Cioè? Candelora

“Per la Candelora dall’inverno semo fora
ma se piove e tira vento nell’inverno semo drento”.

Ecco un proverbio interessato alla previsione del tempo, ma che riporta anche il nome popolare di una festa religiosa cristiana. E’ la festa della presentazione al tempio di Gesù (una volta detta della “Purificazione della Madonna”) che ricorre il due febbraio, nella quale si benedicono le candele: dal latino medievale “festum candelarum”, cioè festa delle candele, il popolo ha derivato il termine Candelora:
Nella primitiva Chiesa orientale la festa era chiamata occursus, in latino, e Ypapantè in greco. E Paolo VI spiega che “Il nome voleva significare l’incontro; l’incontro, cioè, di Gesù bambino portato al Tempio di Gerusalemme dopo quaranta giorni dalla sua nascita, secondo la legge mosaica, per essere offerto a Dio come a lui appartenente. Sappiamo tutti che nello svolgimento di questo rito legale e insieme religioso avvenne l’incontro con il vecchio Simeone che, invaso dallo Spirito Santo, riconobbe in Gesù il Messia e Lo proclamò “Luce per illuminare le genti…”.
Ma in che giorno cadeva esattamente la festa?
La data scelta per la festa, istituita da Papa Gelasio I nel 492, fu dapprima il 15 febbraio (40 giorni dopo la nascita di Gesù, che allora l’Oriente celebrava il 6 gennaio), in conformità alla legge ebraica che imponeva questo spazio di tempo tra la nascita di un bambino e la purificazione di sua madre. Quando la festa nei secoli VI e VII si estese in Occidente, fu anticipata al 2 febbraio perché la nascita di Gesù era celebrata il 25 dicembre.
E a Roma la celebrazione fu unita ad una cerimonia penitenziale svolta in contrapposizione ai riti pagani delle “lustrazioni”. In seguito la festa si appropriò della processione di penitenza per farne quasi un’imitazione della Presentazione di Gesù al tempio.
Nel secolo ottavo, poi, papa Sergio I, di origine orientale, fece tradurre in latino i canti della festa greca, che furono adottati per la processione romana. E due secoli dopo la Gallia organizzò una solenne benedizione delle candele usate in questo rito: nel secolo successivo fu aggiunta l’antifona “Lumen ad revelationem gentium” con il cantico di Simeone (Nunc dimittis).
A volte il fervore popolare ha potuto anche esagerare, in buona fede, nella celebrazione di questa festa con trovate davvero suggestive, ma la sua solennità resta legata all’idea di purificazione, necessaria per incontrarsi con il sacro, e all’immagine stessa della candela. La simbologia riferita al cero benedetto è molto variegata e nei secoli scorsi è divenuta fulcro di interpretazioni locali. Se la confezione delle candele, ornate con variopinte decorazioni, cambiava da paese a paese assumendo talvolta proporzioni di industria, a Napoli la festa prendeva toni molto vivaci, con un grande sfarzo di candele e di fiaccole ornate di mille colori, di stemmi di chiese e di case nobiliari.
E a Roma? Dal tempo di Papa Gregorio XVI intorno alla Basilica di San Pietro una processione vedeva la partecipazione attenta di nobili e ambasciatori. Poi, con un solenne cerimoniale, erano deposte sull’altare alcune candele legate da un fiocco di seta rosso e argento recante lo stemma pontificio e il cerimoniere ne sceglieva tre: la più piccola veniva consegnata al Papa e le altre due ai diaconi che servivano all’altare. Benedette le candele, il Pontefice donava la propria al cerimoniere insieme al ‘paramano’ di seta bianca che proteggeva le dita dalla scolatura della cera. Il Papa poi impartiva la benedizione mentre i presenti intonavano il canto “Lumen ad revelationem gentium”.
Quasi ovunque, il cero benedetto veniva poi conservato in casa e acceso per devozione in occasioni particolari, come malattia, morte e grandine.


Leo Dani