Non presa di "possesso" ma di "SERVIZIO"
Miei Cari,
i momenti di riflessione della pausa estiva mi hanno orientato a fare il punto sugli ormai ventiquattro anni trascorsi con voi da quando il mai dimenticato don Tonino mi affidava questa Comunità. Né mai ho dimenticato le esortazioni di quel giorno quando lo stesso Don Tonino, durante la celebrazione di inizio mi diceva che non si trattava di “una presa di possesso, ma di servizio”.
Iniziando questo anno 25° di parrocato - per bontà dei superiori, trascorsi tutti in mezzo a voi- si affollano nella mia mente tanti pensieri,esortazioni, consigli ricevuti da persone care e comunque desiderose di un rinnovamento della nostra parrocchia guidata in precedenza per 48 anni dal vecchio parroco. Avvertii subito il desiderio di entrare in contatto con la gente che sentivo mia. È stato bello scoprire anno dopo anno le persone per cui già mi ero andato preparando in qualche modo.
Diventare parroco oggi è un po’ una follia… Ma sono le follie di Dio. Lui mette le sue cose in mano a noi che siamo fragili, deboli,peccatori, perché risalti l’opera sua e ci dia sempre il dono della commozione davanti alla gente (invece di innervosire quando si è continuamente assillati e non c’è un momento di calma…)
Ho sperimentato che per un parroco la cosa più bella è incontrare la gente ed essere per loro un segno di qualcosa che va oltre, che fa pensare a Dio.
La prima cosa di cui mi sono reso conto: aiutare la gente a fare delle domande più profonde, suscitare degli incontri più veri.
Paradossalmente si può vivere in parrocchia “come se Gesù non esistesse”; ci sono tanti incontri occasionali, richieste di servizi, ma non c’è una richiesta che va “oltre”. Sto capendo che bisogna non lasciarsi sfuggire le occasioni degli incontri con la gente per dire Gesù oggi, perché non diventino occasioni mancate. La prima attenzione per un parroco: l’accoglienza dell’altro per instaurare in parrocchia una discussione familiare che diventi evangelizzazione e ci si senta come in una famiglia. Al presente ho avvertito di curare due campi in particolare, dopo la Visita Pastorale di dicembre: i genitori dei bambini del catechismo e i percorsi di preparazione al matrimonio(non che l’Azione Cattolica o il Cammino Neo-Catecumenale o altri Gruppi e Associazioni esistenti in parrocchia siano al secondo posto).
Questi 24 anni trascorsi insieme mi hanno sempre più convinto che bisogna proporre sempre con più insistenza ai genitori di seguire la catechesi parallelamente ai figli tenendo per essi un incontro settimanale e invitandoli a confrontarsi a casa con i bambini.
L’esperienza con i fidanzati: arrivano prevenuti. Prima ancora di parlare del matrimonio, si è cercato di presentare loro Gesù e dare maggior spazio possibile all’incontro con Lui. Non un corso ma un percorso facendo condivisione sulla Parola di Dio. Si sta così arrivando alla formazione di altri gruppi famiglia e non si insisterà abbastanza con incontri periodici, un ritiro a metà anno e a relazioni di amicizia. Tenteremo in quest’anno di realizzare “l’adozione a vicinanza”: a ogni coppia di fidanzati abbineremo una coppia di giovani sposi che si impegnano a pregare per loro. A fine del corso faremo conoscere la coppia adottante per dire che “non siete soli, ci sono sposi che pensano a voi, vi sono vicini”.
Tutto affideremo nella preghiera al Signore. Non legare a noi le persone, ma a Lui.
Tutto riconduce a Lui, perché Lui solo deve crescere in noi e nella nostra comunità che deve “servire” quanti si mettono alla ricerca.
L’auspicio che questo 25° anno del nostro camminare insieme ci porti all’attuazione piena dei voti emersi dalla Visita Pastorale dello scorso anno e ci convinca sempre più che siamo stati chiamati -parroco e fedeli- ad una “presa di servizio” e che, per dirla ancora con Don Tonino, “chi non vive per servire, non serve per vivere”.
È quanto ho sentito di dirvi all’inizio del nuovo anno pastorale.
