Miei Cari,
Il Natale è un tempo forte, fondamento della
nostra fede. È un tempo che immette nella nostra
vita un calore umano che commuove l’intimo
anche dell’uomo più duro, e ispira il desiderio di
una nuova umanità. Il Natale, in questo senso, ci
fa penetrare nel mistero di una umanità nuova,
elevando il nostro sguardo verso l’umanità del
nostro Dio. Il Natale ci fa penetrare in questa
verità: Dio si fa uomo.
Di fronte al Bambino
avvolto in poveri panni, la fede ci porta a
riconoscere la tenerezza di Dio, di un Dio che
è innamorato delle sue creature, di un Dio che
è capace di farsi piccolo e inerme per amore
dell’uomo. Ci fa contemplare l’umiltà di Dio, che
“si svuota”, “abbassandosi” per incontrarsi con la
sua crea tura che ama come se stesso.
Il “vuotarsi”
di Dio manifesta uno degli attributi più belli della
santissima Trinità: l’umiltà.
Sì, Dio è umile. Nel seno della santissima Trinità
c’è l’umiltà: il Figlio di Dio “discende”, si
“abbassa” per incontrare l’umanità, incarnandosi,
facendosi uomo, assumendo la sua fragilità e
debolezza, senza lasciare di essere Dio. Verità
stupenda, questa, che dissipa ogni oscurità, dando
senso e speranza alla vita: c’è Qualcuno che mi
ama e che non può fare a meno di amarmi; e il suo
amore porta la mia anima ad amare.
Il suo amore
si manifesta propriamente nel venire a cercarmi
per elevarmi alla grande dignità di figlio di Dio,
dandomi la certezza che in me c’è qualcosa di
meraviglioso: la linfa della vita divina.
Il Bambino
adagiato nel presepe è Colui che fa rinascere,
rivivere e finalmente risuscitare ognuno di coloro
che credono in Lui come Figlio di Dio fattosi
uomo per nostro amore. Che bellezza e che gioia
per l’umanità comprendere e vivere questi giorni
con il cuore aperto all’Incarnazione del Figlio
di Dio, alla presenza di Dio in mezzo a noi! Che
dolore e che oscurità avvolgono invece l’umanità quando non vive il Natale secondo la sua reale
essenza e il suo vero significato!
Ai nostri giorni
si cerca di diluire e dissolvere il vero senso del
Natale. Il maligno non vuole che la gente viva
l’Amore, il Perdono e la Misericordia di Dio. La
società attuale fa di questo tempo natalizio un
semplice momento sociale un po’ speciale: tra
l’altro, da società parassita che è, approfitta dei
sentimenti e del calore umano di questi giorni
utilizzandoli in modo improprio, immettendovi
- da un lato - una straordinaria pubblicità (che
pretende di colmare con dei beni materiali il
vuoto che distrugge l’uomo allontanatosi da Dio);
e - dall’altro - una falsa filantropia, invitando tutti
quanti a condividere qualcosa con qualcuno, per
sentirsi buoni e alleviare la propria coscienza.
Il Natale non è un condividere qualcosa, ma è
l’accettare e riconoscere, nel Bambino avvolto
in poveri panni nel presepe di Betlemme, il Dio
che ha dato se stesso. Lui non ha dato “qualcosa”,
ma ha dato tutta sua vita per me. Vivendo questo
Natale così come la Chiesa si aspetta da me, non
posso restarmene inerte e indolente
contemplando Gesù Bambino. Sono
chiamato ad adorarlo e a imitarlo.
Condividere “qualcosa”? No, non
condividere, …qualcosa”, ma
condividere davvero la mia vita:
se voglio vivere la pace portata da
Gesù Bambino, non posso far altro
che perdonare; se voglio vivere
felice, non posso far altro che amare,
donandomi affinché l’altro sia felice,
come ce lo ricorda la nota preghiera
attribuita a san Francesco d’Assisi:
“Dove c’è guerra, che io porti pace;
dove c’è odio, che io porti amore;
dove c’è oscurità, che io sia luce;
dove c’è tristezza, che io sia gioia;
dove ci sono dubbi, che io porti la
fede; dove c’è disperazione, che io
porti speranza”. Il santo d’Assisi,
spinto da una devozione semplice
e profonda a Gesù: il Bambino che
si fece povero per farci ricchi, e
cosciente che questa ricchezza non
consiste nel denaro, ma nell’amore,
nella misericordia, nel perdono,
nella pace e nella gioia, volle imitare
il Signore ed essere strumento
dell’amore divino in mezzo ai poveri:
nel Natale del 1223, nel paese di
Greccio, preparò il primo Presepio vivente, per
rappresentare in un modo attrattivo e commovente
il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.
