PASQUA: ANCHE NOI IN CAMMINO

Miei Cari,
È Pasqua. Gesù, dopo il riposo del sabato, riprende il cammino. Ripartono le voci delle donne che non trovano il Maestro nel sepolcro, si odono Angeli che annunziano che il Maestro è risorto. Tutti corrono. A Natale andarono in fretta i pastori ad adorarlo, chiamati da voci dal cielo: ora, è un angelo che annunzia che il Maestro è risorto, non è più nel sepolcro. La notte delle tenebre è sconfitta: Gesù è risorto. Nella tomba solo dei lini posti al suolo. Gesù, fatto infinito, cammina sulla morte, desideroso che i fratelli lo seguano e lo annuncino appena avrà inviato loro lo Spirito Santo. Ritroveranno allora l’entusiasmo e la notte, carica di peccato, si farà luce. Illuminati dal volto raggiante di Gesù Risorto, anche noi camminiamo, radiosi, come l’alba. Le tenebre della nostra umanità non possono più impedirci di far sorgere la luce: la luce della sua Grazia. Comprendiamo ora la parola di S. Paolo: “Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede”. Nella tua morte e risurrezione siamo diventati eternità. Cammina di nuovo Gesù con noi, come all’inizio dei tempi. Il cammino della storia ora si apre alla speranza; la notte si è trasformata in giorno perché, a Pasqua, Dio è Amore. Morti per la colpa, con la Pasqua, con la passione, morte e risurrezione di Gesù siamo nuovamente luce, siamo amore. Cosa significa allora vivere nell’amore della Pasqua? Non vivere più solo per sé, saperci donare agli altri come lui, Gesù, che si è donato a tutti. Abbracciamo amorevolmente i nostri fratelli, quelli più poveri. Oggi sono tanti questi fratelli bisognosi d’amore, bisognosi di vita. Anche loro hanno diritto alla vita. Come Cristo, a Pasqua, si offre per la redenzione di tutta l’umanità, noi non dovremmo offrirci per la sopravvivenza dei poveri che bussano alle nostre porte? Qual è il significato della risurrezione per noi? È un invito a cogliere che il tempo della sofferenza e della difficoltà ha un senso, e quasi sempre una logica, quando il tutto viene vissuto incastonato, affidato e compreso, come qualcosa di prezioso, nel piano di Dio. È un’apertura alla speranza…. A vedere nella storia quelle realtà positive che illuminano il cammino, a volte disastroso, di ogni uomo. È la forza per poter iniziare, ricominciare e ripartire per nuove mete dopo aver sperimentato la debolezza della natura umana o la lontananza degli uomini nei momenti di maggiore bisogno. È una chiamata a superare continuamente il senso di paura che alberga in noi e nella nostra quotidianità… a vincere il senso di ipocrisia e di ambiguità a cui molte volte si è abituati o assuefatti… a guardare in modo positivo alla storia convinti che alla fine il male deve essere sconfitto dal bene… e che sarà una vittoria divina. È una presa di coscienza di quella espressione (finale del vangelo di Matteo)… “Ecco, Io Sono con Voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”…. Il Risorto compagno di viaggio lungo tutto il cammino della nostra vita. E’ il mio augurio.

