Papa Francesco, con proprio decreto
del 3 febbraio 2015, ha riconosciuto
il martirio in odium fidei di
monsignor Oscar Arnulfo Romero y
Galdamez (Ciudad Barrios, 15 agosto
l9l7
-
San Salvador ,
24 marzo 1980), che
è stato elevato alla gloria degli altari,
come beato, in una solenne celebrazione
in San Salvador, il 23 maggio 2015. La
sua festa è stata fissata al 24 marzo,
giorno della sua uccisione, giornata
proclamata dalle Nazioni Unite quale
giornata internazionale per il diritto alla
verità sulle gravi violazioni dei diritti
umani e per la dignità delle vittime.
Nacque, secondo di otto fratelli, da una
famiglia di umili origini. Manifestato il
desiderio di diventare sacerdote, ricevette
la sua prima formazione nel seminario di
San Miguel (1930). I suoi superiori,
notando la sua predisposizione agli studi e
la docilità alla disciplina ecclesiastica, lo
mandarono a Roma. Compì la sua
formazione accademica nella Pontificia
Università Gregoriana negli anni dal 1937
al 1942, nella Facoltà di Teologia,
conseguendo il baccellierato, la licenza e
continuando con l'iscrizione a un anno del
ciclo di dottorato.
Ordinato sacerdote il 4 aprile 1942, svolse
il suo ministero di parroco per pochi anni.
In seguito fu segretario di Miguel Angel
Machado, vescovo di San Miguel. Venne
poi chiamato a essere segretario della
Conferenza episcopale di El Salvador.
II 25 aprile 1970 venne nominato vescovo
ausiliare di San Salvador, ricevendo
l'ordinazione episcopale il 21 giugno
1970. Diventò così il collaboratore
principale di Luis Chavez y Gonzalez, uno
dei protagonisti della Seconda conferenza
del l'episcopato latinoamericano a
Medellin (1968).
Il l5 ottobre 1974 venne nominato
vescovo di Santiago de Maria, nello stesso
Stato di El Salvador, uno dei territori più
poveri della nazione. Il contatto con la vita
reale della popolazione, stremata dalla
povertà e oppressa dalla feroce
repressione militare che voleva mantenere
la classe più povera soggetta allo
sfruttamento dei latifondisti locali,
provocò in lui una profonda conversione,
nelle convinzioni teologiche e nelle scelte
pastorali, anche grazie all'influenza del
gesuita Jon Sobrino, esponente di punta
della teologia della liberazione.
I fatti di sangue, sempre più frequenti, che
colpirono persone e collaboratori a lui
cari, 1o spinsero alla denuncia delle
situazioni di violenza che riempivano il
Paese. La nomina ad arcivescovo di San
Salvador, il 3
febbraio 1977, lo trovò
pienamente schierato dalla parte dei poveri, e in aperto contrasto con le stesse famiglie che lo sostenevano e che auspicavano in lui un difensore dello
status quo politico ed economico. Romero
rifiutò l'offerta della costruzione di un
palazzo vescovile, scegliendo una piccola
stanza nella sagrestia della cappella
dell'Ospedale della Divina Provvidenza.
dove erano ricoverati i malati terminali di
cancro.
La morte di padre Rutilio Grande, gesuita,
suo amico e collaboratore. assassinato
assieme a due catecumeni appena un mese
dopo il suo ingresso in diocesi, divenne
l'evento che aprì la sua azione di denuncia profetica, che portò la chiesa salvadoregna
a pagare un pesante tributo di sangue.
L'esercito, guidato dal partito al potere,
arrivò a profanare e occupare le chiese,
come ad Aguilares, dove vennero
sterminati più di 200 fedeli.
"Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome
di Dio: cessi la repressione!" gridò
all'esercito e alla polizia. Le sue catechesi,
le sue omelie, trasmesse della radio
diocesana, vennero ascoltate anche
all'estero, diffondendo la conoscenza della
situazione di degrado che la guerra civile
stava compiendo nel Paese. La sua
popolarità crescente, in El Salvador e in
tutta l'America latina, e la vicinanza del
suo popolo, furono in contrasto con
1'opposizione di parte dell'episcopato, e
soprattutto con la diffidenza di papa Paolo VI.
Il 24 giugno 1978, in udienza da
quest'ultimo, denunciò:"Lamento,Santo
Padre, che nelle osservazioni presentatemi
qui in Roma sulla mia condotta pastorale
prevale un'interpretazione negativa che
coincide esattamente con le potentissime
forze che là, nella mia arcidiocesi, cercano
di frenare e screditare il mio sforzo
apostolico".
Per le sue posizioni teologiche favorevoli alla teologia della liberazione ebbe sempre un cattivo rapporto con Paolo VI e non riuscì a ottenere l'appoggio del nuovo
papa Giovanni Paolo II, che tenne conto
delle sue notevoli capacità pastorali e della
sua fedeltà al vangelo, ma fu molto cauto
per il timore di una sua eventuale
compromissione con ideologie politiche,
in realtà infondata nel caso di Romero che
era decisamente ortodosso, creando
ostacoli tra l'America Latina e la Santa
Sede.
Il 2 febbraio 1980, a Lovanio, in Belgio,
ricevette la laurea honoris causa per il suo
impegno come difensore dei poveri.
Il 23 marzo 1980 l'arcivescovo invitò
apertamente gli ufficiali e tutte le forze
armate a non eseguire gli ordini, se questi
erano contrari alla morale umana. Disse:
"Io vorrei fare un appello particolare agli
uomini dell'Esercito e in concreto alla
base della Guardia Nazionale, della
Polizia, delle caserme: Fratelli,
appartenete al nostro stesso popolo,
uccidete i vostri stessi fratelli contadini:
ma rispetto a un ordine di uccidere dato da
un uomo deve prevalere la legge di Dio
che dice "Non uccidere". Nessun soldato è
tenuto ad obbedire ad un ordine contrario
alla Legge di Dio. Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: "Cessi
la
repressione!"".
Il giorno dopo (24 marzo), mentre stava
celebrando la messa nella cappella
dell'ospedale della Divina Provvidenza, fu
ucciso da un sicario su mandato di
Roberto D'Aubuisson, leader del partito
nazionalista conservatore ARENA
(Alianza Republicana Nacionalista).
Nell'omelia aveva ribadito la sua denuncia
contro il governo di El Salvador, che
aggiomava quotidianamente le mappe dei
campi minati mandando avanti bambini
che restavano squarciati dalle esplosioni.
L'assassino sparò un solo colpo, che recise
la vena giugulare mentre Romero elevava l'ostia nella consacrazione. Morì alle
18:26 di lunedì 24 marzo 1980. Giovanni
Paolo II non presenziò al funerale, ma
delegò a presiedere la celebrazione
Ernesto Corripio y Ahumada, arcivescovo
di Città del Messico. Durante le esequie
l'esercito aprì il fuoco sui fedeli,
compiendo un nuovo massacro. Il 6 marzo
1983 Giovanni Paolo II rese omaggio a
Romero, venerato già come un santo dal
suo popolo, sulla sua tomba, nonostante le
pressioni del govemo salvadoregno.
Salvatore Bernocco