In molte delle nostre case si prepara questo
avvenimento con segni esterni che ci aiutano
a penetrare nel mistero del Natale: il presepio,
l’albero di Natale, le varie decorazioni luminose, i
regali, ecc. Tutti questi sono segni che ci aprono al
mistero natalizio.
Il presepio ci trasporta idealmente in quei luoghi
e in quei momenti che ebbero la fortuna di
accogliere nel loro seno Dio stesso che nasceva
come uomo.
Nel collocare le statuine familiari
del presepio (Maria, Giuseppe, Gesù Bambino,
i pastori e i Re Magi), bisogna chiedere a Dio
che infonda nel nostro cuore quella semplicità e
quell’umiltà che hanno permesso loro di vedere
in quel Bambino il Figlio di Dio incarnato. Che
bello!
In questi personaggi sono rappresentate la
speranza e la gioia dell’intera creazione: essa tutta è in attesa; ma la sua è un’attesa non statica, ma
dinamica, perché è un camminare verso Dio, dove
tutto raggiunge la sua pienezza.
La bellezza del presepio risiede in ogni
personaggio e nell’insieme di tutti coloro che
peregrinano con un unico desiderio: incontrarsi
con il Figlio di Dio. I pastori, dopo l’annuncio
dell’angelo, decidono di comune accordo di
mettersi in cammino: andiamo a vedere di che
cosa si tratta e che cosa significa tutto questo!
Possibilmente sono mossi dalla curiosità, per
comprovare l’annuncio dell’angelo; però, essendo
uomini di grande saggezza nel discernere i
segni dei tempi, sentono qualcosa di grande nel
proprio cuore. Quell’annuncio esteriore li spinge
interiormente a mettersi in cammino. Quando
arrivano, scoprono la cosa più meravigliosa della
loro vita: un Bambino, il Salvatore annunciato,
avvolto in pannolini, cullato da Maria e Giuseppe
che lo contemplano estasiati. Quel camminare,
intrapreso nella notte, li ha condotti a vedere e a
credere. La celebrazione liturgica della nascita
di Gesù Bambino in quella Notte Santa non è un
semplice ricordare ed emozionarsi che ci fa sentire
bene e ci fa sentire buoni durante alcuni minuti,
ma è l’attualizzazione sacramentale di quella
realtà in cui Gesù Cristo viene davvero in me e in
ciascuno dei miei familiari, che precedentemente,
nella preparazione del presepio e dell’albero di
Natale, abbiamo trovato un bel modo di creare
l’ambiente propizio per raccoglierci e meditare il
grande mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.
Buon Natale a tutti.
d. Vincenzo
LA CHIESA CRESCE PER “ATTRAZIONE” NON PER PROSELITISMO
La Chiesa non è una squadra di calcio che cerca tifosi», ha detto papa Francesco alla giornalista Stefania Falasca del quotidiano Avvenire che lo intervistava il 17 novembre scorso alla
vigilia della chiusura della Porta Santa. Poi, proseguendo l’intervista, ha aggiunto: «Non si può andare dietro a Cristo se non ti porta, se non ti spinge
lo Spirito con la sua forza. Per questo è lo Spirito
l’artefice dell’unità tra i cristiani. Ecco perché dico
che l’unità si fa in cammino, perché l’unità è una
grazia che si deve chiedere, e anche perché ripeto
che ogni proselitismo tra cristiani è peccaminoso.
La Chiesa non cresce mai per proselitismo ma
«per attrazione», come ha scritto Benedetto XVI.
Il proselitismo tra cristiani quindi è in se stesso un
peccato grave».
