La rinuncia di Benedetto XVI: una lezione più potente di mille encicliche

GRAZIE, PADRE SANTO !



Miei Cari,
ha scritto un giornalista su un settimanale di questi giorni un pensiero che non si può non condividere in pieno e trovarci del tutto concordi. Al cospetto delle dimissioni di Benedetto XVI siamo tutti smarriti. Sono arrivate come un ladro nella notte, ci hanno colto di sorpresa, senza un lungo tramonto del pontificato. La grandezza del gesto chiama credenti e non a riflettere sulla portata storica, sull’immensità di un Papa che impone un finale diverso e straordinariamente umano al suo pontificato… Aveva annunciato il grande Newman che i papi in età avanzata possono impazzire sotto il peso del loro ruolo. La morte, e quindi il «normale» ricongiungimento con il Padre, sarebbe stato un fatto naturale, non avrebbe in alcun modo obbligato il mondo a riflettere sull’unicità e la drammaticità delle dimissioni. Per cambiare il corso delle cose,‘dunque, bisognava riscrivere il finale e, in qualche modo, vincere la morte. È tutta qui, nell’umiltà del Pastore che dà alla sua Chiesa una scossa più potente di mille encicliche, la lezione del Papa. Per il momento storico che la Chiesa sta vivendo si può benissimo affermare che il Papa non è sceso dalla croce, piuttosto ha voluto indicare una direzione di marcia, perché a volte la sofferenza morale è più forte di quella fisica e mentre sembra restare incompleta nel cassetto la sua ultima enciclica, è stata la rinuncia al pontificato la sua “ultima enciclica”. Ma non possono però in questo momento non affiorare i ricordi. È pur vero che ricordo, come fosse stato ieri, gli occhi indagatori del Beato Giovanni Paolo II in una delle concelebrazioni nella sua cappella privata mentre proclamavo il Vangelo dinanzi a lui, ma la finezza, la paternità, la cordialità - quasi ci conoscessimo da tempo - con Papa Benedetto rimane un ricordo indelebile. Devo essere grato all’amabile Nunzio Apostolico Mons. Girasoli che all’indomani della sua ordinazione episcopale volle che, come parroco della sua parrocchia, mi fossi accompagnato dal Papa prima della partenza in Zambia il 13 marzo del 2006. Dopo essersi salutato col Nunzio seguì il mio incontro personale col Papa al quale feci omaggio di una mia pubblicazione su Ruvo: ero emozionato, turbato, ma Egli seppe mettermi a mio agio. Quello che colpiva era la mitezza della persona, la serenità dei gesti, disponibile al colloquio, era interessato ad ascoltare e a sfogliare il mio volume, estasiato dinanzi alle immagini della nostra stupenda cattedrale. “Che meraviglia della fede e dell’arte”, esclamò! Un uomo dalla grande dimensione intellettuale collegata con quella di una fede granitica. Dovette il suo segretario fargli cenno di chiudere il volume perché la fila dei visitatori attendeva. Veramente un Papa dotto, ma umile - come ha scritto un vescovo - forte ma dolce; tenerissimo ma tenace e inflessibile ne seguiva la sua coscienza e la volontà di Dio. Un Papa - come è stato detto - che con la sua rinuncia ha operato un paradossale raddoppio che ha indotto il Papa della guerra al relativismo culturale e morale al gesto di relativizzare se stesso come persona e mettersi da parte continuando ad amare la Chiesa e a pregare per essa. Padre Santo continueremo a pregare per te. Grazie per aver promesso obbedienza incondizionata al tuo futuro successore, presente tra i tuoi fratelli cardinali e che dimessamente sei ridisceso da quei gradini del palazzo apostolico che per otto anni ti ha ospitato. Sarai per noi sempre punto di riferimento e per il bene che hai fatto alla Chiesa e al mondo ti diciamo col cuore: grazie!

