Miei Cari,
il mese eucaristico che stiamo
celebrando mi riporta a un particolare
vissuto presso una Comunità del Nord
durante la Celebrazione Eucaristica.
Prima della Comunione infatti non
viene più recitata la invocazione:
"Signore, non son degno di partecipare
alla tua mensa..." ma è stata sostituita, dall'altra:
"Signore
da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!". Mi è
sembrata una ottima sostituzione, sia
perché la precedente invocazione si
riferisce ad una situazione contingente
del servo del centurione che era in fin
di vita, sia perché per il Signore nessuno
di noi è "indegno" perché ciascuno è
amato di un amore straordinario e
sempre accolto tra le sue braccia
misericordiose. Se poi pensiamo che il
Signore - come dice il Vangelo di Luca
- "si
alzerà e passerà a servirci",
allora si avverte la necessità di ripetergli
"Signore da chi andremo?", solo con
te ci sentiamo al sicuro, lontani da ogni
disastro spirituale e da qualsiasi
tempesta della vita di ogni giorno.
Sulla stessa linghezza d'onda poi mi
ha riportato il gesto umile e
rivoluzionario di Papa Francesco che
ho visto ritratto durante la processione
del Corpus Domini: non più il Papa
genuflesso dinanzi all'Ostia Santa su
di un carro ornato di fiori e l'inginocchiatoio, ma a piedi, dietro il
carro con gli altri sacerdoti verso S. Maria Maggiore a Roma.
Un gesto altamente eloquente e
significativo:
"Signore
da chi
andremo?".
Noi non ci stancheremo di starti dietro,
per venire a vedere dove abiti e fare
continuata esperienza della tua
amicizia e del tuo amore perché noi
non ci sentiamo
"indegni",
ma abbiamo la certezza che il nostro nome è scritto
nelle tue mani nonostante i nostri limiti
e le nostre miserie che vengono da te
dimenticate. Tu Signore ci vuoi bene e
attraverso i Segni eucaristici continui
ad assicurarci e a dirci: "Non temere,
io non ti abbandono mai, sono sempre
accanto a te".
Grazie, allora, o Signore, te lo
ripeteremo ad alta voce durante la
processione eucaristica di domenica
14 giugno, mentre col cuore ancora ti
diciamo: "Signore da chi andremo?
Tu solo hai parole di vita eterna"!
Miei Cari, siano questi poveri pensieri
ad accompagnarci in questo mese
eucaristico.
Cordialmente
Don Vincenzo
Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna
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ANNO XXIX - N. 44
Il Volto di Gesù
L'evento dell'ostensione della Sindone
a Torino ci dà l'occasione di
riproporre questa meditazione.
Una persona li portò in dono un quadro con il volto di Gesù della Sindone, di grandezza naturale. Si cercò nel mio studio un posto giusto per collocarlo. Qualcuno scelse il posto centrale, dietro la scrivania. Lì per lì, tolto il quadretto di prima, non mi sembrava quello il posto giusto... "Un volto di...un cadavere - pensavo - non mi sembra stia bene, così al centro". Lasciai fare. Entrando e rientrando nello studio, guardavo quel Volto. Stava bene! Era di un morto, ma vivissimo. E mi correva alla mente la frase dell'Apocalisse: "Vidi ritto, in mezzo al trono...un Agnello, come immolato" (Ap 5,61).
Quel volto, che sembra di un "agnello ucciso", è ben vivo. È infatti il volto di "Jahvé = Io sono".
Il Volto di Colui che solo regge la Storia. L'unico che ha potuto leggerne in anticipo tutto il libro.
E un giorno, guardando quel volto, tutto pestato, morto..., mi sembrò vivissimo. E, dentro, una voce mi diceva: "Vedi quanto ti ho amato!? Chi mai ti ha amato così? Capisci qualche cosa di chi sono io? L'Amore...?" Ma, il soprannaturale, noi, non lo portiamo dentro? C'è. E se c'è, si fa sentire, non appena rimaniamo in ascolto. Si fa vedere non appena, magari ad occhi chiusi, guardiamo con gli occhi interiori...