Don Vincenzo


IL RISORTO CAMMINA CON NOI : MEDITAZIONE PASQUALE


Cammina davanti a me… Camminare con Dio è un’espressione che la Bibbia usa per definire un uomo che vive nella piena comunione con Dio. Infatti, così il libro della Genesi presenta Noè, uomo che divenne primizia di un’umanità nuova, salvata dalle acque del diluvio: “Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio” (Gen 6,9). Ad Abramo, uomo delle promesse, invece, Dio si rivolge con un invito molto preciso: “Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti renderò molto, molto numeroso” (Gen 17,1-2). Uun comando che ne condiziona tutta la vita. Cammina davanti a me significa, dunque, una vita vissuta di fronte a Dio, nella quale ogni passo viene fatto guardando a Lui. Un invito ad appartenere completamente a Lui, senza riserve. La vita umana si presenta proprio come un “cammino”. L’uomo, infatti, percorre diverse strade da solo, come parente, amico, concittadino, parrocchiano, eccetera… oppure come monaco, monaca che si avventura nei sentieri tortuosi della solitudine, nella ricerca dell’essenziale…. Nella ricerca di Dio. Gesù viandante Nella persona di Gesù, Dio stesso intraprende questo “cammino” umano, che ci conduce verso Gerusalemme, luogo della Pasqua del Signore. Nei Vangeli secondo Marco e Luca, Gesù si presenta proprio come un viandante che, accompagnato dai suoi discepoli, percorre la Galilea annunciando il Regno di Dio, ma a un certo punto, quando “stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme” (Lc 9,51), “perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme” (Lc 13,33). Non è facile stare al passo del Maestro che cammina così deciso verso il suo esodo, come pure non era stato facile lasciare tutto per mettersi in questo cammino, ma l’insicurezza aveva fatto spazio alla forza della speranza fissata in Gesù: “Lui libererà Israele”! Speranza mantenuta viva nonostante le difficoltà del viaggio, le fatiche e la stanchezza, fino a quel giorno, giorno della sua condanna e crocifissione, giorno della speranza delusa. Gesù è morto e contro la morte non ci sono rimedi. Nei cuori dei discepoli il posto della speranza ora è occupato da buio e angoscia, perché? Eppure Gesù diceva che il terzo giorno sarebbe risuscitato! Ma chi se lo ricorda oggi? Come immaginavano loro la liberazione d’Israele? Alla condizione dei discepoli schiacciati dal dolore e disperati paiono riferirsi le parole del profeta Isaia: “Ogni uomo è come l’erba… secca l’erba, il fiore appassisce quando il soffio del Signore spira su di essi… veramente il popolo è come l’erba” (Is 40,6-8). Ma la speranza posta in Dio non può svanire nel nulla! Il profeta, infatti, aggiunge: “Secca l’erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura sempre!” (Is 40,8). Però, “con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute” (Lc 24,21). Tre lunghi giorni cui, però, fa seguito quel “primo giorno dopo il sabato”. Sulla via di Emmaus Ci troviamo accanto ai discepoli incamminati verso Emmaus. Stavolta, non seguono il Maestro, non camminano sicuri e gioiosi sulle sue orme. Sono tristi. Conversano vivacemente di tutto quello che era accaduto a Gerusalemme e che ormai fa parte di quell’esperienza per loro davvero traumatica: di Gesù Maestro, condannato a morte e crocifisso. E’ proprio in questo momento che Lui in persona li segue, si accosta, li ascolta mettendosi al loro passo, cammina con loro, così come una vota loro seguivano Lui. Essi, però, tutti presi dai loro discorsi, sono “incapaci di riconoscerlo”. Rimangono ancorati al passato, perciò il presente sfugge loro di mano. Uno dei grandi Padri della Chiesa osserva opportunamente: “Camminavano morti con il Vivente, camminavano morti con la stessa Vita, la Vita camminava con loro, ma nei loro cuori non c’era ancora la vita” (Sant’Agostino, Sermone 235,3). Negli occhi dei discepoli si è fissata un’altra immagine, quella di Gesù sulla croce e di Lui messo nel sepolcro. I loro occhi, dunque, sono “imprigionati, incatenati” da qualcos’altro. Gesù, prima silenzioso compagno di viaggio, adesso domanda con stupore: “Che sono questi discorsi…?”