primarie, in ogni caso, vanno apprezzate, sono un modo per aprirsi alla società, per uscire dai circuiti viziosi dei partiti, per mettersi in ascolto dell’elettorato. Resta da chiarire quale ruolo debba competere agli organismi dirigenti, espropriati della possibilità di individuare candidati funzionali a progetti politici strategici e di lungo respiro. Sembra tuttavia strano che non siano state celebrate nel Lazio, dove la candidatura della Bonino non sembra godere di molto gradimento, specie nell’elettorato cattolico e moderato.

Salvatore Bernocco

Nel Mese

Intense le serate ricreative durante le vacanze natalizie, animate dai responsabili del gruppo giovani e dalle famiglie della Comunità. Bellissimi i momenti del Presepe vivente animati dal nostro sodalizio di S. Rocco; tantissimi i visitatori. Concludemmo il tempo natalizio con la celebrazione dell’Epifania, la processione del Bambino in Piazza Castello e la distribuzione dei doni della Befana.
Ebbe poi inizio il Percorso di fede per i fidanzati che celebreranno quest’anno il sacramento del matrimonio e che avrà la durata fino al mese di marzo, mentre il 21 prossimo si incontreranno con le altre coppie insieme al vescovo don Gino a Molfetta. Con la ripresa della scuola di catechesi, riprendemmo le lezioni di approfondimento sul Vangelo. Il parroco ultimò le lezioni sui Vangeli dell’infanzia e avviò quello che ha come titolo “Dal siate santi al siate compassionevoli”. Il 25 poi iniziarono le catechesi animate dai catechisti delle Comunità neo-catecumenali per la preparazione di una terza Comunità e che avranno termine con la Pasqua. Il 29 avvenne la scomparsa di Carmelina Di Modugno che insieme alla famiglia Tota furono promotori della devozione a Padre Pio in Ruvo e nella nostra Parrocchia; il Signore le riservi un posto nella sua Casa. Bello e vivace l’incontro dei ministranti della città presieduto il 30 scorso da don Pietro Rubini nella sala “Don Tonino”. Il 31 ci ritrovammo insieme per festeggiare S. Ciro con una solenne celebrazione dell’Eucarestia. Ben partecipati gli incontri con i genitori dei fanciulli di catechismo e con quelli dei bambini che riceveranno quest’anno la Prima Comunione.
I momenti di adorazione del 1°Giovedì e del 23 del mese nel ricordo di Padre Pio coronarono l’intero mese e fecero ritrovare la Comunità intorno a Gesù Eucarestia.

Luca



Momento conclusivo della Processione di Gesù Bambino in Piazza castello (6 Gennaio 2010).