Compresi più il canto dell'Apocalisse: "Durante la visione poi intesi voci di molti agnelli intorno al trono e agli esseri viventi e ai vegliardi. Il loro numero era di miriadi e miriadi e migliaia di migliaia (= miliardi, e miliardi. E miliardi...), e dicevano a gran voce: -l'agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione" (Ap 5,1l-12). In silenzio. Magari ad un Volto di Gesù tratto dalla Sindone, guardiamo, con gli occhi dell'anima. E, nella luce della Fede, contempliamo. Ascoltiamo. Questo morente. Questo morto che è "IL VIVENTE"
"E muore per me. d'amore".
Preghiamo
a vicenda perché l'Agnello che regge le sorti della Storia, pacifichi il mondo. Doni a tutti, con la sua Vita, la vera pace.
Una persona li portò in dono un quadro con il volto di Gesù della Sindone, di grandezza naturale. Si cercò nel mio studio un posto giusto per collocarlo. Qualcuno scelse il posto centrale, dietro la scrivania. Lì per lì, tolto il quadretto di prima, non mi sembrava quello il posto giusto... "Un volto di...un cadavere - pensavo - non mi sembra stia bene, così al centro". Lasciai fare. Entrando e rientrando nello studio, guardavo quel Volto. Stava bene! Era di un morto, ma vivissimo. E mi correva alla mente la frase dell'Apocalisse: "Vidi ritto, in mezzo al trono...un Agnello, come immolato" (Ap 5,61).
Quel volto, che sembra di un "agnello ucciso", è ben vivo. È infatti il volto di "Jahvé = Io sono".
Il Volto di Colui che solo regge la Storia. L'unico che ha potuto leggerne in anticipo tutto il libro.
E un giorno, guardando quel volto, tutto pestato, morto..., mi sembrò vivissimo. E, dentro, una voce mi diceva: "Vedi quanto ti ho amato!? Chi mai ti ha amato così? Capisci qualche cosa di chi sono io? L'Amore...?" Ma, il soprannaturale, noi, non lo portiamo dentro? C'è. E se c'è, si fa sentire, non appena rimaniamo in ascolto. Si fa vedere non appena, magari ad occhi chiusi, guardiamo con gli occhi interiori...
Compresi più il canto dell'Apocalisse: "Durante la visione poi intesi voci di molti agnelli intorno al trono e agli esseri viventi e ai vegliardi. Il loro numero era di miriadi e miriadi e migliaia di migliaia (= miliardi, e miliardi. E miliardi...), e dicevano a gran voce: -l'agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione" (Ap 5,1l-12). In silenzio. Magari ad un Volto di Gesù tratto dalla Sindone, guardiamo, con gli occhi dell'anima. E, nella luce della Fede, contempliamo. Ascoltiamo. Questo morente. Questo morto che è "IL VIVENTE"
"E muore per me. d'amore".
Preghiamo
a vicenda perché l'Agnello che regge le sorti della Storia, pacifichi il mondo. Doni a tutti, con la sua Vita, la vera pace.
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ANNO XXIX - N. 44
Verso il Convegno di Firenze: "L'umanità di Cristo; via della nostra felicità"
"Dal momento che Dio s'è fatto
uomo, voglio conoscere
quell'uomo". A ben vedere è la proposta che i Vescovi italiani hanno
rivolto alle comunità cristiane
attraverso il tema del V Convegno
Ecclesiale: in Cristo il nuovo
umanesimo. Una proposta che ci
introduce sempre più in profondità nel
Magistero degli ultimi due Pontefici.
