VERSO LA PASQUA: Seguiamo le orme del Redentore

Miei Cari,
forse non sarà inutile rivedere alcuni concetti che attraversano il cuore e la mente di molti di noi circa il significato profondo e vero della Quaresima che stiamo vivendo.
E anzitutto vale di ricordare che è sempre la Pasqua il centro della fede: è necessario partire da essa e giungere alla Pasqua anche quando parliamo di quaresima. Bisogna pensare che questa, non è come si crede, solo una preparazione penitenziale alla Pasqua, ma è anch’essa celebrazione del mistero pasquale. È esigenza certamente di conversione, ma sempre in relazione alle feste pasquali. La quaresima perciò non è di per sé quel tanto di penitenza da far dopo il carnevale e nemmeno una preparazione spirituale alla Pasqua: è già celebrazione di Pasqua, del Cristo obbediente e sofferente, ma - come egli sempre ripeteva- che infine sarebbe risorto il terzo giorno. Passione e risurrezione sono dunque due aspetti di un unico mistero, del Cristo morto e risorto.
Per secoli nella Chiesa si è vissuto pensando e cercando di uniformarci al Cristo della passione. Ci sono stati Santi che l’han fatto e hanno agito bene. Ma il Cristo intero (il Cristus totus di S. Agostino) non è solo e non è tanto quello che seguiamo sulla via della croce. Cristo non finisce nel sepolcro. Egli risorge e continua la sua vita. La via della croce ha come traguardo la vita che vince sulla morte.
È il Cristo risorto il vero traguardo di Cristo e del Cristiano. Buon proseguimento allora e seguiamo quindi le sue orme.

Cordialmente, Don Vincenzo


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25 Marzo
Annunciazione del Signore

Ci ritroveremo nella Chiesa della
Annunziata a venerare la Madonna. Ci
prepareremo con un Triduo che inizierà
il 22 prossimo alle 19,00.




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2001 - 10 Marzo - 2010
Anniversario della
consacrazione episcopale
del Vescovo
don Gino
A Lui l’augurio
e la preghiera di tutti noi

Perché dobbiamo perdonare ?

Caro don Tonino,
è da tanto che un pensiero mi attraversa la mente. Forse la mia è una domanda scontata, ma io, che ho solo dieci anni, non sempre trovo convincenti le risposte che i grandi mi danno. Ecco la mia domanda: perché, se ci fanno volutamente del male o non ci rispettano, dobbiamo perdonare? È giusto che sia sempre così? E vale lo stesso un perdono che non sentiamo “veramente?”. Grazie in anticipo
per la risposta. Tua fedelissima lettrice.
Pia Francesca

Carissima Pia Francesca, la tua domanda non è affatto scontata.
Tutt’altro! Soprattutto è interessantissimo il fatto che tu, a soli dieci anni, hai il coraggio di non trovare convincenti le risposte che i grandi ti hanno dato. Ora io non so cosa i grandi ti abbiano risposto, ma immagino che ti abbiano detto: “Bisogna perdonare perché lo ha detto Gesù”. E a te questo non è bastato.
Vediamo allora se riesco a convincerti io. Di fronte a chi ci fa del male o non ci rispetta,noi abbiamo due possibilità:
1. nutrire rancore e, se possibile, fargliela pagare;
2. perdonare.
L’istinto ci suggerisce la prima reazione: non gli parlo più, lo escludo dalla mia amicizia, appena mi capita a tiro…. Gesù, invece, ci dice: “Perdona”.
Chi ha ragione? Vediamo un po’! Se non perdoniamo, dentro di noi rimane un qualcosa di cattivo, di amaro che non ci fa stare tranquilli. Ogni volta che incontriamo chi ci ha fatto del male, ci sentiamo ribollire il sangue, venire i crampi allo stomaco, e il pensiero di trovare il modo di fargliela pagare ci blocca il cervello. Stiamo male, insomma.
E chi ci ha fatto del male, gongola: “Hai visto come gli rode? Ah ah”.
Se invece perdoniamo, ci leviamo un peso dallo stomaco e dal cuore, e il nostro cervello torna libero, disponibile per ciò che ci piace e ci interessa. E il cattivone, se quando lo incontriamo gli regaliamo un bel sorriso, sarà lui a cadere tra le spine: “Ma come, gli ho detto..., gli ho fatto… e lui mi saluta e mi sorride? Che rabbia!”.
Allora, cara Pia Francesca, chi ha ragione: l’istinto o Gesù? Decidi tu.
Mi chiedi: “Vale un perdono che non sentiamo veramente?”.
Se il perdono è finto, ovviamente non vale.
Anzi, ci fa stare male il doppio. Se, invece, il perdono è faticoso, perché ci costa fatica, ma è vero e sincero, vale doppio. Perché tutto ciò che conquistiamo a fatica ci porta una soddisfazione maggiore.
Carissima Pia Francesca, in questo caso, come sempre, Gesù non ci propone qualcosa per farci soffrire, ma per darci più gioia. Dietro ai suoi “no”, ci sono sempre dei “sì” più grandi. Dopo la sua croce c’è sempre la risurrezione.
Diglielo ai “grandi” che ti parlano di lui. E, siccome sei una lettrice fedelissima, fammi sapere se la mia risposta è stata convincente.