È indubbio che alcune affermazioni del Papa hanno provocato sconcerto fra i credenti, al punto che
taluni hanno parlato finanche di una protestantizzazione del cattolicesimo. Il silenzio sulle unioni civili, fra cui quelle tra omosessuali, sul Family Day,
nonché l’elogio pubblico dell’ex presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano e della radicale ed
abortista Emma Bonino, la quale, secondo alcune
fonti ben informate, ha praticato in casa, nel 1975,
con una pompa per le biciclette, addirittura 10.141
aborti in dieci mesi, che secondo la legge dell’epoca equivalevano a diecimila omicidi. Ma questo
Papa Francesco lo sapeva? Qualche dubbio serio
affiora. Forse poteva risparmiarsi il pubblico encomio nel momento in cui si chiede ai fedeli battezzati di essere coerenti con il Vangelo. Di certo Colui
che ha detto “Lasciate che i bambini vengano a
me, perché di essi è il Regno dei Cieli” (Mt 19,14-15) non approverebbe. Ogni creatura non nata è
un’offesa al Creatore, per i cattolici è un omicidio,
tant’è vero che l’aborto è un peccato grave. Certo,
il Signore perdona qualsiasi peccato (tranne quello
contro lo Spirito Santo) purché ci sia la conversione del cuore, una profonda e dolorosa comprensione del male procurato a sé o agli altri, altrimenti
finanche la confessione non ha valore, non toglie i
peccati, ma li appesantisce ed aggrava.
Ciò detto – credo fosse necessario dirlo – il Papa,
come ho accennato,ha riecheggiato le parole del
suo predecessore, Benedetto XVI, affermando
che la Chiesa non cresce per proselitismo ma per
attrazione. Ma anche su questo punto dovremmo
riflettere a fondo. Cosa si intende dire? Non ha
detto forse il Signore: «Andate in tutto il mondo
e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16, 15-16)? Siamo nel
campo della testimonianza e dell’esempio, non del
proselitismo o delle conversioni forzate, tant’è vero
che il Signore allude alla predicazione, lasciando
quindi liberi gli uomini di credere o no. Ma vi è una
condanna per chi non avrà creduto. In che cosa
consiste questa condanna se non nella lontananza
da Dio, quindi nell’Inferno scelto volontariamente?
È come dire che uno si scava la fossa con le sue
stesse mani. È una parola dura quella di Gesù, è
un severissimo ammonimento, ma chi è credente
non può sorvolare o tentare di dare interpretazioni
eufemistiche o di comodo. Dispiace asserirlo, ma
non tutti si salveranno. Si nasce figli di Dio, ma ci
si può trasformare in figli del diavolo, liberamente
e con piena avvertenza.
Vogliamo parlare di misericordia? Certo, parliamone e applichiamola, senza tuttavia dimenticare
che fra le opere di misericordia spirituali vi è anche
quella di “ammonire i peccatori”, cominciando da
noi stessi. L’ammonimento è un atto di misericordia. Essa non va intesa come qualcosa di mieloso, ma come il suono di una sveglia, come uno
schiaffo in pieno viso! Svegliatevi, perché il Signore è vicino! Questo è il nocciolo duro di un atto di
misericordia.
Concludo con un pensiero di Padre Pio che cade
a pennello: «A me non fa tanto paura la giustizia,
quanto la misericordia di Dio», poiché della prima
non si può abusare, della seconda sì.
Salvatore Bernocco
Salvatore Bernocco
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ANNO XXX - 357
IN MARIA LA PAROLA SI È FATTA CARNE
L’Immacolata Concezione di Maria. A metà
dell’Avvento, quasi una sosta in compagnia
della Madonna, per gioire con lei dei doni
di grazia che il Signore le ha riservato. “Nostra
madre e sorella”, Maria è stata amata da Dio in un
modo del tutto unico e questo amore ha trovato in
lei una risposta totale. La sua “immacolata concezione” - cioè l’essere stata salvata da ogni peccato
fin dal concepimento - indica che Maria è l’unica
creatura che ha potuto sperimentare fin dall'inizio
la salvezza di Dio, diventando per noi modello
concreto dell’umanità redenta e immagine di speranza sicura per il genere umano. Ma ciò che Lei
ha ricevuto in dono in modo singolare (fin dal suo
concepimento) è anche la promessa che Dio realizza
in ciascuno di noi con la grazia del Battesimo, per
il quale diveniamo anche noi figli di Dio, come ci
ricorda san Paolo: «in lui ci ha scelti prima della
creazione del mondo per essere santi e immacolati
di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere
per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo».