Papa Benedetto XVI ci ha infatti ricordato nella sua prima enciclica che "all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva" (Deus Caritas est, 7,). Detto in altro modo: i discepoli di Gesù non sono i seguaci di una dottrina morale o di una ideologia, ma uomini e donne che hanno incontrato personalmente Cristo e hanno deciso di seguirlo. Inoltre Papa Francesco, nell'esortazione Evangelii Gaudium, riaffermando che i discepoli sono coloro che hanno incontrato Cristo, aggiunge che proprio per questo hanno il "cuore pieno di gioia" (n.1). Raccogliendo queste sollecitazioni, sarebbe bello poter presentare ai nostri giovani la centralità della figura di Cisto con tutta la sua ricchezza di libertà, di verità, di amicizia profonda, di appassionato amore per l'uomo...cioè come Gesù non c'è nessuno! Per incontrare e conoscere Cristo attraverso la sua umanità è necessario entrare in un triplice ascolto:
Tutto deve convergere in una duplice esperienza: "incontro" e "conoscenza" di Cristo. Non per diventare semplicemente esperti per Lui, ma per scoprire che attraverso la sua umanità possiamo percorrere la via della nostra felicità, la via che ci porta alla vita piena.
G.T.
Papa Benedetto XVI ci ha infatti ricordato nella sua prima enciclica che "all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva" (Deus Caritas est, 7,). Detto in altro modo: i discepoli di Gesù non sono i seguaci di una dottrina morale o di una ideologia, ma uomini e donne che hanno incontrato personalmente Cristo e hanno deciso di seguirlo. Inoltre Papa Francesco, nell'esortazione Evangelii Gaudium, riaffermando che i discepoli sono coloro che hanno incontrato Cristo, aggiunge che proprio per questo hanno il "cuore pieno di gioia" (n.1). Raccogliendo queste sollecitazioni, sarebbe bello poter presentare ai nostri giovani la centralità della figura di Cisto con tutta la sua ricchezza di libertà, di verità, di amicizia profonda, di appassionato amore per l'uomo...cioè come Gesù non c'è nessuno! Per incontrare e conoscere Cristo attraverso la sua umanità è necessario entrare in un triplice ascolto:
- della Parola: attraverso l'incontro vivo con Gesù vivo, che aiuta ad incontrare e conoscere Cisto nell'ascolto profondo della sua Parola, per vivere con Lui in una relazione personale.
- del fratello: il conseguimento della vita piena diventa realizzabile se si vive nella logica della carità indicata da Gesù nella parabola del samaritano: "fa' questo e vivrai!" e nel racconto del giudizio finale dell'evangelista Matteo al capito lo "25° del suo Vangelo: "l'avete fatto a me";
- della "realtà storica": siamo chiamati non solo a servire Cristo nel fratello, ma anche a contribuire all'edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa. Seguiremo la proposta della Traccia di preparazione del Convegno di Firenze, costituita da cinque verbi tratti dal Magistero di Papa Francesco. Si tratta di cinque piste di riflessione che devono diventare cinque luoghi d'azione: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.
Tutto deve convergere in una duplice esperienza: "incontro" e "conoscenza" di Cristo. Non per diventare semplicemente esperti per Lui, ma per scoprire che attraverso la sua umanità possiamo percorrere la via della nostra felicità, la via che ci porta alla vita piena.
G.T.
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ANNO XXIX - N. 44
Oscar Romero: "Un vescovo potrà morire, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non perirà mai"
Papa Francesco, con proprio decreto
del 3 febbraio 2015, ha riconosciuto
il martirio in odium fidei di
monsignor Oscar Arnulfo Romero y
Galdamez (Ciudad Barrios, 15 agosto
l9l7
-
San Salvador ,
24 marzo 1980), che
è stato elevato alla gloria degli altari,
come beato, in una solenne celebrazione
in San Salvador, il 23 maggio 2015. La
sua festa è stata fissata al 24 marzo,
giorno della sua uccisione, giornata
proclamata dalle Nazioni Unite quale
giornata internazionale per il diritto alla
verità sulle gravi violazioni dei diritti
umani e per la dignità delle vittime.
Nacque, secondo di otto fratelli, da una
famiglia di umili origini. Manifestato il
desiderio di diventare sacerdote, ricevette
la sua prima formazione nel seminario di
San Miguel (1930). I suoi superiori,
notando la sua predisposizione agli studi e
la docilità alla disciplina ecclesiastica, lo
mandarono a Roma. Compì la sua
formazione accademica nella Pontificia
Università Gregoriana negli anni dal 1937
al 1942, nella Facoltà di Teologia,
conseguendo il baccellierato, la licenza e
continuando con l'iscrizione a un anno del
ciclo di dottorato.
