Nel commento del vescovo di Milano una singolare interpretazione dell’episodio evangelicoChi è il buon ladrone? La domanda è, in un certo senso, banale, e tutti ci rimanderebbero a leggere la pagina del vangelo secondo Luca (23, 39-43), che la liturgia ci ha recentemente offerto nella lettura della Passione: il buon ladrone è il crocifisso che, dopo aver riconosciuto la propria colpa, ha invocato da Gesù di essere introdotto nel suo regno e si è sentito rispondere:
“Oggi sarai con me nel paradiso”.
Qualcuno, attingendo alla lussureggiante letteratura apocrifa, ce ne potrebbe specificare il nome, Disma, o anche raccontarci il delicato gesto di bontà che egli avrebbe compiuto in aiuto della santa famiglia in fuga dall’Egitto: faceva parte, il nostro Disma, di una banda di briganti ma, incontrando quei poveri esuli ebrei, non solo non fece loro alcun male, ma li protesse e li aiutò, e ricevette in cambio da Maria la promessa di una ricompensa futura, puntualmente attuata per lui da Gesù in croce. Lasciamo da parte questa narrazione leggendaria, pur così ricca di umanità e di speranza e torniamo alla domanda iniziale: chi è il buon ladrone?
Benedetto XVI citava alcune espressioni dal commento di sant’Ambrogio a questa pagina del vangelo (tratto dalla sua Esposizione del Vangelo secondo Luca): il buon ladrone, ricordava il vescovo di Milano riprendendo la narrazione evangelica, “pregava che il Signore si ricordasse di lui, quando fosse giunto nel suo Regno, ma il Signore gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso””; E proprio in questa meravigliosa risposta di Gesù, Ambrogio rinveniva un preciso, luminoso insegnamento: “La vita è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo là c’è il Regno” (10,121: Sancti Ambrosii episcopi Mediolanensis opera, 12, pagina 479).
Sin qui la citazione del Papa. Ma possiamo continuare a leggere il commento del vescovo di Milano e trovare, poco più innanzi, una singolare sorpresa, proprio riguardo al “buon ladrone”. Infatti, dopo aver annotato la malvagità del gesto di “crocifiggere come un malfattore(quasi latronem) il Redentore di tutti” sant’Ambrogio soggiunge: “ma nel mistero - cioè nell’interpretazione più profonda, che attinge alla pienezza del mistero della salvezza - egli [Gesù, il Redentore] è un eccellente malfattore (bonus latro), perché ha teso un agguato al diavolo e gli ha portato via la sua roba (10, 123: Ivi, 12, pagina 481).
Con fine ironia ci viene così fatto notare che questa volta (solo questa volta, per carità) è stato commesso un furto pienamente giustificabile - un buon furto! - ed è veramente un Buon ladrone colui che l’ha compiuto, lo stesso Cristo nostro signore che ha sottratto al tentatore quell’umanità che, ingenuamente e pretenziosamente, pensava di aver fatta una volta per tutte, dai giorni della caduta di Adamo nel primo paradiso.
Questa riflessione doveva essere gradita dal vescovo di Milano, perché altre volte la utilizza nella sua predicazione anche con maggior ampiezza e vivacità, pur non impiegando esplicitamente il titolo di Buon Ladrone qui espressamente attribuito a Gesù.
È il caso del Commento al salmo 40, là dove veniva presentata la splendida vittoria compiuta da Cristo contro il tentatore nell’apparente debolezza della sua passione.
Per far capire ai suoi ascoltatori il pensiero che poi andrà spiegando, Ambrogio comincia col descrivere loro la tattica usata dai lottatori nelle gare allo stadio: essi infatti “si abbassano sotto gli attacchi e i colpi e danno l’impressione di poter essere sconfitti; ma improvvisamente, quando pare che siano oramai schiacciati dal peso dell’avversario, ecco che, con abile mossa, si rivoltano e atterrano l’avversario che stava sopra. Quello che stava sopra cade e quello che stava sotto viene a trovarsi sopra e a schiacciare a sua volta”.
Nessuno ci toglie il sospetto che il nostro vescovo, quando ancora era governatore o anche nella sua giovinezza romana, abbia assistito a queste scene, seguendole con gusto e rimanendo vivamente colpito. Ma ora che tutto gli serve per insegnare un’esperienza più grande e più incisiva per la vita umana, eccolo compiere una vivace trasposizione:
“Allo stesso modo, in una lotta spirituale, il Signore Gesù, con i nostri pesi addosso, si è abbassato sotto l’attacco della sua passione ed è parso debole, perché l’avversario lo ritenesse uomo al pari di tutti gli altri, facile da sconfiggere: così ha deposto le armi della divinità per difendersi con lo scudo da uomo”.
Che cosa è allora accaduto grazie a questa umiliazione e annichilimento, nel quale la divinità si è nascosta nella kènosis dell’umanità assunta?
È a questo punto che, nel commento di Ambrogio, vediamo ancora affiorare l’immagine dell’inganno salutare, compiuto per noi dal bonus latro Gesù:
“Con la sicumera del vincitore, il tentatore si è avvicinato ancor di più; lo ha voluto ferire alla costola con la lancia del soldato (cfr Giovanni, 19, 34), pensando di poter sconfiggere anche lui, come Adamo, nella costola. Ma, ferito al costato, il Signore Gesù ha sprizzato vita dalla ferita; ha annientato ogni peccato; ha abbattuto l’avversario, a cui ha sottratto la morte del ladrone e, in quella morte, in quella sepoltura corporale, quando sembrava schiacciato a terra, si è rivoltato per forza propria; è caduto l’avversario; il Signore è risorto”.
Si conceda di giocare un poco con le immagini, sulla scia del brano appena citato, quasi a sintetizzare il tutto: Gesù è il Buon Ladrone, perché ha strappato al diavolo - che per antonomasia è ladro della nostra vita e della nostra felicità - il ladrone in croce, compiendo un inganno meraviglioso in cui viene donata la giustizia e salvezza all’intera umanità.
Cesare Pasini
(foto: G. Valerio: XII Stazione della Via Crucis nella chiesa del SS. Redentore)