Mentre accogliamo con gioia e speranza in nostro nuovo vescovo (che qualche anno fa animò un incontro del Gruppo Famiglia del SS. Redentore), mons. Domenico Cornacchia, al quale auguriamo una missione feconda e generosa, ritengo importante collegare questo evento all’Anno Santo della Misericordia che la Chiesa universale sta celebrando. In questo contesto assume altresì rilevanza la presenza a Roma, per un periodo di tempo limitato, di due santi che hanno messo al centro della loro vita l’amore misericordioso del Padre, due confessori eccezionali, Padre Pio da Pietrelcina e Leopoldo Mandic, quest’ultimo meno conosciuto del primo, piccolo di statura (era alto un metro e trentacinque centimetri), ma grande nel suo quotidiano impegno di sottrarre anime al nemico dell’uomo. San Leopoldo, per chi non lo sapesse, fu un grande confessore in quel di Padova, città di un altro grande santo, Antonio. La misericordia del Padre passa attraverso la carità, la preghiera, la confessione e la comunione. Il mistero eucaristico rimane il fulcro della presenza di Dio fra noi e lo strumento per riottenere la pace interiore, per riannodare il rapporto speciale fra il penitente ed il suo Signore che il peccato recide. Qualche anno addietro ebbi l’onore di conoscere un’anima mistica nei pressi di Roma, la quale, nel corso della confessione, mi suggerì tre rimedi contro gli assalti del male: lettura di libri buoni; confessione; comunione frequente. La confessione è quindi un momento centrale nel contesto del disegno di salvezza che concerne – o dovrebbe concernere – ogni uomo che sia consapevole che viene da Dio e a Lui dovrà fare ritorno per ricevere il premio o la pena eterna. Alcune letture superficiali del Vangelo ritengono che Dio sia essenzialmente amore e che, quindi, l’inferno non esista o, come sosteneva il teologo Baltazar, sia vuoto. In realtà le cose non stanno così. Dio è misericordioso ma anche giusto. Come sosteneva Padre Pio, vi sono due tempi. Il tempo dei nostri anni su questa Terra è il tempo della misericordia, mentre, al momento della nostra morte, interviene il tempo della giustizia divina. In altri termini, dopo la nostra morte andremo incontro ad un giudizio che riguarderà tutta la nostra vita, se sia stata orientata all’amore verso Dio ed il prossimo oppure vissuta egoisticamente. La vita o la morte eterna è dunque il prolungamento della qualità della nostra vita qui. Anzi, la vita eterna o la morte eterna è già iniziata; noi siamo già partecipi della vita eterna o della morte eterna a seconda dei nostri comportamenti, delle nostre azioni, dei nostri pensieri, delle nostre più recondite intenzioni. Siamo sereni e gioiosi se abbiamo “la coscienza a posto”; siamo inquieti, turbati, disorientati e malinconici se viviamo una vita marchiata dall’egoismo e dalla ricerca di piaceri che non danno gioia, dal potere fine a sé stesso, dall’accumulazione di beni. In definitiva, siccome siamo stati creati liberi, siamo noi stessi gli artefici del nostro destino; siamo noi che scegliamo l’acqua o il fuoco. Sarebbe buona prassi, alla sera, fare quell’esame di coscienza che i nostri genitori e sacerdoti ci consigliavano di fare quando eravamo bambini o bambine. È una pratica che, orientata dalla luce dello Spirito Santo e dalla conoscenza della Parola di Dio, ci mette in condizione di prendere coscienza dello stato della nostra anima, del nostro cuore, se è un cuore di carne oppure di pietra. Se un cuore di pietra lancia pietre contro il suo fratello, facendogli del male e predestinandosi alla pena, un cuore di carne dà da mangiare al suo fratello il pane della vita, ricevendone vita in abbondanza. L’arrivo del nuovo Vescovo ci predisponga ad accogliere la misericordia di Dio confidando altresì nelle virtù del nostro nuovo Pastore, che fa della letizia del cuore il suo motto e, quindi, il nucleo del suo progetto pastorale. In questa prospettiva, cerchiamo, per quanto ci è possibile, di non sottrarci ai nostri impegni verso la Chiesa, che non appartiene solo ai sacerdoti ed ai consacrati, ma a tutti i battezzati. La Chiesa resta nostra madre, nonostante i suoi peccati. In un’epoca che si contraddistingue per l’avanzare incalzante, furibondo e violento di teorie, idee, politiche irrispettose della dignità della persona umana e avverse al progetto naturale di Dio per l’umanità, come cristiani siamo chiamati alla missione di rievangelizzare noi stessi e gli altri, confidando nell’aiuto di Dio e nella sua grazia.
Salvatore Bernocco