Ordinato sacerdote il 4 aprile 1942, svolse
il suo ministero di parroco per pochi anni.
In seguito fu segretario di Miguel Angel
Machado, vescovo di San Miguel. Venne
poi chiamato a essere segretario della
Conferenza episcopale di El Salvador.
II 25 aprile 1970 venne nominato vescovo
ausiliare di San Salvador, ricevendo
l'ordinazione episcopale il 21 giugno
1970. Diventò così il collaboratore
principale di Luis Chavez y Gonzalez, uno
dei protagonisti della Seconda conferenza
del l'episcopato latinoamericano a
Medellin (1968).
Il l5 ottobre 1974 venne nominato vescovo di Santiago de Maria, nello stesso Stato di El Salvador, uno dei territori più poveri della nazione. Il contatto con la vita reale della popolazione, stremata dalla povertà e oppressa dalla feroce repressione militare che voleva mantenere la classe più povera soggetta allo sfruttamento dei latifondisti locali, provocò in lui una profonda conversione, nelle convinzioni teologiche e nelle scelte pastorali, anche grazie all'influenza del gesuita Jon Sobrino, esponente di punta della teologia della liberazione. I fatti di sangue, sempre più frequenti, che colpirono persone e collaboratori a lui cari, 1o spinsero alla denuncia delle situazioni di violenza che riempivano il Paese. La nomina ad arcivescovo di San Salvador, il 3 febbraio 1977, lo trovò pienamente schierato dalla parte dei poveri, e in aperto contrasto con le stesse famiglie che lo sostenevano e che auspicavano in lui un difensore dello status quo politico ed economico. Romero rifiutò l'offerta della costruzione di un palazzo vescovile, scegliendo una piccola stanza nella sagrestia della cappella dell'Ospedale della Divina Provvidenza. dove erano ricoverati i malati terminali di cancro.
La morte di padre Rutilio Grande, gesuita, suo amico e collaboratore. assassinato assieme a due catecumeni appena un mese dopo il suo ingresso in diocesi, divenne l'evento che aprì la sua azione di denuncia profetica, che portò la chiesa salvadoregna a pagare un pesante tributo di sangue.
L'esercito, guidato dal partito al potere, arrivò a profanare e occupare le chiese, come ad Aguilares, dove vennero sterminati più di 200 fedeli. "Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!" gridò all'esercito e alla polizia. Le sue catechesi, le sue omelie, trasmesse della radio diocesana, vennero ascoltate anche all'estero, diffondendo la conoscenza della situazione di degrado che la guerra civile stava compiendo nel Paese. La sua popolarità crescente, in El Salvador e in tutta l'America latina, e la vicinanza del suo popolo, furono in contrasto con 1'opposizione di parte dell'episcopato, e soprattutto con la diffidenza di papa Paolo VI.
Il 24 giugno 1978, in udienza da quest'ultimo, denunciò:"Lamento,Santo Padre, che nelle osservazioni presentatemi qui in Roma sulla mia condotta pastorale prevale un'interpretazione negativa che coincide esattamente con le potentissime forze che là, nella mia arcidiocesi, cercano di frenare e screditare il mio sforzo apostolico".
Per le sue posizioni teologiche favorevoli alla teologia della liberazione ebbe sempre un cattivo rapporto con Paolo VI e non riuscì a ottenere l'appoggio del nuovo papa Giovanni Paolo II, che tenne conto delle sue notevoli capacità pastorali e della sua fedeltà al vangelo, ma fu molto cauto per il timore di una sua eventuale compromissione con ideologie politiche, in realtà infondata nel caso di Romero che era decisamente ortodosso, creando ostacoli tra l'America Latina e la Santa Sede.
