Vergine Santissima che provieni da
Fatima, a te il nostro benvenuto. Non
sono i monti della Giudea ad accoglierti
e salutarti “pellegrina”, ma è la ridente e
dolce collina su cui sorge la città di
Ruvo a darti il “benvenuto tra noi”.
Noi avvertiamo in questo momento il
fremito che si riverberò prima nel cuore
di Davide e poi in quello della tua
parente Elisabetta: “E come a me tanto
onore che la Madre del mio Signore
venga a visitarmi?”.
Il nostro animo fu grandemente
commosso dal primo momento in cui ci
veniva rivolto l’invito di accoglierti
nella nostra Comunità -una tra le 24
parrocchie d’Italia- a visitarci per
portarci Gesù. Noi crediamo al ripetersi
ancora una volta della processione
eucaristica, che tu facesti per recarti da
Elisabetta, di Lui, l’unica strada che
porta a Dio.
Per noi sei la “Donna dell’essenziale”.
Colei che ha accolto l’invito di dare una
umanità alla “Parola eterna di Dio”. Ti
contempleremo in questi giorni nella
grotta di Betlemme, mentre conservavi
tutte queste cose, meditandole nel tuo
cuore immacolato.
Ti staremo accanto nel momento dello
smarrimento di Gesù che ritrovasti nel
tempio. Ancor più vicini a te staremo
sotto la croce, dopo avere accolto
l’invito “a fare tutto quello che Gesù ci
dirà”.
Lascia per ciascuno di noi un posto nel
cenacolo dove sedesti al centro della
Chiesa perché per noi rimani la nostra
Sorella, la nostra Madre e oggi
soprattutto la nostra Maestra della Fede.
La nostra città, che da sempre ti venera
e che ti accoglie quest’oggi, riceve oggi
un dono straordinario, quello della tua
presenza fra noi. Il nostro cammino di
fede diventerà più autentico se tu ci dai
una mano perché possiamo tornare
veramente a Dio. Non abbiamo bisogno
che tu ci ripeta alcun messaggio: li
conosciamo abbastanza. Vogliamo
aggrapparci al tuo grembo, come
bambini che si aggrappano al seno della
mamma.
Con Elisabetta ti
ripeteremo fiduciosi:
“Beata te che hai creduto
all’adempimento delle
parole del Signore”. Ci
adopereremo ad entrare
pienamente nella
beatitudine di coloro che
ascoltano la Parola di
Dio e la mettono in
pratica.
Non abbiamo bisogno di
segni. Il segno sei tu:
“Una donna vestita di
sole apparve nel cielo,
con il capo circondato da
dodici stelle”, come dice
Giovanni. Crediamo e
vogliamo sperimentare
quello che Gesù disse nel
Cenacolo: “Beati quelli
che crederanno senza
aver visto”, questa è la
traccia del tema; altre
parole potrebbero farci
deviare dall’impegno
forte e dicisivo della
fede, in questo anno
straordinario in cui i Papi
Benedetto e Francesco ci
sollecitano ad una
verifica senza mai
stancarci.
Mentre ti introduciamo
nella nostra città, benedici o Maria la
Chiesa, il Papa, il nostro vescovo, i
presbiteri, le religiose e il Popolo Santo
di Dio che volentieri si pone alla tua
scuola, o clemente, o Pia, o dolce
Vergine Maria.
dal saluto del Parroco
alla Madonn
Il momento culminante dell’Anno della Fede: BENVENUTA TRA NOI !
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ANNO XXVII - N.320
Il Sindaco di Ruvo Vito Ottombrini rivolge il saluto della città
L’arrivo della venerata icona della
Madonna Pellegrina di Fatima è
un evento importante e
significativo per la nostra comunità,
non solo per quella del SS. Redentore,
il cui parroco saluto cordialmente
insieme ai componenti del Consiglio
Pastorale Parrocchiale e a don
Michele Del Vecchio, parroco della
chiesa di San Michele Arcangelo. Da
un punto di vista laico, sebbene sia
credente, mi preme sottolineare
quanta importanza abbia il fenomeno
religioso e di fede per lo sviluppo
sano di una società. La fede non è
contro qualcosa o qualcuno, ma deve
essere sempre al servizio del bene
comune, in modo particolare di quanti
sono in condizioni di sofferenza. La
sofferenza assume molti volti ed
interpella tutti, nessuno escluso, laici e
cattolici. La nostra comunità cittadina
ha solide radici religiose. Le nostre
tradizioni ne sono impregnate, per
cui, citando Croce, potrei dire che
“non possiamo non dirci cattolici”. La
nostra cultura è cristiana. La cultura
dell’accoglienza deve molto, se non
tutto, alla fede. Ovviamente il
cattolico non è l’unico detentore del diritto, del bene, delle virtù sociali, per
cui postuliamo una società dove la
tolleranza e la solidarietà mettano
insieme tutti gli uomini di buona
volontà, quale che sia il loro credo
religioso. È altresì ovvio, però, che
come ci insegna Papa Francesco, al
credente è richiesto un surplus di
impegno, e ciò come testimonianza,
come missione, come vicinanza al
Cristo dei Vangeli.