D. Tonino Lasconi

LA POLITICA RISCOPRA IL BENE COMUNE

Ne hanno parlato finanche i Vescovi italiani della C.E.I., convocati per discutere ed approfondire il tema “Per un Pese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, da cui l’omonimo documento licenziato lo scorso 21 febbraio, Prima Domenica di Quaresima, su cui torneremo in altra occasione in modo più approfondito.
Ne parlano ogni giorno organi di stampa, televisioni, quotidiani, riviste. Se ne dibatte nei social network, cioè nei siti web dove gli internauti si incontrano nelle agorà virtuali e si scambiano opinioni ed idee.
Il Paese sta attraversando una terribile crisi etica e morale, oltre che civile ed economica, essendo queste ultime figlie delle prime due.
Nel Paese non c’è un’etica pubblica che sia condivisa. Si ha l’impressione di una erosione progressiva del senso morale, specie in campo politico ed economico, dove con frequenza preoccupante esplodono casi eclatanti di corruzione. Politica e finanza deviate, eterodirette dalle organizzazioni criminali, mafia e ‘ndrangheta, scoperte grazie all’uso delle intercettazioni telefoniche, strumento a mio avviso indispensabile per scoprire i reati e combattere la criminalità, tanto quella comune quanto quella dei cosiddetti colletti bianchi.
Perché alcuni politici temono le intercettazioni? Qual è il punto dolente? La tutela della privacy? O vi è altro? Francamente non credo che i magistrati si occupino delle vicende private di un politico per il gusto di violarne l’intimità o l’ambito familiare. Se così fosse sarebbero dei guardoni, farebbero del voyeurismo. La questione è che taluni comportamenti privati hanno riflessi pubblici, nel senso che rivelano intrecci affaristici e di altro genere inquadrabili nelle fattispecie dei delitti e dei reati contro la pubblica amministrazione. Il punto è il codice penale e quello di procedura penale, sono i reati che si commettono per fame e sete di potere e di denaro. Questi vanno contrastati e puniti severamente, senza attenuanti, evitando che il condannato possa ricandidarsi. A ciò osta non soltanto il vecchio detto “il lupo perde il pelo ma non il vizio”, ma anche la considerazione che non può ritenersi più affidabile nella gestione della res publica chi si è macchiato di reati contro la pubblica amministrazione. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici parrebbe sanzione adeguata.
Nella formazione di talune liste per le Regionali compaiono nomi discussi, discutibili o chiacchierati. Vi sono anche veline, truccatrici, massaggiatrici ed amiche di Tizio o di Caio, le cui uniche qualità pare risiedano nelle loro grazie ed avvenenze, prive di competenze culturali e di esperienza politica. Si finirà col fare eleggere senatore o deputato il proprio cavallo, come ai tempi di Caligola? Perché non restituire all’elettorato la possibilità di esprimere una o più preferenze, consentendo così di selezionare la classe politica secondo criteri diversi dalle curve, dai favori sessuali ricevuti e dal grado di sudditanza al potente di turno? Questa sì che sarebbe democrazia, altro che l’opposizione alle intercettazioni telefoniche, la sospensione dei processi per chi governa, i lodi a tutela dei potenti, il vaniloquio manicheo sulle forze del bene contro quelle del male, su chi farebbe e chi si divertirebbe soltanto a demolire.
Sono dell’avviso che chi è pulito non abbia nulla da temere. Questo è il salto di qualità che la politica deve fare. Massima trasparenza, correttezza ed onestà. In gioco vi è la tenuta democratica del Paese e la sua immagine nel mondo, vilipesa da una classe politica che pare abbia abdicato alla propria precipua funzione di legiferare ed amministrare per il bene comune, per conto dei cittadini onesti, mai per se stessi ed il proprio entourage.