Maria dunque è «la piena di grazia», cioè colei
che è «colma del dono di Dio». Ma per essere
“colmati” prima occorre fare spazio, svuotarsi,
farsi da parte. Proprio come ha fatto Maria, che
ha saputo mettersi in ascolto della Parola e fidarsi
dell’iniziativa di Dio, accogliendo senza riserve
nella sua vita le proposte di Dio. Tanto che in lei,
la Parola «Si è fatta carne».
È proprio la scena dell’annunciazione a farci comprendere la profondità del «SÌ» di Maria a quanto
Dio le propone. «Ecco la serva del Signore: avvenga
per me secondo la tua parola». Quanto è autentica
e concreta l'adesione di Maria! Non si perde in
chiacchiere, in mille ragionamenti, non frappone
ostacoli al Signore. Con decisione e prontezza si
fida e lascia spazio all'azione dello Spirito Santo.
Mette subito a disposizione di Dio tutto il suo essere
e la sua storia personale, perché sia la sua Parola a
plasmarli e realizzarli compiutamente. Una scelta
di fecondità, che porta frutto e vita, che diviene
“luogo” dell’Incarnazione, che dona al mondo Gesù.
Ma vale la pena sottolineare anche la prospettiva
che Maria sceglie per connotare il suo “consegnarsi”
all'amore di Dio, definendosi «la serva del Signore». Il «SÌ» di Maria a Dio diventa quindi servizio,
attenzione alle necessità altrui, disponibilità ai
bisogni del prossimo e della comunità.
Tutto questo senza clamori o “sbandieramenti”
senza “posti d’onore”: senza “celebrazioni”. Al
contrario, i Vangeli ci raccontano una presenza di
Maria contrassegnata da grande discrezione e dal
nascondimento.
Così, Maria diviene per noi oggi una proposta, un
progetto da vivere. Approfittiamo dunque di questa
festa per imparare da lei a rinnovare il nostro «SÌ»
a Dio, perché anche in noi possa compiersi la sua
Parola.
N.G.
N.G.
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ANNO XXX - 357
MARIA, UN NOME DI ECCEZIONALE SPESSORE. LA DONNA “PIENA DI GRAZIA”,CHE HA ACCETTATO DIO NELLA SUA VITA
Nell'avvento, a mezza strada verso Natale, ecco la
festa dell’Immacolata. Maria, giovane, sola, luminosa. E’ lei la Madonna? L’angelo la guarda, si inginocchia, la chiama da quello che vede in lei: è piene di
grazia! E’ un nome che potrebbe significare il rispettoso
amore per una giovane degna. Ed invece nel testo del
vangelo, dal contesto della scrittura, risulta un nome di
eccezionale spessore. Dio è la grazia, è colui che si è
dato senza compensi, senza misura. Allora: «“Piena di
grazia” significa “piena di Dio”. Ed infatti il resto della
frase. Che viene dopo, da senso chiaro a quel “piena di
grazia” aggiungendo: “Il Signore è con te”. Nella storia
dell’umanità, all'inizio, il fatto centrale da cui scaturisce
tutta la storia sacra è un avvenimento rivelatore: quello
che Dio è, quello che Dio porta all'umanità, quello che
Dio Chiede all'umanità: “Vi amo, mi do a voi totalmente.
Amatemi. Accettatemi. Entrate nella mia intimità. Se mi
amate. imparerete ad amare, a riflettere Dio nella vita.