La Vergine di
Fatima era una
donna. Una donna
speciale, ma pur
sempre una donna
che ha fatto della
sua vita un dono ed
un capolavoro. Le
donne hanno una
funzione speciale
nel mondo e nella
comunità. Per
molto tempo
emarginate,
scoprono le loro
potenzialità al
servizio degli ultimi,
coniugando
tenerezza ed
onestà, lavoro e
tenacia. Madri,
figlie, sorelle,
amiche dell’uomo,
esse sono un punto
di riferimento
ineludibile.
Mi auguro che
questi giorni di
permanenza della venerata immagine possano suscitare
sentimenti di fratellanza e di rispetto,
che possano essere di stimolo ad
intraprendere un cammino di
revisione delle nostre scelte, molto
spesso dettate dall’egoismo. Quale
che sia la nostra fede, siamo uomini e
donne che possono crescere solo
insieme. Non ci si salva mai da soli. Le
teorie sull’autosufficienza sono errate
perché conducono alla distruzione del
tessuto sociale e familiare, su cui la
società si fonda.
Mi si permetta, infine, da credente, di
rivolgere alla Vergine la preghiera di
vegliare sul nostro paese, che sta
affrontando sfide difficili e complesse.
Ho letto nel programma che una
giornata di preghiera è stata dedicata
ai poveri ed ai disoccupati. Ho
apprezzato molto questa scelta, frutto
di una grande sensibilità e di una
attenzione ad una piaga sociale che
va allargandosi. Ci vorrebbe un
miracolo, ma l’uomo non deve
delegare a Dio ciò che può fare con la
sua volontà ed intelligenza. Le
chiediamo, tuttavia, di aiutarci nelle
difficoltà di ogni giorno, certi delle sue
materne premure.
Grazie.
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Ripensando a quei giorni...
Tracciare un bilancio della settimana mariana svoltasi nella parrocchia SS. Redentore, e dovuta alla presenza della venerata icona della Madonna Pellegrina di Fatima, non è agevole. È un bilancio che attiene più alla sfera interiore che a quella esteriore. Non contano tanto i numeri, la ragguardevole ed assidua partecipazione alle concelebrazioni eucaristiche presiedute dal Parroco, i rosari sgranati alla sera, le partecipate processioni, quanto l’accoglienza sincera delle parole del Cristo, le conversioni del cuore e delle menti di cui si è fatta promotrice, in un certo senso, la Vergine, segnando, auspicabilmente, per molti l’inizio di un cammino meno ondivago verso la pienezza della fede. La fede implica un salto. L’accoglienza del Cristo presuppone che gli si sia stata aperta la porta del cuore. Maria, alle nozze di Cana, dice ai servi: “fate tutto ciò che egli vi dirà”. L’acqua dell’inconsistenza e della tristezza viene tramutata dal Cristo in vino corposo e che dà gioia. È questo l’invito che è risuonato nella nostra Parrocchia dal 29 luglio al 5 agosto scorso: “fate tutto ciò che egli vi dirà”. Ed è il lascito della Vergine, il programma cui dovremmo attenerci, pur gravati dal peso dei nostri peccati e delle nostre fragilità. È un suggerimento materno, non un obbligo, perché il Signore si propone, non si impone mai. Egli avanza una proposta di vita, poi spetta a ciascuno di noi accoglierla, approfondirla, viverla. La libertà ci appartiene, è la nostra croce e la nostra delizia. Se vissuta, quella parola accresce il nostro potenziale di libertà perché fondata sulla verità che non delude. Ma la sua parola è tagliente come il filo di una spada. Separa.