Cordialmente, Don Vincenzo
Anche dalla Comunità del Redentore hanno partecipato:
A Loreto un pellegrino su 5 arriva dal‘“Cammino”.
Oggi sul palco salirà il loro fondatore
Chissà se l’avrebbe mai immaginato quando all’inizio degli anni Sessanta, giovane pittore diplomato alla Reale Accademia San Fernando di Madrid, andò in crisi fino a non sapere che fare, “il mondo aveva per me il sapore della cenere, dentro di me mi dicevo ogni mattina: perché vivere? Per dipingere? E perché dipingere?"
Nel frattempo Francisco “Kiko” Argüello ha trovato la sua strada. Non ha l’aria ieratica, nelle rare apparizioni pubbliche mostra la faccia normale, barba rada e capelli ingrigiti, di un uomo che tutto sommato porta bene i suoi sessantotto anni. Solo che alle tre di questo pomeriggio salirà sullo stesso palco dal quale Benedetto XVI ha parlato ai ragazzi e si rivolgerà ai “suoi” giovani, gli oltre centomila neocatecumenali che da mercoledì hanno invaso le diocesi delle Marche e dintorni in attesa di incontrare il Papa e, l’indomani, il fondatore del “Cammino” nella piana di Montorso.
È senz’altro vero ciò che diceva il vescovo Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, a proposito dei ragazzi di Loreto, “questi non sono giovani prefabbricati, non arrivano intruppati, in numero di adesioni individuali via internet è altissimo”. Ma c’è poco da fare, a Loreto i neocatecumenali sbucavano euforici da tutte le parti, annunciati da nacchere e tamburelli, canti e danze. Tra qualche sorriso, “e ti pareva, eccoli!”. Chi non li ama dice che fanno troppo chiasso, anche se in verità non è che gli altri, fra chitarre e bonghi, fossero più discreti. Però non c’era gara: centomila su mezzo milione, uno su cinque.
In tutt’altro contesto, al Family Day di maggio, era accaduto lo stesso: un milione di manifestanti e, tra questi, duecentomila seguaci del “Cammino” di Kiko. Del tutto impermeabili, come il loro fondatore, a ciò che si dice da decenni: (…). L’essenziale, dicono, è la “riscoperta del battesimo”, un itinerario che riprende formazione e prassi dei primi cristiani.
Si ricomincia da capo, e a quanto pare funziona: (…), il Cammino si è diffuso in 9900 diocesi nel mondo e conta seimila parrocchie, tremila preti e cinquemila religiose, 63 seminari e dalle venti alle venticinquemila comunità “di 30-60 persone”: solo in Italia sono cinquemila, almeno duecentocinquantamila fedeli più i loro (numerosi) figli. Niente male come esito della crisi di quel pittore ventenne che un bel momento, nel 1964, decise di andare a vivere tra i baraccati di Palomeras Altas, a Madrid, per “fare comunità come la Sacra Famiglia di Nazareth” ed “annunciare il Vangelo”. Fu lì, narrano le biografie, che incontrò Carmen Hernández e con lei pose le basi di quello che sarebbe diventato il “Cammino”, nel ’68 stavano già nel Borghetto Latino di Roma (…). Risale al 29 giugno 2002 “l’approvazione “ad experimentum” per cinque anni dei famosi “Statuti”. E ormai la fase sperimentale è scaduta. Loro aspettano fiduciosi: fondatore e co-fondatrice, oggi pomeriggio, saranno sul palco assieme a padre Mario Pezzi, l’“équipe” che guida i neocatecumenali. “Ogni volta, dalla Gmg dell’89, facciamo seguire all’incontro con il Papa una “giornata delle vocazioni” per raccoglierne i frutti”, spiega Giuseppe Gennarini.
“La novità, semmai, è che stavolta ci hanno lasciato il palco”.