Don Vincenzo


UNA NUOVA PRIMAVERA DELLO SPIRITO

L’11 febbraio 2013 Papa Benedetto XVI annuncia la sua rinuncia «al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro». Il nono pontefice tedesco nella storia della Chiesa cattolica - l’ottavo fu papa Adriano VI – si ritira sul “monte” a pregare, sceglie la clausura per dedicarsi ad una vita contemplativa del mistero di Cristo, mistero di infinita bellezza e salute. La sua scelta è stata ampiamente discussa ed è stata anche criticata. Può un papa abdicare? Possono esserci due papi? Ci sono dei precedenti. È l’ottavo pontefice a rinunciare al ministero petrino, se si considerano unicamente i casi dei papi Clemente, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Gregorio VI, Celestino V e Gregorio XII, di cui si hanno fonti storiche attendibili. È quindi possibile che un pontefice lasci il soglio pontificio. Semmai sono le ragioni che divergono ed incuriosiscono. Papa Benedetto XVI ha dichiarato di lasciare perché affaticato: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino» (Concistoro dell’11 febbraio 2013). 86 anni sono tanti, ed è umanamente comprensibile che un uomo di questa età non si senta più efficiente, specie se ha sulle sue spalle enormi responsabilità. Il Papa si è rivelato nella sua umanità, nella sua fragilità. È stato umile. Bisogna credergli, e rendono un pessimo servizio alla verità coloro che si ostinano a vedere nelle sue dimissioni chissà quali retroscena, dalla pedofilia allo scandalo Vaticanleaks. Papa Benedetto XVI sarà ricordato come un pontefice saggio e “progressista”. La sua scelta apre nuovi scenari di cui oggi non siamo consapevoli. La nostra speranza è che il nuovo pontefice voglia proseguire l’azione riformatrice e di pulizia della Chiesa intrapresa da Ratzinger. Una nuova primavera dello Spirito è auspicabile. Gli uomini e le donne di oggi mancano di punti di riferimento morali e spirituali, ed il Cristo continua ad essere Via, Verità e Vita non totalmente rivelate. Gli anni a venire ci chiamano ad una testimonianza più sincera e credibile del mistero di Dio, ad un approfondimento delle ragioni della nostra fede. È un compito che spetta ad ogni credente, non solo ai consacrati, i quali, tuttavia, devono dare il buon esempio e prova di limpidezza e di purezza di cuore e di intenti.