Trancia di netto– se accolta – le zone oscure dell’anima. Pota e fa crescere in sapienza. La potatura è un’operazione chirurgica. Fa soffrire, ma è necessario sottoporvisi per diventare testimoni della pace e dell’amore. La libertà ha un costo. E, riflettendo sulle cronache quotidiane, di cosa ha bisogno la nostra società se non di donne ed uomini liberi e forti e sapienti che abbiano a cuore il bene comune, che si facciano carico dei problemi dei meno abbienti, che abbiano messo ai margini l’egoismo e posto l’amore al centro delle proprie preoccupazioni? Nella nostra società c’è un vuoto spaventoso di amore, malgrado se ne parli tanto e a sproposito, perché l’amore non è il sesso, non è un fatuo e volatile sentimento, non è l’emozione di un istante, ma è un orientamento costante ed un progetto di vita che coinvolge tutto l’uomo. La Vergine di Fatima ha parlato al cuore di tantissimi fedeli giunti non solo da Ruvo e dai paesi limitrofi, ma anche da fuori regione. Noi abbiamo visitato lei, e lei ha visitato noi in modo più penetrante, fino a toccarci le corde del cuore e a risvegliare in noi la nostalgia del buono e del vero. Emozioni, suppliche, sospiri, desideri, dolori, tutto le è stato affidato, confidando nel suo materno aiuto e nella sua potente intercessione. Ero presente al suo arrivo e alla sua partenza. Sono stati due momenti forti. Palpabile è stato l’affetto popolare verso la Donna che generò il suo Creatore e Signore, credendo nell’adempimento delle parole di Dio. La pietà popolare, se non scivola nella credulità e in manifestazioni falsamente mistiche, è un valore e rientra nel fiume limpido della Tradizione. Così è stato, ne sono certo, per la gran parte dei fedeli. Adesso spetta a noi il compito di non disperdere quel bagaglio di buone intenzioni che abbiamo accumulato in quella settimana di verifica del nostro percorso esistenziale. Nulla è impossibile a Dio se noi non gli rendiamo impossibile l’azione di grazia e di salvezza.
S. B.
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1983 - 28 agosto 2013, XXX Anniversario di Parrocato di don Vincenzo Pellegrini
Con la speranza di interpretare i sentimenti della comunità parrocchiale,
rivolgo i miei più sinceri e amichevoli auguri a don Vincenzo
per il 30° anniversario di parrocato.
Fu destinato al SS. Redentore dal servo di Dio don Tonino Bello, dopo il lungo periodo di parrocato di don Michele Montaruli. Anzi, fu la prima nomina compiuta dall’indimenticato Vescovo, col quale don Vincenzo da molti anni prima aveva intrattenuto ottimi rapporti. Trent’anni non sono pochi, e probabilmente un bilancio di questi anni sarebbe in qualche misura ingeneroso perché peccherebbe per difetto. Del resto, chi potrebbe, senza apparire irriguardoso e tronfio, giudicare un altro uomo, il suo impegno, i suoi travagli? Non mi fa velo l’amicizia ormai più che ventennale con don Vincenzo, il quale ha sempre avuto a cuore il SS. Redentore e le persone della comunità che gli fu affidata. Per quanto mi riguarda, non posso che ringraziarlo per quanto ha fatto per me in questo lungo tempo di frequentazione, avendomi chiamato molti anni or sono a scrivere per il mensile “Fermento”, unico giornale mensile edito da una parrocchia nella Diocesi, contribuendo così alla mia formazione personale. Lo “svecchiamento” teologico mi pare un’altra sua caratteristica, nel senso che egli ama approfondire le questioni di fede, studiare i sacri testi, restituirli alla loro primigenia bellezza e al loro autentico significato. Su tutto prevale la misericordia, il perdono, la compassione, sulla scia del Buon Samaritano, che non si domandò chi fosse l’uomo pestato a sangue dai ladroni, quale fosse il suo orientamento sessuale, quale la sua fede religiosa, se fosse un peccatore o un sant’uomo, ma si prodigò per lui standogli accanto, vegliandolo per una notte. A ciascuno di noi spetta il compito di operare secondo misericordia, mentre il giudizio spetta a Dio e a Lui solo. Lo stesso Papa Francesco si è detto impossibilitato a giudicare: “Chi sono io per poter giudicare un altro essere umano?”. La misura dell’amore è amare senza misura. Questo è il comandamento nuovo lasciatoci dal Cristo, non un “nuovo comandamento” che va ad aggiungersi agli altri, ma il “comandamento nuovo”, che cioè ingloba in sé e supera e perfeziona tutti gli altri: “amatevi come io ho amato voi”. Fino alla fine, in ogni circostanza, con le opere e con le parole. Don Vincenzo, in questi anni, si è rimboccato le maniche. Certo, tanto resta da fare, con il sostegno della comunità e delle persone di buona volontà. Un parroco, un uomo, da solo può fare ben poco. E bisognerebbe domandarsi, quando siamo in procinto di emettere sentenze, se le eventuali mancanze del parroco dipendano dal parroco stesso oppure dalla nostra scarsa partecipazione, dalle nostre omissioni, dalle nostre pigrizie. La lieta circostanza dell’arrivo della Madonna Pellegrina di Fatima, che ha catalizzato l’attenzione dei fedeli per un’intera settimana, suscitando conversioni ed emozioni forti, in occasione del 30° anniversario di parrocato di don Vincenzo, può essere letta come un segno, direi quasi come un augurio a perseverare nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Non due amori differenti, ma un unico amore, poiché Dio si è fatto uomo e quanto è fatto all’uomo è fatto a Lui. Auguri, don Vincenzo, e a nuovi traguardi!