(Dal Corriere della Sera del 3 Settembre)
Gian Guido Vecchi
Continuare a scommettere sulla parrocchia
In una società consumistica,all’interno di una diffusa frammentazione esistenziale e in un contesto in cui sono comunque vivi i segni della tradizione, il dato religioso non viene generalmente rifiutato. Va però collocato nella serie dei prodotti, tra i generi di consumo, dei quali, a tempo e luogo, si può approfittare. E la comunità cristiana, nelle sue varie determinazioni, diventa agenzia di consumo, supermarket per diversi clienti. C’è chi si rivolge alla parrocchia nelle scadenze della vita: battesimo, prima comunione, cresima,matrimonio, funerale… Ad ogni tappa della vita il gettone corrispondente, per poi vedersi alla successiva puntata. È il tipo di relazione che può essere definito di “toccata e fuga”.
C’è chi si rivolge alla parrocchia e ai suoi riti per vivere una sorta di full immersion nella memoria storica che trova appunto nelle celebrazioni tradizionali -feste, processioni…- le sue manifestazioni tipiche.
C’è chi si rivolge alla parrocchia per trovare risposta al bisogno individuale di “sacro”, senza che tale risposta incida sulla sua vita sociale e comunitaria.
C’è anche, soprattutto tra i giovani, chi vive la parrocchia come luogo di transito: ad una più o meno fuggevole esperienza, in cui li si “utilizza” in qualche attività catechetica o di animazione, senza che faccia seguito la maturazione di una appartenenza frutto di una ricerca e di una scoperta di “senso”.
Antonio Mastantuono
La parrocchia del SS. Redentore in Internet
Sul blog:http://redentoreruvodipuglia.blogspot.com
e-mail: parrocchiassredentore@gmail.com
andrà in onda, o meglio in rete, l’attualità del SS.Redentore, nella consapevolezza che è necessario essere al passo con i tempi, saper utilizzare per finalità buone e sante uno strumento di comunicazione così importante e che ha accelerato la globalizzazione quale è Internet. Basta un click su un computer connesso ad una rete telefonica per entrare in contatto con realtà lontane o perché realtà lontane si accostino a noi, entrino in dialogo con noi, stimolandoci ad una maggiore apertura e comprensione di quanto accade in Italia e nel mondo. Basta entrare in Internet per accorgersi che esso non è soltanto un luogo dell’effimero, ma un modo di tessere reti di conoscenza e di contatti proficui. Internet può essere uno strumento della Provvidenza e di evangelizzazione nel momento in cui una parrocchia che, come nel nostro caso, ha un taglio culturale grazie alla bella propensione del suo Parroco, ai testi che egli ha scritto e divulgato o promosso, nonché al mensile Fermento, che da più di venti anni accompagna la vita della nostra comunità, sbarca sul web e offre ciò che è e ha da dire all’attenzione degli internauti. Per sviluppare un’amicizia, per ottenere suggerimenti, per essere aiutata a comprendere, per parlare di Dio e della sua grazia a chi semmai venisse in occasionale contatto con essa. Dio si serve di tutti gli strumenti per raggiungere i suoi figli e figlie, e non v’è dubbio alcuno che oggi un novello S. Paolo, chiamato l’Apostolo delle genti, si servirebbe anche di Internet per divulgare il Vangelo. La sua diffusione può anzi essere favorita dal fatto stesso che è discreta e rispettosa perché raggiunge la persona nella privacy e nel silenzio della sua postazione. Non c’è violenza o imposizione soft, c’è la scelta precisa dell’utente di entrare in contatto con una realtà spirituale; c’è un bisogno che si manifesta e che desidera ottenere risposte. Dal 1°agosto 2007, data dell’ingresso “ufficiale” della nostra
Comunità in Internet, al 31 agosto 2007, giorno in cui scrivo queste brevi note, si sono registrati già 910 contatti! Ne siamo contenti, ed auspichiamo che il loro numero si incrementi e ad essi corrisponda il sentito desiderio di incontrarsi con Colui che è il datore di ogni bene.
S.B.
Ruvo: Alla Ricerca del Teatro Perduto
Suscita notevole perplessità apprendere che taluno non era d’accordo sull’acquisto del Politeama ma a posteriori. Si dice che lo fosse all’atto della stesura del programma amministrativo, ma questo,com’è noto, non conta nulla.
Non si rispettano i contratti,figuriamoci gli accordi politici!
