IL PROTETTORE DELL’ANNO: SAN GABRIELE DELL’ADDOLORATA


San Gabriele nasce da famiglia aristocratica ad Assisi (Perugia) il 1° marzo 1838. E’ l’undicesimo di tredici figli di Sante Possenti, sindaco della città, e Agnese Frisciotti. Lo battezzano lo stesso giorno con il nome dell’illustre concittadino, Francesco. In casa però sarà sempre chiamato Checchino. Nel 1846 riceve la cresima e nel 1851 la prima comunione. A tredici anni affronta gli studi liceali nel collegio dei gesuiti. E’ intelligente, esuberante, vivace, gli piace studiare, riesce ottimamente soprattutto nelle materie letterarie. Elegante, vivace, spigliato, diventa un punto di attrazione per la sua allegria.
Gli piace seguire la moda, veste sempre a puntino. Vuole primeggiare in tutto, “la bella vita non gli dispiace”. Organizza partite di caccia, partecipa a passeggiate e scampagnate, va volentieri a teatro col padre e le sorelle, va a ballare (in città è anche conosciuto come “il ballerino”), anima le serate nei salotti di Spoleto, legge i romanzi e lo attirano gli autori del tempo, il Manzoni, il Grossi, il Tommaseo. Ma è anche di animo buono, generoso sensibile alle sofferenze dei poveri, ama la preghiera. Sprizza vita da tutti i pori. E’ un bel ragazzo e ne è consapevole. Alto,
snello, moro, viso rotondo fragile, occhi neri vividi, labbra ondulate con finezza sempre in sorriso, capelli castano scuri dal ciuffo ribelle. Checchino della vita è innamoratissimo, ma sul futuro sembra ancora indeciso. I ripetuti lutti familiari e alcune brutte malattie in cui è incappato gli hanno fatto apparire le gioie umane brevi ed inconsistenti; come l’ultimo dramma, la morte dell’amatissima sorella Maria Luisa, il 17 giugno 1855. Segue un anno tribolato senza riuscire a fare una scelta. Le cose non sono più quelle di prima, l’idea del convento torna con più insistenza. Il 22 agosto 1856, durante la processione, quando l’immagine della Madonna del duomo passa davanti a lui, gli risuonano nel cuore chiare parole: “Francesco, cosa stai a fare nel mondo? Segui la tua vocazione!”. Questa volta non riesce a resistere, è la madre che chiama. Il 6 settembre parte da Spoleto; la sera del 7 è a Loreto; nella santa casa trascorre l’intera giornata dell’8 settembre, festa della Madonna. Il 10 è già a Morrovalle (Macerata) per iniziare il noviziato. Lui, il ballerino elegante, il brillante animatore dei salotti di Spoleto, ha scelto di entrare nell’istituto austero dei passionisti, fondato nel 1720 da San Paolo della Croce con lo scopo di annunciare, attraverso la vita contemplativa e l’apostolato, l’amore di Dio rivelato nella Passione di Cristo. A 18 anni dunque Francesco volta pagina e cambia anche nome: d’ora in poi si chiamerà Gabriele dell’Addolorata, perché sia chiaro che il passato non esiste più. La scelta della vita religiosa è radicale fin dall’inizio: si butta anima e corpo, da innamorato. Ha trovato finalmente la pace del cuore e la felicità. Non gli fanno certo paura le lunghe ore di preghiera, le penitenze e i digiuni, perché ha trovato quello che cercava: Dio che gli riempie il cuore di gioia. Lo scrive subito al papà: “La mia vita è una continua gioia. La contentezza che io provo è quasi indicibile. Non cambierei un quarto d’ora di questa vita”. Il 22 settembre 1857 emette la professione religiosa. A fine 1861 si ammala di tubercolosi; ogni cura risulta vana. Non riesce a diventare sacerdote anche perché difficoltà politiche impediscono nuove ordinazioni.
Gabriele si rende conto che non c’è niente da fare. Il viaggio è già finito. Ma non si sconvolge. E’ proprio quello che aveva chiesto qualche anno prima. Quel che conta è solo la volontà di Dio.
“Così vuole Dio, così voglio anch’io”, scrive. La mattina del 27 febbraio 1862 “al sorgere del sole” Gabriele saluta tutti, promette di ricordare in paradiso, chiede perdono e preghiere. Poi muore confortato dalla visione della Madonna che invoca per l’ultima volta: “Maria, mamma mia, fa’ presto”.
La sua è ritenuta da tutti la morte di un santo. Tutti ricordano i suoi brevi giorni, all’apparenza comuni.
Il quotidiano è stato il suo pane, la semplicità il suo eroismo. Le piccole fragili cose di ogni giorno che diventavano grandi per lo spirito con cui le compiva. Lo ripeteva spesso: “Dio non guarda il quanto ma il come; la nostra perfezione non consiste nel fare le cose straordinarie ma nel fare bene le ordinarie”. Tutti ricordano la sua vita trascorsa all’ombra del Crocifisso e di Maria Addolorata, che è stata la ragione della sua vita.
Gabriele viene dichiarato beato da san Pio X nel 1908 e in suo onore viene innalzata la prima basilica. Nel 1913 nasce la rivista “L’Eco di san Gabriele”, portavoce del messaggio del santo nel mondo. Gabriele è proclamato santo da Benedetto XV nel 1920. Nel 1926 diventa compatrono della gioventù cattolica italiana e nel 1959 Giovanni XXIII lo dichiara patrono d’Abruzzo. Il 30 giugno 1985 Giovanni Paolo II compie una storica visita al santuario durante la quale, in un messaggio ai giovani, trasmetto dalla Rai in mondovisione, addita il santo come modello per le giovani generazioni. Il Papa inaugura la cripta e la cappella della riconciliazione del nuovo santuario.
San Gabriele è innanzitutto il santo dei giovani.
Sono centinaia di migliaia i giovani che vanno da lui per una sosta di preghiera. San Gabriele è il santo dei miracoli, invocato in ogni parte del mondo come potente intercessore presso Dio.
San Gabriele è il santo del sorriso. Seppe vivere sempre con gioia ed entusiasmo la sua esistenza.