Salvatore Bernocco
Fu destinato al SS. Redentore dal servo di Dio don Tonino Bello, dopo il lungo periodo di parrocato di don Michele Montaruli. Anzi, fu la prima nomina compiuta dall’indimenticato Vescovo, col quale don Vincenzo da molti anni prima aveva intrattenuto ottimi rapporti. Trent’anni non sono pochi, e probabilmente un bilancio di questi anni sarebbe in qualche misura ingeneroso perché peccherebbe per difetto. Del resto, chi potrebbe, senza apparire irriguardoso e tronfio, giudicare un altro uomo, il suo impegno, i suoi travagli? Non mi fa velo l’amicizia ormai più che ventennale con don Vincenzo, il quale ha sempre avuto a cuore il SS. Redentore e le persone della comunità che gli fu affidata. Per quanto mi riguarda, non posso che ringraziarlo per quanto ha fatto per me in questo lungo tempo di frequentazione, avendomi chiamato molti anni or sono a scrivere per il mensile “Fermento”, unico giornale mensile edito da una parrocchia nella Diocesi, contribuendo così alla mia formazione personale. Lo “svecchiamento” teologico mi pare un’altra sua caratteristica, nel senso che egli ama approfondire le questioni di fede, studiare i sacri testi, restituirli alla loro primigenia bellezza e al loro autentico significato. Su tutto prevale la misericordia, il perdono, la compassione, sulla scia del Buon Samaritano, che non si domandò chi fosse l’uomo pestato a sangue dai ladroni, quale fosse il suo orientamento sessuale, quale la sua fede religiosa, se fosse un peccatore o un sant’uomo, ma si prodigò per lui standogli accanto, vegliandolo per una notte. A ciascuno di noi spetta il compito di operare secondo misericordia, mentre il giudizio spetta a Dio e a Lui solo. Lo stesso Papa Francesco si è detto impossibilitato a giudicare: “Chi sono io per poter giudicare un altro essere umano?”. La misura dell’amore è amare senza misura. Questo è il comandamento nuovo lasciatoci dal Cristo, non un “nuovo comandamento” che va ad aggiungersi agli altri, ma il “comandamento nuovo”, che cioè ingloba in sé e supera e perfeziona tutti gli altri: “amatevi come io ho amato voi”. Fino alla fine, in ogni circostanza, con le opere e con le parole. Don Vincenzo, in questi anni, si è rimboccato le maniche. Certo, tanto resta da fare, con il sostegno della comunità e delle persone di buona volontà. Un parroco, un uomo, da solo può fare ben poco. E bisognerebbe domandarsi, quando siamo in procinto di emettere sentenze, se le eventuali mancanze del parroco dipendano dal parroco stesso oppure dalla nostra scarsa partecipazione, dalle nostre omissioni, dalle nostre pigrizie. La lieta circostanza dell’arrivo della Madonna Pellegrina di Fatima, che ha catalizzato l’attenzione dei fedeli per un’intera settimana, suscitando conversioni ed emozioni forti, in occasione del 30° anniversario di parrocato di don Vincenzo, può essere letta come un segno, direi quasi come un augurio a perseverare nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Non due amori differenti, ma un unico amore, poiché Dio si è fatto uomo e quanto è fatto all’uomo è fatto a Lui. Auguri, don Vincenzo, e a nuovi traguardi!
Salvatore Bernocco
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Nel tempo e nello spazio di Dio
Sia pure intervallato da pause
ricreative, la Comunità si
riunì per la celebrazione in
onore di S. Maria Goretti il
giorno 6. Si diede inizio poi
all’esperienza dell’Oratorio estivo
che perdurò fino al 28 luglio. Il 29
poi tutto fu predisposto per
accogliere la Madonna di Fatima
che dal piazzale di S. Angelo fu
portata processionalmente in
parrocchia ed ebbe così inizio la
missione mariana che durò fino al 5
agosto. Una settimana
indimenticabile per l’affluenza di tanti
fedeli che provenivano anche dalle
città della diocesi e di altre città viciniori.
Indimenticabile la veglia mariana tenuta in
piazza la processione eucaristica e quello della statua della Madonna per il
corso cittadino.
Il giorno 5 agosto la messa
solenne di commiato e la partenza
della statua per Monteflavio
(Roma). Ma, prima del 29 luglio
la città si riunì per la novena e la
festa cittadina di S. Anna. Molti
i fedeli, come ogni anno,
durante le celebrazioni fu
commentata la Parola di Dio.
L’adorazione mensile, animata
dai gruppi eucaristici e di S.
Pio coronarono l’intero mese.
Moltissimi poi i fedeli
convenuti in via Rogliosa nella seconda
domenica per onorare la Madonna. Seguì la
festa rionale.
Luca
Luca
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