Salvatore Bernocco

SAN GIUSEPPE, SPOSO E PADRE

“Giuseppe nacque probabilmente a Betlemme. Suo padre si chiamava Giacobbe (Mt 1,16) e pare che fosse il terzo di sei fratelli. La tradizione ci tramanda la figura del giovane Giuseppe come un ragazzo di molto talento e di un temperamento umile, mite e devoto”.
Così viene tratteggiata la figura dello sposo di Maria Vergine e padre putativo di Gesù, Giuseppe, di mestiere falegname. Su san Giuseppe si sa molto poco, in realtà; è un uomo giusto, che non ripudia Maria, gravida per opera dello Spirito Santo, che si adopera per mettere in salvo la vita di Gesù, che osserva i comandamenti ed è fedele a Dio.
Un uomo attento alla voce dello Spirito, forse mediata da quella della sua sposa. Un uomo quindi avvolto dal silenzio che è la culla della Parola, è la Parola di Dio vissuta nell’abitacolo del cuore, sede degli affetti e della coscienza per il popolo ebraico. Egli è l’esempio dell’uomo interiore, nel quale prende corpo quella predisposizione alla carità che si fa gesto ed azione di giustizia. La sua grandezza sta nel quasi mistero che lo circonda, in questa penuria di informazioni sul suo conto, non alla stessa stregua di un personaggio mitologico, mai esistito e frutto della fantasia, ma di un uomo realmente esistito che si è messo a totale disposizione di Maria e del Figlio di Dio, di cui fu padre sul piano umano ma non genitore. Cosa intendo dire? Che se fra gli esseri umani accade spesso che il genitore biologico, cioè colui che genera, non sia anche in grado di essere padre, quindi di educare, di amare, di essere autorevole, nel caso particolare di san Giuseppe la sua paternità fu perfetta, intessuta di preoccupazioni e di amore per il figlio che Maria aveva concepito senza l’ausilio dell’uomo.
A san Giuseppe, la cui festa liturgica ricorre il 19 marzo, festa del papà, affidiamo in custodia i genitori, affinché riscoprano la vocazione alla santità attraverso l’educazione morale, religiosa e spirituale dei loro figli. Da buoni padri discendono ottimi figli, da padri pessimi nascono schegge impazzite. La paternità responsabile e spirituale nell’ambito della famiglia è un valore da riscoprire, di difficile avveramento ove i credenti (o molti di essi) dovessero continuare a comportarsi in modo “schizofrenico”, con un piede nel terreno di Dio e con l’altro nel campo di gioco di Satana.
Lontano dalla Chiesa e dalla pratica vissuta e sentita dei Sacramenti, quindi dalla Parola di Dio, si è come tamerischi nella steppa, mentre, sotto lo sguardo paterno di Giuseppe e della Vergine santa, nell’amore e nella fede in Dio, si realizza una radicale trasformazione del cuore, per cui dall’esperienza mortifera della steppa si passa a sperimentare la vita dello e nello Spirito, apportatrice di gioia e pace.


S. B.

Se la rinuncia diventa peccato

“Nell’Al di là l’uomo dovrà giudicare e apprezzare tutto ciò che il suo occhio vide, ma che egli non poté mangiare”


Con queste parole, tratte dal Talmud Palestinese (Qiddushin 66d), i Maestri di Israrele, convinti che Dio desidera la felicità delle sue creature, insegnano che fuggire deliberatamente da un piacere fisico o da un benessere materiale può costituire un peccato. I piaceri della vita vanno accolti e goduti come dono divino: derivano, infatti, da ciò che è stato creato per la gioia dell’uomo e, proprio per questo, sono fondamentalmente buoni; pertanto non solo si invita a goderne, ma si condannano tutti coloro che se ne astengono. Non è certamente un elogio alla sregolatezza, bensì un richiamo a uno stile di vita saggiamente equilibrato, capace di valorizzare il “sano piacere” che deve essere gustato con tutte le proprie potenzialità.

(da Jesus - Febbraio 2010)

