CHI VIVE E CHI MUORE

La vita e la morte. Due misteri speculari. La morte è l’unico evento certo. Non si sa come e quando, ma arriverà. E produce angoscia perché dentro ogni uomo vi è un anelito insopprimibile a vivere. Anche il Cristo, dinanzi all’evento conclusivo e cruento del suo terreno passaggio, pregò il Padre affinché quel calice non gli fosse dato. Ma poi concluse abbandonandosi alla Sua volontà, ai suoi disegni che superano di gran lunga i nostri, in tutti i sensi. Ma chi vive e chi muore? Vive chi respira e muore chi non respira più. Fatto oggettivo. Naturale ed ovvio. Sul piano biologico è così. Ma poi vi è un altro piano, quello spirituale, secondo cui la vita e la morte vanno considerate con riguardo al peccato, quella frattura che è in grado di separare definitivamente l’uomo dal suo Creatore se ad esso non ne consegue la conversione del cuore, quindi di tutta la persona che, rientrata in sé stessa, si avvede che è affetta dal male dell’anima, dal cancro dello spirito, e che ha bisogno, per vivere, per risorgere a nuova vita, di una cura, di un rimedio. Il peccatore è un ammalato grave che va incontro alla “seconda morte”, quella definitiva, quella dell’anima che sceglie gli inferi, cioè la lontananza da Dio, che rifiuta in modo senziente il suo amore e la sua salvezza. Se la morte biologica coglie tutti, quella seconda rapisce chi ha vissuto in funzione dell’ego, chi si è prostrato dinanzi agli idoli. Ora, sul piano spirituale, chi respira può già essere morto senza esserne consapevole. E chi è morto sul piano biologico, può tuttora essere vivo. Vivo e felice in un’altra dimensione di cui sappiamo poco. San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, scrive: “Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale”. E ancora: “Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1 Cor 2, 6-9). Per coloro che amano il Signore, cioè per chi fa la sua volontà, vi è il Paradiso. Per chi non lo ama c’è un’altra sorte. Nefasta, purtroppo. Nel vangelo apocrifo di Tommaso si legge, per l’appunto, che i vivi non muoiono ed i morti non risorgono. È una sintesi perfetta dello stato delle cose. Viviamo in un’epoca che rifiuta il pensiero della fine perché ne ha paura. Perché non aderisce allo Spirito di Dio. La cultura di questo mondo, che rigetta la sapienza di Dio, la esorcizza con i reagenti del giovanilismo, dell’oblio, della distrazione che, nonostante gli sforzi, generano angosce, ansie, depressioni, vecchiaie anticipate. Compito del fedele è quello di annunciare e di ammonire, di spargere semi di novità di vita in un mondo che assomiglia sempre più ad un cimitero. Il cristiano semina speranza affinché la Nuova Umanità cristica prenda il sopravvento sulle sub-culture mortifere che, come i fatti di cronaca ci dimostrano ogni giorno, sconquassano i cuori e le menti degli uomini, soprattutto delle giovani generazioni, quelle più a rischio.

Salvatore Bernocco