 Salvatore Bernocco

Una riflessione utile per la Quaresima

 I DUE LADRONI 


I quattro vangeli raccontano la vicenda più importante della storia del cosmo, ma lo fanno con una tale essenzialità da lasciarci pensosi. Se si fosse trattato di racconti mitici o leggendari, gli autori avrebbero scritto qualcosa di più vicino ad un poema epico, genere letterario di cui non mancano significativi esempi nel contesto culturale mesopotamico. Invece di diffondersi in descrizioni puntuali e prolisse di avvenimenti dal peso specifico enorme, ci pongono di fronte ad una sintesi asciutta, stringata oltre ogni apparente logica….. Si impiegano – cronometro alla mano – circa novanta secondi per leggere l’intero fatto della crocifissione secondo Luca, dall’arrivo di Gesù al “luogo detto Cranio” fino al laconico e drammatico‘“detto questo spirò” (Le 23,33-46). Di questi novanta secondi di narrazione ben quaranta sono dedicati al dialogo che si stabilisce tra i tre condannati al medesimo atroce supplizio. Disma e Gesta – così un’antica tradizione basata sull’apocrifo vangelo di Nicodemo (IV szcolo7 chiama i due ladroni – sono eletti comprimari del Golgota. Nel medioevo il 25 marzo non era solo il giorno dell’annunciazione, ma anche quello della crocifissione e morte del Salvatore ed il calendario della Chiesa di Roma faceva memoria di san Disma: “Commemoratio sancti latronis, qui, in cruce Christum confessus, ab eo meruit audire: “Hodie mecum eris in paradiso”. La figura evangelica del buon ladrone avevva fatto breccia anche nella devozione popolare, essendo venerato come patrono dei carcerati, degli antiquari e dei moribondi. Una preghiera lo, invoca “primo santo a saziarsi dei frutti della redenzione”. Ricordato questo, ci chiediamo ancora che ci fanno due delinquenti comuni accanto al Redentore che muore, perché Cristo non ha predisposto una croce solitariastagliata sull’orizzonte tragico della salvezza? Ha voluto essere umile, confuso tra la gente comune fino all’ultimo? Isaia, citato da Gesù stesso in prossimità della passione (cf. Le 22,3 7), profetizzava “è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti” (53,12). Tuttavia, ad annoverarlo tra gli empi sarebbero bastati il fragoroso arresto, il trattamento ricevuto nel sommario processo, la flagellazione e la condanna alla morte infamante di croce (cf. Dt 21,23); allora perché gli anonimi Disma e Gesta ad affollare il Calvario, a riempire l’aria di parole mischiandole a quelle tanto preziose del Signore agonizzante? Si potrebbe rispondere che quelli erano lì per una semplice coincidenza, in quanto condannati allo stesso supplizio nel medesimo giorno. Certo, però nel racconto lucano i due malfattori non si limitano a saturare la scena, ma chiedono al narratore di essere portati per qualche istante in primo piano, addirittura parlando con Gesù, il quale valorizza le esternazioni di uno di loro. Per Luca essi non sono elementi ornativi o di disturbo, un avvilente supplemento di condanna, ma giocano un ruolo fondamentale nella scena culminante della passione. Dal momento che i vangeli badano al sodo, tenendosi sempre a debita distanza da contorsionismi narrativi, è chiaro che i ladroni sono lì per un motivo che trascende il nudo dato di cronaca. Per dirla con San Gregorio: “la Bibbia mentre racconta un fatto annuncia un mistero”….. Stavamo ragionando su quei 40 secondi di narrazione evangelica che Luca dedica ai due ladroni. Questi due oscuri personaggi – della cui esistenza, a parte il modo cruento col quale l’hanno conclusa, non sappiamo letteralmente nulla – “si accaparrano” il 44% della scena cruciale. Perché? Un malfattore termina la sua vita allo stesso modo con cui l’aveva sempre condotta, non riuscendo a relazionarsi con Gesù che mediante l’insulto e l’opposizione sfrontata (Lc 23,39). L’altro invece coglie improvvisamente la superiorità morale del condannato posto nel mezzo e quindi la sua totale innocenza: “egli al contrario non ha fatto nulla di male”….. Il buon ladrone però ha accanto a sé, per la prima volta nella sua esperienza di vita e direi anche nella storia dell’umanità, una persona della quale si può predicare la totale estraneità al male (“egli al contrario non ha fatto nulla di male”). Come fa il nostro Disma ad affermare una cosa del genere, lo conosceva forse? L’aveva seguito qualche volta mentre guariva i malati o annunciava la buona novella? Non lo sappiamo e Luca non ritiene necessario sostenerlo. Qui ciò che non è detto non è neppure sottinteso, semplicemente non ha alcuna importanza. I due perfetti sconosciuti entrano in scena da protagonisti evidentemente non per ciò che sono, per le loro biografie, ma perciò che rappresentano e significano. La mia conclusione è questa: crocifissi alla destra ed alla sinistra di colui che è la Verità che salva (cf. Gv 14,6), stanno il bene ed il male apparsi nell’intera, travagliata, vicenda umana, da Adamo fino alla fine del mondo. Non mi attardo qui a spiegare come possa il “cattivo ladrone” impersonare il male, giacché è ovvio. Si tratta comunque del male nella sua forma più deleteria ed irreversibile, un rifiuto definitivamente opposto a Dio quale Amore Sussistente. Il bene è ciò che favorisce la vita, mentre il male è ciò che la minaccia, la soffoca e tende a sopprimerla, spesso con successo. Il male è dannoso anche quando colui che lo compie o lo subisce pensa che sia innocuo, gradevole e perfino onorevole. “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene”….. Per “bene”, invece, non intendo il Bene con la b maiuscola, che è per definizione Dio stesso, ma quella tensione morale positiva che ha consentito all’uomo di dare il meglio di sé secondo le indicazioni poste dalla ragione naturale. Ne sono esempi la laboriosità, il senso del dovere, l’onestà, la mitezza del cuore, la solidarietà, la dedizione alla famiglia ed alla patria, la pietas di qualunque onorevole religione. Il bene, dunque, come espressione della legge naturale….. Un bene tuttavia perennemente condizionato, appesantito, da una certa contaminazione di male, non necessariamente volontario. Un’acqua limacciosa, un cibo in qualche misura avariato, un sole tempestato di zone fredde ed oscure, un’intenzione pura che si corrompe a contatto con l’esperienza. Tutti coloro che portano le conseguenze del peccato originale, le quali sopravvivono anche nei battezzati sotto forma di concupiscenza (qualcosa di molto simile alle più laiche “pulsioni”), non riescono a fare il bene al riparo da una qualche infiltrazione del male….. Il bene ed il male sono intrecciati nella storia in un groviglio inestricabile, sicché l’uomo, anche quello meglio intenzionato, non riesce mai a separarli perfettamente nel suo arco esistenziale. Solo Cristo (o meglio, Cristo e sua madre Maria) fra i nati da donna è riuscito nell’impresa di isolare compiutamente il bene e ricacciare il male nel nulla dal quale proviene….. Disma, che nella presente interpretazione è individuato come simbolo del bene umano (quello con la b minuscola appunto),in prossimità della fine riconosce la propria inadeguatezza davanti a Cristo e implora umilmente la salvezza dall’unico che gliela può procurare: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23,42). Il bene imperfetto finalmente scopre la giusta relazione con Dio e piega le ginocchia davanti al Bene perfetto, che non tarda neppure un attimo a spalancargli le dimore eterne: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43). Disma (il bene umano) è un ladrone se paragonato a Gesù, ma accostato a Gesta (simbolo del male che non si pente e mai si converte) suscita perfino ammirazione; e Gesù lo inonda della sua misericordia,lo eleva ad altezze altrimenti inacessibili, eleggendolo cittadino del Regno definitivo. Ci sono miliardi di persone che non hanno ricevuto il dono della fede: perché nate in zone non raggiunte dalla predicazione del vangelo o dove il cristianesimo è stato espulso dalla persecuzione violenta, dalla secolarizzazione o dalla cattiva testimonianza resa da professanti indegni. Quanti Disma, cioè quante persone per bene ci sono state e ci sono ancora sotto il sole, ignare dell’esistenza di un salvatore universale! Dobbiamo ritenere che Gesù ha apprezzato ed apprezza i loro quotidiani sforzi in direzione del bene ed il giorno del giudizio le renderà partecipi dei frutti della redenzione. E quanti Gesta, invece, possono trovarsi tra di noi che diciamo di credere e poi passiamo la vita a fare i prepotenti, i rancorosi, i vendicativi ed i giudici degli altri! Diremo dunque che la vita buona è meglio della vita di fede? No, è meglio che l’una completi la bontà dell’altra, tenuto presente che la salvezza eterna viene in ogni caso solo da Gesù Cristo. Prendiamo dunque in prestito il cuore di Disma crocifisso e chiediamo a Gesù di condurci alla perfezione che ci compete quali figli di Dio; perfezione che da soli non riusciremmo mai a raggiungere.

