PASQUA : METTERSI IN CAMMINO

Miei Cari
si sono spenti gli echi del carnevale (ma oggi è sempre carnevale) e la quaresima ci sta aiutando a scavare dentro di noi, in un mondo in cui siamo liberi di fare, di vestire, di andare e venire mentre la nostra libertà si specchia nell’insicurezza dell’altro; siamo liberi e dunque imprevedibili, e perciò non diamo sicurezza. Ma se possiamo vivere senza futuro e senza passato per un giorno o per un mese, non lo possiamo per un’intera vita. Il nostro “andare” verso la Pasqua deve renderci capaci di darci un progetto, un senso concreto ad una vita che scorre zigzagando senza lasciar traccia. Quest’ultimo tratto della quaresima deve costituire un momento di sosta, per progredire con più slancio nel grande cammino, in fondo al quale ci attende una gioia piena che non conosce tramonto, né esigerà più un mercoledì delle ceneri per ricordarci che si deve tornare alla terra. Le ceneri in  fondo al cammino, saranno già composte e noi saremo per sempre nella vita. La Pasqua diventerà allora per noi un momento di grazia per liberarci dall’egoismo e dalle false sicurezze per aprirci all’incontro con la Verità.
La vicenda pasquale dei due discepoli di Emmaus, riportata dal Vangelo di Luca, abbraccia, come in un unico quadro, una molteplicità di esperienze umane e di fede che approdano ad una vita nuova, concepita in funzione di una missione da portare a compimento. La strada che porta da Gerusalemme a Emmaus, per un primo tratto è adombrata dalla delusione: i due discepoli avevano sperato in Gesù senza conoscerlo profondamente, ma quando si aprono alla Parola, i loro occhi si aprono e i loro piedi si rimettono sulla strada per servire il lieto annuncio: “Il Signore è veramente risorto; è vivo; ha spezzato il pane con noi”. La quaresima ci vede avanzare in un cammino fatto di ascolto della Parola, di preghiera, di penitenza, di carità. Tale itinerario di esperienze porta necessariamente alla missione Infatti se la missione è “un modo di essere”, modellato su Cristo, essa prende ispirazione dalla sua Pasqua, da quel sangue versato per la salvezza del mondo. Per noi quindi Pasqua significherà
convertirci alla condivisione e alla missione, servire i poveri nello stile del buon samaritano, fare scelte coraggiose perché la salvezza di Cristo venga sperimentata dove la gente ha bisogno di luce e di speranza. Pasqua è procedere in avanti, un passo dopo l’altro al seguito di Cristo, evitando di scostarsene anche di poco: chi temesse il rischio di accompagnarlo ovunque, sarebbe uomo semispento, cristiano fallito. L’incontro col Risorto è inizio di vera felicità. Le lacrime vengono asciugate, le paure allontanate, i dubbi superati, le debolezze perdonate. Sì, davvero è “beata l’ora quando Gesù chiama dalle lacrime al gaudio dello spirito”. Pertanto il mio augurio non può non essere che un invito a vivere la Pasqua mettendosi in cammino come i discepoli di Emmaus, con la certezza che Cristo sorregge i piedi dei messaggeri di salvezza e di pace. Affascinato e attratto dall’innocenza evangelica dei nostri fanciulli che fra poco si incontreranno col Risorto nell’Eucarestia, attendo la riaccensione del cero pasquale: lo ricevo dalle loro mani; lo porgo in augurio di fede e di bontà ai più diseredati e disorientati dei miei fratelli e sorelle, riconoscendomi, al loro confronto, il più piccolo e l’ultimo. Con fraterni auguri!
                                                   Don Vincenzo