Quanto farete, sarà ispirato dal mio amore, risplenderà
dalla grandezza di Dio che ama e amando fa ... L’uomo
se accetta Dio, ama. Se ama, fa amando. Cioè dà un
‘anima, una qualità, un valore alle sue opere: l’amore. Se
si rifiuta, si chiude. Domanda a se stesso, alla sua solitudine, alla sua povertà, al suo individualismo ispirazione,
motivo, sapore per le cose che fa. Adamo. Eva hanno
preteso di prescindere da Dio, di attingere da sé per creare. Fuori di Dio, lontano da Lui, il loro mondo (amore,
famiglia, lavoro, relazioni) non ha la sostanza che viene
da Dio: l’amore. E’ un altro il materiale di cui si sostanzia:
l’uomo, l’io dell’uomo, di colui che presume di fare la sé e
che ci da il frutto arido, canceroso, duro del suo egoismo,
del suo cuore di pietra. della sua miopia, della sua corta
veduta. Quando l’angelo si inginocchia davanti a Maria e
la chiama dalla realtà che è (piena di grazia, piena di Dio),
riconosce che Maria è la donna, che ha accettato Dio nel
suo cuore, nella sua vita. nel periodo della sua prima età,
dell’adolescenza, della giovinezza. Anzi in Maria c’è un
fatto nuovo, unico, eccezionale. Dio in vista del comportamento per cui Lei ha accettato Dio, tenendo presente
che Maria ha accanto a Cristo e con Cristo il compito di
salvare l’uomo dal peccato non soltanto accetta la eccezionale rispondenza della Madonna al suo amore, ma compie un fatto che è fuori del normale: esenta Maria
dalla condizione del peccato originale. Ogni creatura, nascendo, porta l’ombra e il peso di quel no detto da Adamo, che si riflette su tutti i suoi figli. Maria in vista della
sua missione (Madre del Salvatore, madre dei liberali dal
peccato) è esentata, preservata, prima di essere concepita, da ogni ombra di peccato originale. L’angelo che si
piega davanti a Maria, la chiama dalla realtà che è: senza
peccato personale, piena di corrispondenza all'amore di
Dio. “Il Signore è con te”. Questa è la Madonna? Questa
è la donna preparata per essere la Madonna. Ed ecco
come diventa la Madonna. Dice l’angelo: Dio ha progettato che tu concepisca e partorisca un figlio: ... Gesù,
figlio dell’Altissimo. Dice Maria.· Come avverrà questo?
Non conosco uomo. L’amore di Dio, risponde l’angelo e
spiega: l’amore di Dio scenderà sopra di te. ti avvolgerà.
ti coprirà con la sua ombra. IL bambino che nascerà da
te sarà chiamato: Figlio di Dio. Maria accetta, spalanca
tutto il suo essere (anima e corpo). accoglie Dio che si fa
uomo dentro di lei; “La tua Parola si faccia dentro di me”.
E il Verbo si fece carne ed abitò tra noi. L’Immacolata diventa Madre. Questa è la Madonna. E diventerà sempre
più la Madonna, quando nutrirà Cristo, quando lo educherà, guidando le sue facoltà umane ad aprirsi alla vita.
E diventerà sempre più la Madonna quando vede Gesù
che, fatto uomo, abbandona la sua casa e si immette
nelle vie degli uomini. Diventerà sempre più la Madonna
quando i parenti di Gesù impressionati che Cristo non
riscuote il favore generale della gente, la portano in una
casa ove la folla lo preme da tutte le parti. L’idea era di
sottrarlo alla gente e di portarlo a casa. al sicuro. A Gesù
fu riferito che erano lì la madre i i fratelli-cugini. Gesù rispose: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Mia
madre e miei fratelli sono quelli che ascoltano la parola
di Dio e la mettono in pratica. La sua maternità acquista
così le qualità, le dimensioni, la generosità del cuore del
Figlio. L’Immacolata è doppiamente madre: nella carne e
nel cuore. Questa statura di Madonna crescerà ancora.
Maria, /’immacolata, si fa grande, si fa Madonna, sulla
via del Calvario e sotto la croce. Si fa grande quando
al sepolcro, sul Cristo disteso sulla pietra si spegne la
fede di tutti (“speravamo ... ormai tutto è finito ... “). Lì,
al sepolcro. Maria, mentre accetta la morte di Cristo, è
ferma nel suo credo: Risorgerà’. Maria, l’Immacolata.
raggiunge il vertice della sua statura di donna. quando a
capo degli Apostoli si apre alla irruzione dello Spirito ed
entra in pieno in quel mistero che dal Cenacolo percorrerà il mondo. Concludendo allunghiamo e fermiamo lo
sguardo sul percorso che Maria nella storia ha superato
per venire sino a noi mentre è sui tracciali che si aprono
sul futuro. Maria, bambina, fa tenerezza. Maria, giovane.
immacolata, affascina. Maria, madre ... è lei che ci porta
Cristo. Maria, sotto la croce ... è lei che ci porta Cristo
con il cuore aperto. Maria, al sepolcro ci porta il Risorto.