Dario Pacifico


Nel tempo e nello spazio di Dio

Un mese carico di impegni e forti emozioni: dai numerosi incontri perché l’impegno catechistico sia più fruttuoso, alla bella esperienza portata innanzi da giovanissimi e giovani per la festa del carnevale, alla notizia inaspettata della rinuncia del Papa al servizio della Chiesa universale. Intanto i nostri parteciparono col parroco alla concelebrazione col vescovo per la festa di S. Biagio e numerosi furono i fedeli che affluirono la nostra chiesa parrocchiale per la novena e la festa della Madonna di Lourdes cui seguì la processione con la fiaccolata “aux flambeaux”. Partecipammo poi alla Settimana biblica a Molfetta e agli incontri cittadini organizzati dalla Pastorale Giovanile. Il giorno 13 poi ci ritrovammo per dare inizio al cammino quaresimale con le ceneri e il parroco ci ricordò sull’omelia quanto affermava Don Tonino: “Dalla testa ai piedi” e cioè la necessità di cominciare a reimpostare le nostre idee per poter andare alla conclusione di esprimere col gesto di amore della lavanda dei piedi; il giovedì santo, traducendola nella vera carità e nel servizio al prossimo. Ogni domenica poi si è rinnovato il pio esercizio della Via Crucis , animata dagli adulti. Come ogni mese ci siamo ritrovati per l’adorazione eucaristica, per la recita dei Vangeli in Quaresima animata dal gruppo famiglia e per il canto delle Lodi, animate dalla 1^ Comunità Neo-Catecumenale alle 6,30. Anche per le associate alla Madonna del Buon Consiglio si è tenuta la catechesi mensile il 26 del mese e si è sperimentata per la prima volta una liturgia penitenziale per i ragazzi dalla 4^ elementare alla 2^ media. Il 28 c’è stata poi la Penitenziale per la 3^ Comunità Neo-Catecumenale.

Luca




 Grazie Padre Santo! Dagli amici del SS. Redentore