Il 2 febbraio 1980, a Lovanio, in Belgio, ricevette la laurea honoris causa per il suo impegno come difensore dei poveri. Il 23 marzo 1980 l'arcivescovo invitò apertamente gli ufficiali e tutte le forze armate a non eseguire gli ordini, se questi erano contrari alla morale umana. Disse: "Io vorrei fare un appello particolare agli uomini dell'Esercito e in concreto alla base della Guardia Nazionale, della Polizia, delle caserme: Fratelli, appartenete al nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli contadini: ma rispetto a un ordine di uccidere dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice "Non uccidere". Nessun soldato è tenuto ad obbedire ad un ordine contrario alla Legge di Dio. Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: "Cessi la repressione!"".
Il giorno dopo (24 marzo), mentre stava celebrando la messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza, fu ucciso da un sicario su mandato di Roberto D'Aubuisson, leader del partito nazionalista conservatore ARENA (Alianza Republicana Nacionalista). Nell'omelia aveva ribadito la sua denuncia contro il governo di El Salvador, che aggiomava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che restavano squarciati dalle esplosioni. L'assassino sparò un solo colpo, che recise la vena giugulare mentre Romero elevava l'ostia nella consacrazione. Morì alle 18:26 di lunedì 24 marzo 1980. Giovanni Paolo II non presenziò al funerale, ma delegò a presiedere la celebrazione Ernesto Corripio y Ahumada, arcivescovo di Città del Messico. Durante le esequie l'esercito aprì il fuoco sui fedeli, compiendo un nuovo massacro. Il 6 marzo 1983 Giovanni Paolo II rese omaggio a Romero, venerato già come un santo dal suo popolo, sulla sua tomba, nonostante le pressioni del govemo salvadoregno.
Salvatore Bernocco
Il l5 ottobre 1974 venne nominato vescovo di Santiago de Maria, nello stesso Stato di El Salvador, uno dei territori più poveri della nazione. Il contatto con la vita reale della popolazione, stremata dalla povertà e oppressa dalla feroce repressione militare che voleva mantenere la classe più povera soggetta allo sfruttamento dei latifondisti locali, provocò in lui una profonda conversione, nelle convinzioni teologiche e nelle scelte pastorali, anche grazie all'influenza del gesuita Jon Sobrino, esponente di punta della teologia della liberazione. I fatti di sangue, sempre più frequenti, che colpirono persone e collaboratori a lui cari, 1o spinsero alla denuncia delle situazioni di violenza che riempivano il Paese. La nomina ad arcivescovo di San Salvador, il 3 febbraio 1977, lo trovò pienamente schierato dalla parte dei poveri, e in aperto contrasto con le stesse famiglie che lo sostenevano e che auspicavano in lui un difensore dello status quo politico ed economico. Romero rifiutò l'offerta della costruzione di un palazzo vescovile, scegliendo una piccola stanza nella sagrestia della cappella dell'Ospedale della Divina Provvidenza. dove erano ricoverati i malati terminali di cancro.
La morte di padre Rutilio Grande, gesuita, suo amico e collaboratore. assassinato assieme a due catecumeni appena un mese dopo il suo ingresso in diocesi, divenne l'evento che aprì la sua azione di denuncia profetica, che portò la chiesa salvadoregna a pagare un pesante tributo di sangue.
L'esercito, guidato dal partito al potere, arrivò a profanare e occupare le chiese, come ad Aguilares, dove vennero sterminati più di 200 fedeli. "Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!" gridò all'esercito e alla polizia. Le sue catechesi, le sue omelie, trasmesse della radio diocesana, vennero ascoltate anche all'estero, diffondendo la conoscenza della situazione di degrado che la guerra civile stava compiendo nel Paese. La sua popolarità crescente, in El Salvador e in tutta l'America latina, e la vicinanza del suo popolo, furono in contrasto con 1'opposizione di parte dell'episcopato, e soprattutto con la diffidenza di papa Paolo VI.