. Gesù è stupito, vede che davvero sono “tardi di cuore” e allora reagisce da Maestro: “Ma… che cosa state dicendo?”. Alla domanda segue un’immediata reazione: “Si fermano”, ma “col volto triste”. Possiamo immaginare il loro stupore. Per riflettere, infatti, è necessario fermarsi. Nella vita quotidiana, in cui spesso capita di sentirsi come in una giostra, bisogna proprio fermarsi per non lasciarsi afferrare dalle preoccupazioni e diventare ciechi e “tardi di cuore”. “Tu solo sei così forestiero da non sapere!”. Solo un forestiero, infatti, sarebbe stato all’oscuro di un evento così eclatante come quello accaduto a Gerusalemme. Cleofa è stupito dell’ignoranza di questo forestiero e così si affretta a raccontare quegli avvenimenti di cui parlava con il suo compagno per far uscire il suo nuovo interlocutore dall’ignoranza. Ma chi è veramente ignorante? L’evangelista gioca su due registri che non riescono a incontrarsi: sulla realtà della vita di Cristo Risorto e sulla speranza delusa che acceca i discepoli. Gesù, però, fa di tutto per risollevarli e per farli passare a un altro livello, quello della conoscenza di Lui attraaverso le Scritture: “Cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro ciò che si riferiva a lui”. I discepoli forse hanno ancora nella mente l’insegnamento del Maestro: la parabola della pecorella smarrita, del figlio prodigo, del buon samaritano e tante altre, oppure i miracoli compiuti da Gesù. Tutto ciò li aveva convinti della sua “potenza in parole e in opere”. Eppure Gesù per loro è morto, ma le donne e alcuni dei loro fratelli, recatesi al mattino al sepolcro, li hanno sconvolti con la notizia che Egli è vivo. Il lettore sa che è Gesù stesso a parlare con i discepoli e si aspetta il momento in cui Egli si rivelerà oppure che i discepoli lo riconosceranno. Niente affatto! Il discorso si prolunga ed Emmaus si avvicina. Il viaggio si conclude e i discepoli rimangono nella loro ignoranza. “Oh, se sapeste il dono di Dio e chi è colui che vi parla!”, si potrebbe dire citando Gesù nel suo colloquio con la donna samaritana (Gv 4,10). Si fa sera e il giorno declina. L’inaspettato invito, “resta con noi”, apre una nuova possibilità di riconoscimento. “Egli entrò per rimanere con loro”. I discepoli “tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti”, con gli occhi “incapaci a riconoscerlo”, aprono in un gesto ospitale la porta per il Viandante. Verso i confini del mondo Si compie qui quello che è detto nell’Apocalisse: “Ecco: io sto alla porta e busso. Se uno, udendo la mia voce, mi aprirà la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Solo in questo momento, mentre si trovano a tavola, si aprono i loro occhi e lo riconoscono nello spezzare il pane. Allora il Maestro scompare, ma essi tornano a Gerusalemme ormai trasformati dalla sua presenza, con il cuore ardente dall’ascolto della sua parola. Nel loro cammino possiamo riconoscere anche i nostri cammini interiori con Gesù. In diversi percorsi, dovunque si trovi, l’uomo è invitato a “camminare con Dio”, vale a dire, vivere in comunione con Lui. Egli, infatti, in persona accompagna i passi dei suoi discepoli “fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Ma chi è capace di riconoscere la sua presenza? Il Signore risorto, che ha acceso nei nostri cuori la speranza di questa vita che non conosce tramonto, ci aiuti a riconoscerlo instancabile Viandante sulle vie travagliate della nostra storia.