Cambiare idea si può, anzi si deve in presenza di ipotesi di reato, di illeciti amministrativi, di atti illegittimi. Sarebbe interessante capire per quale recondita ragione ci fu il dietrofront, e come mai si tiri oggi in ballo il Cinema Giardino quando non ci si oppose ieri alla sua demolizione. Negli esiti ultimi, e a prescindere dalle crisi di coscienza di talune belle quanto vecchie anime, sarà abbattuto il Politeama come lo fu il Giardino. In questo c’è una coerenza che mette i brividi.
Devo mio malgrado sottoscrivere il pensiero di Schopenhauer a proposito della storia: “Clio, la musa della storia, è tutta quanta infetta di menzogne,come una prostituta di sifilide”. Nel senso che tranne quel punto fermo ed oggettivo della spesa, la vera storia del Politeama, luogo storico di Ruvo a prescindere dall’amianto e dai ratti, probabilmente non si conoscerà mai, o troppo tardi. Si alzano cortine fumogene, si parla di intrecci economici e politici, i distinguo si fanno oltremodo sottili, i sussurri si perdono nei palazzi del potere come guizzi di lucertole, quel po’ di verità che può attingersi dalla lettura degli atti pubblici nulla ha a che fare con i retropensieri o le logiche che li determinarono, con gli accordi politici più o meno palesi.
Del resto non è una novità che in Italia e nel mondo talvolta si dia veste giuridica formalmente ineccepibile a quanto de facto e secondo il comune senso del pudore ed il buon senso del pater familias sarebbe azzardo, stoltezza o leggerezza. Nessuno spenderebbe il proprio denaro per ristrutturare l’immobile di un terzo, ad esempio. Ma se si tratta di denaro pubblico, beh, la cosa cambia. Ai politici l’azzardo viene perdonato, all’uomo comune no, ed in questo sta la sostanziale differenza fra chi fa politica e chi si occupa della propria famiglia: la sostanziale irresponsabilità dei primi, la assoluta responsabilità dei secondi.
Tuttavia, sarei dell’idea di stendere un velo pietoso su tutta la vicenda purché ci si dia da fare per reperire un contenitore culturale che possa restituire dignità e decoro culturale a questo nostro paese.
Da diversi anni viviamo una sorta di assurda spoliazione,abbiamo delegato ad estranei al territorio le nostre sorti, nel solco di quell’adagio secondo cui il ruvese è amante del forestiero. Da molti anni assistiamo a valorizzazioni culturali e a scalate dettate esclusivamente dall’appartenenza ad una precisa area politica. Da diverso tempo il teatro è assente nel nostro paese, e mi riferisco a quello di qualità, non alle sue caricature. Da tempo il sentire comune non è percepito dal potere, la sensibilità comune è tacciata di rozzezza, ci si inventa eventi di straordinaria pesantezza per le avanguardie intellettuali o culturali. Il “pochi ma buoni” non mi trova affatto concorde, è l’altezzoso vezzo di chi tende ad escludere più che ad includere. Da circa un decennio, tranne qualche sprazzo o atto di buona volontà, la politica ruvese ci regala malesseri e gocce di Valium.
È tempo di inaugurare una nuova stagione politica, purché non la si chiami “primavera”,termine già abusato e naufragato in una sorta di perenne ombrosità autunnale. Si parla di nuove formazioni politiche, nasceranno anche a Ruvo, ma la mia secca domanda è: se non cambia il contenuto, a che pro un nuovo contenitore?
Salvatore Bernocco
Nel Mese
Il 29 è stato ricordato il 20° anniversario della pia morte del parroco don Michele.
Luca
La Pira diceva che noi credenti oggi siamo chiamati a costruire una città nuova attorno alla fontana antica. La fontana antica è Lui, il Signore Gesù, il Principe della pace… La città nuova dobbiamo essere noi, pietre viventi di questa costruzione investiti come non mai della
missione planetaria di annunciare la pace…
Profeti, dopo aver attinto alla fontana antica la sapienza di cui siamo servi e non padroni, smettiamola di tacere. Ricordiamo che delle nostre parole dobbiamo rendere conto agli uomini. Ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto a Dio.
Tonino Bello