Il 24 giugno 1978, in udienza da quest'ultimo, denunciò:"Lamento,Santo Padre, che nelle osservazioni presentatemi qui in Roma sulla mia condotta pastorale prevale un'interpretazione negativa che coincide esattamente con le potentissime forze che là, nella mia arcidiocesi, cercano di frenare e screditare il mio sforzo apostolico".
Per le sue posizioni teologiche favorevoli alla teologia della liberazione ebbe sempre un cattivo rapporto con Paolo VI e non riuscì a ottenere l'appoggio del nuovo papa Giovanni Paolo II, che tenne conto delle sue notevoli capacità pastorali e della sua fedeltà al vangelo, ma fu molto cauto per il timore di una sua eventuale compromissione con ideologie politiche, in realtà infondata nel caso di Romero che era decisamente ortodosso, creando ostacoli tra l'America Latina e la Santa Sede.
Il 2 febbraio 1980, a Lovanio, in Belgio, ricevette la laurea honoris causa per il suo impegno come difensore dei poveri. Il 23 marzo 1980 l'arcivescovo invitò apertamente gli ufficiali e tutte le forze armate a non eseguire gli ordini, se questi erano contrari alla morale umana. Disse: "Io vorrei fare un appello particolare agli uomini dell'Esercito e in concreto alla base della Guardia Nazionale, della Polizia, delle caserme: Fratelli, appartenete al nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli contadini: ma rispetto a un ordine di uccidere dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice "Non uccidere". Nessun soldato è tenuto ad obbedire ad un ordine contrario alla Legge di Dio. Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: "Cessi la repressione!"".
Il giorno dopo (24 marzo), mentre stava celebrando la messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza, fu ucciso da un sicario su mandato di Roberto D'Aubuisson, leader del partito nazionalista conservatore ARENA (Alianza Republicana Nacionalista). Nell'omelia aveva ribadito la sua denuncia contro il governo di El Salvador, che aggiomava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che restavano squarciati dalle esplosioni. L'assassino sparò un solo colpo, che recise la vena giugulare mentre Romero elevava l'ostia nella consacrazione. Morì alle 18:26 di lunedì 24 marzo 1980. Giovanni Paolo II non presenziò al funerale, ma delegò a presiedere la celebrazione Ernesto Corripio y Ahumada, arcivescovo di Città del Messico. Durante le esequie l'esercito aprì il fuoco sui fedeli, compiendo un nuovo massacro. Il 6 marzo 1983 Giovanni Paolo II rese omaggio a Romero, venerato già come un santo dal suo popolo, sulla sua tomba, nonostante le pressioni del govemo salvadoregno.
Salvatore Bernocco
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ANNO XXIX - N. 44
Nel tempo e nello spazio di Dio
Come negli anni precedenti, maggio
è stato denso di attività
pastorali, soprattutto
in ordine agli incontri di
catechesi riassuntivi
dell'anno e in preparazione
alla ricezione dei sacramenti:
il 17 maggio infatti c'è stata la
Prima Confessione, il 30 invece l'amministrazione della Cresima
da parte del vescovo don Gino.
Sono stati preceduti dal ritiro
spirituale presso il Santuario di
Calentano. Come ogni anno,
molto partecipata è stata la novena
a S. Rita e la festa della santa. La
celebrazione della sera ha
comportato la necessità di procedere alla
benedizione delle rose in piazza Castello:
la navata della chiesa non gliela avrebbe
fatta. Simpatico è stato un momento di festa intorno al parroco la sera del 21 maggio, mentre nei giorni
successivi si è tenuto
l'incontro con gli adulti e il
gruppo famiglia parrocchiale. Lo scambio di
esperienze e l'affetto
reciproco fanno sì che il
mondo degli adulti
cammini nella fraternità
nella formazione di una parrocchia secondo le
direttive del Concilio. Festosa l'accoglienza riservata al vescovo
don Gino la sera del 30 quando ha conferito il
sacramento della Cresima,
concludendo cosi il mese mariano. Come in ogni mese non è mancato il momento dell'adorazione eucaristica il primo giovedì del mese e il giorno 23 nel ricordo di P. Pio.
Luca
Luca
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ANNO XXIX - N. 44
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