Maria al cenacolo ci dice che se ami Dio devi amare i
fratelli e devi andare in cerca dei fratelli che consci o no
cercano il Fratello più grande che solo il cuore della Madre può dare. Maria senza Cristo non ha senso. non ha
valore. Cristo senza Maria è fuori della storia, immerso
nell'indefinito del mistero. Se trovi Maria la riconosci in
quel bimbo che porta tra le braccia. Se incontri Cristo
avverti il profumo della sua carne che è la carne di Maria.
GIUSEPPE LANAVE
Vescovo emerito di Andria
GIUSEPPE LANAVE
Vescovo emerito di Andria
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ANNO XXX - 357
A FIANCO DEL VESCOVO
È necessaria qualche riflessione
su alcuni comportamenti che, a
nostro avviso, hanno
ferito la comunione
nelle nostre comunità ecclesiali, creando
sconcerto tra i fedeli.
Premettiamo che il Vescovo è a capo della
Chiesa locale ed è chiamato a “governare”
la porzione di Chiesa che gli è stata affidata.
Il Vescovo è un successore degli apostoli. A
lui si deve dunque rispetto e obbedienza in
virtù della sua funzione, che è quella di far
crescere la comunità dei credenti nella fede,
nella speranza e nella carità. Le sue decisioni,
che crediamo siano ponderate, vanno dunque
osservate con umiltà e in spirito di servizio.
Aggiungiamo che va sostenuto e coadiuvato
dal popolo di Dio, semmai in una relazione
di dialogo benevolo e fraterno, senza creare sommovimenti o scossoni che turbino la
pace e la serenità all'interno della Chiesa. Se,
come abbiamo scritto in un altro articolo di
questo numero di “Fermento”, la Chiesa deve
crescere per attrazione, è necessario che si
determinino le condizioni favorevoli a questa
modalità di crescita. In caso contrario, non si
darebbe una immagine positiva della Chiesa
come corpo unico e solidale, ma piuttosto di
una congrega di gruppi in lotta tra loro ed in
conflitto con le scelte di governo del Vescovo.
Il nostro auspicio è che si mettano da parte le
divisioni e si cammini a fianco del Vescovo, il
quale va aiutato nel suo gravoso compito e
non contrastato con parole ed atteggiamenti
irriguardosi.
S.B.
S.B.
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ANNO XXX - 357
Nel tempo e nello spazio di Dio
Dopo il pellegrinaggio annuale a Pompei, la
comunità si riunì per la
celebrazione dei defunti e
l’adorazione eucaristica mensile.
Ci fu la ripresa della catechesi
a tutti i livelli, compresa quella al
gruppo uomini e alle Associate alla
Madonna del Buon Consiglio. Anche
i catechisti ebbero il loro incontro
formativo-organizzativo. Il giorno
19 andarono poi in pellegrinaggio al
cimitero ove il vescovo don Mimmo
celebrò in suffragio dei defunti. Si
tenne la Convivenza di inizio corso per i
fratelli neo-catecumenali a Mariotto. La
Comunità si portò poi presso il Santuario
della Madonna dei Martiri con le Comunità
neo-catecumenali per lucrare l’indulgenza giubilare e
il giorno 13 con una rappresentanza
della parrocchia partecipò alla
chiusura della Porta Santa in
Molfetta.
Ci ritrovammo poi per la tre sere in
onore di Cristo Re, titolare della
parrocchia e che festeggiammo
la domenica 20 mentre il 22
ci fu un concerto in onore
di S. Cecilia, partecipato
da moltissimi amici della
musica. Ci fu poi la lezione
preparatoria al periodo
liturgico dell’Avvento, mentre
il 23 ci fu l’adorazione da
parte del Gruppo di P. Pio e il
29 demmo inizio alla novena dell’Immacolata.
Luca
Luca
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ANNO XXX - 357
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