Gesù colpisce, spiazza, innova….

Gesù colpisce, spiazza, innova….
“Occorre confrontarsi con Gesù, direi, nella concretezza e ruvidezza della sua vicenda, così come ci è narrata dal più antico dei Vangeli, quello di Marco. Si costata allora che lo “scandalo” che la parola e la prassi di Gesù provocano attorno a lui derivano dalla sua straordinaria “autorità”: una parola, questa, attestata fin dal Vangelo di Marco, ma che non è facile rendere bene in italiano. La parola greca è “exousia”, che alla lettera rimanda a ciò che “proviene dall’essere” che si è. Non si tratta di qualcosa di esteriore o di forzato, dunque, ma di qualcosa che emana da dentro e che si impone da sé. Gesù in effetti colpisce, spiazza, innova a partire – egli stesso lo dice – dal suo rapporto con Dio, chiamato familiarmente Abbà, il quale gli consegna questa “autorità” perché egli la spenda a favore degli uomini”.
(Lettera di Papa Francesco ad Eugenio Scalfari, 4 settembre 2013).


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L’ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA E IL POTERE

È notizia fresca. Il Santo Padre ha indetto un Anno Santo straordinario incentrato sulla misericordia del Signore. Inizierà l’8 dicembre del 2015 e terminerà il 26 novembre 2016. Sarà un periodo di grazia per tutti coloro che vorranno accostarsi più in profondità alla infinita misericordia di Dio, il quale è sempre pronto ad accogliere chi si converte a Lui, alla Sua parola di speranza e di vita eterna. E sarà un periodo di riflessione per l’intera Chiesa, chiamata dal Papa ad interpellarsi più a fondo sulla scelta della povertà, dell’amore misericordioso, della tolleranza. La scelta della povertà, sottolineata da Bergoglio con l’assunzione del nome di Francesco, è sotto le mire di certa parte della gerarchia cattolica che vorrebbe che il papa tacesse, si facesse i fatti propri, fosse un papa austero, distante dalla gente comune, che parlasse un linguaggio curiale finalizzato al consolidamento di una certa figura retorica di papato, che invece Bergoglio ha demolito con le sue parole e le sue opere. Insomma, come ha sottolineato in un suo articolo il teologo Vito Mancuso (v. la Repubblica, venerdì 13 marzo 2015, pag. 1 e pag. 36), la lotta è quella antica fra povertà e potere, fra una Chiesa amica dei poveri e serva dei poveri ed una Chiesa del potere umano, amica dei potenti ed essa stessa potere forte, abitata da cardinali, prelati, sacerdoti ricchi e che semmai vivono in case lussuose, laddove il Papa si accontenta di settanta metri quadri in quel di Santa Marta. Il Cristo, portato nel deserto dallo Spirito, ingaggiò una battaglia con lo spirito del male, il quale lo tentò anche sul piano del potere. Se si fosse inginocchiato dinanzi a lui, egli gli avrebbe dato potere su tutto il mondo. Ma su quale mondo? E quale tipo di potere? Ovviamente sugli uomini dello stesso stampo del ricco Epulone, il cui potere consisté nel non poter far nulla per il povero Lazzaro e nel dannarsi. Con ciò intendo dire che il ricco, che coincide col potente e che esercita il potere per mantenerlo e semmai accrescerlo, non ha coscienza né consapevolezza della povertà e di chi sono i poveri perché, avendo scelto Mammona, non ha accesso alla sapienza di Dio, che è rivelata ai poveri e agli umili, cioè a quanti non hanno potere e sono totalemente e fiduciosamente dipendenti da Dio. Questo Anno Santo straordinario viene in un momento delicato per le sorti dell’umanità e della stessa Chiesa, che deve rigenerarsi e che non può né potrà più fare a meno di papi come Bergoglio. Se dovesse lasciarsi corrompere dal potere, cioè da Satana, sperimenterebbe sì la forza del potere ma non anche quella dello Spirito Santo, che l’abbandonerebbe al suo destino umano, sebbene abbia un fondamento ultraterreno. Certo, la Chiesa rinascerebbe in altri modi e luoghi, ma il danno che si provocherebbe alla fede sarebbe devastante, giacché chi parla di Dio e non si comporta come il Signore, non solo danneggia sé stesso, ma danneggia l’intero corpo mistico della Chiesa. Dopo i numerosi scandali di cui si sono macchiati uomini e donne consacrati; dopo che il Papa si è spesse volte intrattenuto sul dovere morale di fuggire il male e di non lasciarsi corrompere dalle seduzioni del mondo; dopo che, grazie al Papa, la Chiesa sta conoscendo una nuova fioritura, sarebbe folle e diabolico andare controcorrente e schierarsi contro i disegni di rinnovamento e di conversione dettati da Papa Francesco. Preghiamo quindi per il Santo Padre e affinché la misericordia di Dio, la Sua grazia, lo Spirito Santo, si riversino abbondantemente, ora e sempre, sui credenti e su quanti hanno scelto di servire la Chiesa e non già di servirsene per fare carriera e stare dalla parte dei ricchi e dei potenti di questo mondo.

Salvatore Bernocco


Nel tempo e nello spazio di Dio

Anche marzo si è caratterizzato per i molteplici impegni e appuntamenti in ordine al cammino di fede che stiamo facendo. Dai momenti di adorazione eucaristica sollecitata a Napoli da Papa Francesco, alla evangelizzazione a tutti i livelli nei nostri gruppi, associazioni e movimenti compresi i genitori dei fanciulli di catechismo. Le “Via Crucis” domenicali hanno visto una larga partecipazione e ad animarle sono stati i membri del Gruppo giovanile, del Cammino Neo-Catecumenale e dei Gruppi Famiglia. E intanto abbiamo celebrato la festa cittadina di S. Giuseppe che ha registrato la presenza di moltissimi fedeli della città, così pure per la solennità della Annunciazione. Il parroco introdusse noi e le Associate della Madonna del Buon Consiglio alla Settimana Santa e vivemmo in pienezza la celebrazione della Domenica delle Palme. Ottima la riuscita della Via Crucis per i ragazzi di catechismo, animata dal gruppo giovani parrocchiale.

Luca