Al voto con difficoltà

Il 24 e 25 febbraio si vota per Camera e Senato della Repubblica. È un grande pasticcio, o almeno così lo intende la gente comune, quella che dovrà – se lo vorrà – recarsi alle urne per depositarvi la scheda elettorale. È la sensazione prevalente. Ed è una sensazione giustificata. Dopo il governo tecnico di Monti, persona di tutto rispetto, si pone il dilemma di quale maggioranza dovrà governare l’Italia nei prossimi cinque anni, che saranno anni difficili sia per l’economia che sul piano sociale. Si parla di timida ripresa economica, ma sembra più un auspicio che una previsione fondata. Stando alle mie modeste conoscenze di economia, i cicli negativi durano almeno dieci anni. I professori non lo dicono, ma la verità è questa. A farne le spese non sarà chi gode di ricchezze, ma i soliti noti, il ceto medio, le famiglie monoreddito, i giovani che non trovano lavoro, le aziende in difficoltà, i commercianti, i pensionati con pensioni da fame. L’indignazione verso la classe politica è giustificata. Oggi, in queste condizioni, godere di prebende, privilegi e stipendi e pensioni d’oro è un’offesa all’uomo e a Dio. I seguaci del dio denaro non rinunceranno facilmente ai loro privilegi. Chiusi nel recinto del loro egoismo, serreranno i ranghi. Forse cambierà tutto perché nulla cambi, nella migliore tradizione italiana. Ma andiamo alle elezioni. Si vota col Porcellum, definito una porcata perfino dal suo ideatore. E lo è. Non possiamo esprimere una preferenza, ma dobbiamo votare la lista. È una limitazione del diritto di voto, nel senso che ci è impedito di scegliere. Sì, d’accordo, il PD e SEL hanno fatto le primarie, ma poi i posti in lista li hanno decisi a Roma o i leader, tenendo in scarsa considerazione il territorio e le sue energie migliori. E ai primi posti di Camera e Senato, sia a destra che a sinistra che al centro, ci sono nomi che destano perplessità. Non vorrei essere tacciato di demagogia, ma ci sarebbe, questa volta, da restarsene a casa o votare scheda bianca o nulla. Se fosse estate sarebbe preferibile andare al mare. Siccome siamo a febbraio, si potrebbe sostituire il mare con una gita in una città d’arte. Tuttavia, votare è un diritto ed è un dovere. Il diritto di voto è stato conquistato a caro prezzo. Cosa dire, in ultima analisi? Rechiamoci alle urne ed esprimiamo un voto il più possibile consapevole. La convinzione assoluta non vi sarà o sarà solo dei militanti. Gli altri dovranno fare i conti col dubbio e con lo sdegno.

S.B.