30 ANNI: VITTORIO BACHELET

Il 12 febbraio del 1980 il professor Vittorio Bachelet viene assassinato dalle Brigate Rosse al termine di una lezione universitaria. Da lui, grande studioso di diritto e presidente dell’Azione Cattolica dal 1964 al 1973, possiamo attingere linee guida ed indirizzi circa la buona politica, quella che intende portare salvezza e mettere la persona al centro dell’azione amministrativa, in posizione antecedente rispetto allo Stato. Fu questa, in estrema sintesi, la lezione del personalismo di provenienza soprattutto francese (Emmanuel Mounier e Jacques Maritain), a cui si abbeverarono, fra gli altri, anche Moro e La Pira. Egli concepiva la politica come corresponsabile costruzione della città, in cui ognuno deve portare il contributo delle sue capacità in vista della costruzione di quel bene comune che rappresenta il fine relativamente ultimo della politica. Vi è infatti un modo diffuso di fare politica che non si limita alla partecipazione nei partiti e nelle istituzioni, ma che riguarda ad esempio il competente esercizio di un mestiere e di una professione, che rappresenta in sé un alto valore politico.
Inoltre, egli può essere considerato uno degli anticipatori della dottrina conciliare sulla vocazione e sulla missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. Nella partecipazione alla vita associativa, tramite le varie articolazioni e strutture dell’Azione Cattolica Italiana, egli vedeva infatti per i laici un modo esigente di essere allo stesso tempo “buoni cristiani e buoni uomini e donne del loro tempo”, e non certo una forma di efficientismo associativo e nemmeno una chiusura intransigentistica nella sfera del religioso concepita come antagonista al più vasto mondo sociale. “La sua morte – come hanno scritto Rosy Bindi, che ne fu assistente, e Paolo Nepi - va vista come la luminosa testimonianza di un martire, che ha versato il suo sangue per la difesa dei supremi valori politici del diritto e della giustizia”.

S.B.

NOI GIOVANI E IL CARNEVALE


Nell’antichità Carnevale era sinonimo di euforia, sfrenata baldoria, eccessi e sconvolgimento di tutto l’ordine costituito. In un certo senso il Sig. Carnevale porta ancor oggi sulle spalle questo fardello; pensare al termine “carnevalata”, non è forse sinonimo di buffonata?
L’eredità lasciata alla Sig.ra Quarantana sembra essere solo un non so che di negativo.
Quest’anno però, noi giovani e giovanissimi della Parrocchia del Santissimo Redentore abbiamo cercato di dimostrare tutt’altro. La nostra partecipazione al carnevale cittadino con il gruppo mascherato ‘Mbà Michael’ ha tentato di trasmettere gioia ed allegria al posto di una più vuota euforia, voglia di sano divertimento e non accesa baldoria. Ma, cosa forse più importante, abbiamo cercato di fare del Carnevale un’occasione di fraternizzazione raggiungendo gli uni con gli altri una unità ed una compostezza che mai avremmo immaginato.. Tutto ciò è stato possibile grazie al nostro parroco Don Vincenzo che, noncurante di ‘ma’ e ‘se’, ci ha sempre sostenuti, spronati ed in ogni momento apprezzati.
Appagati delle nuove amicizie createsi nel nostro gruppo, già pensiamo ad affiancare alla nostra frequentazione parrocchiale, nuove iniziative e sicuramente una nuova partecipazione al Carnevale Ruvese 2011.
Non avremo vinto il primo posto, ma forti anche del plauso dell’Associazione Culturale Biagio Minafra, statene certi, ci rifaremo!
Ancora un sentito ringraziamento al Gruppo Famiglia, i nostri fluttuanti bianchi fantasmi, e a quanti anche solo con un applauso o un sorriso hanno ripagato i nostri sforzi. Altro che buffonata, anche questa del Carnevale è stata per noi un’esperienza di crescita ammantata!

Flavia Fiore

Nel Mese

Introdotti in Febbraio dalla festa della Candelora, il parroco ci presentò il significato della celebrazione come “Incontro” di fede e di amore col Cristo che si è fatto nostro amico di viaggio.
Partecipammo poi alla festa di S. Biagio, mentre continuarono le catechesi animate dal gruppo di catechisti e dalle Comunità Neo-Catecumenali. Il parroco poi partecipò agli Esercizi predicati in Loreto da P. Cantalamessa.
Proseguirono anche gli incontri sul Vangelo: il tema è stato “Dal “siate santi” al “siate compassionevoli”, buona la partecipazione. Anche la novena alla Madonna di Lourdes ha visto numerosi fedeli, tanto devoti della Vergine e che si sono recati in pellegrinaggio al Santuario francese. Si sono quindi avute le riunioni con i genitori dei ragazzi di catechismo, in particolare con quelli che riceveranno la Prima Comunione. Grande festa per il Gruppo Giovani che ha partecipato al carnevale cittadino allestendo un bellissimo corso, premiato anch’esso dalla locale giuria. Di qui il grato pensiero ai responsabili Angelo, Michele, Flavia e i membri del Gruppo Famiglia parrocchiale; questi ultimi hanno poi accompagnato i fidanzati che celebreranno quest’anno il loro matrimonio all’incontro diocesano in Molfetta il 21 febbraio scorso. Buona anche la partecipazione alla settimana biblica tenutasi dal 23 al 23 dello stesso mese.

Luca