Miei Cari,
tra le mie letture dei giorni scorsi leggo
un titolo: “Senza radici il servizio si
dissecca”. Mi ha fatto riflettere non poco
anche se il fenomeno descritto è appena
avvertito nella nostra parrocchia.
“Le parrocchie soffrono la scomparsa
di questo o quel collaboratore, diventa
più difficile rispondere a tutte le
esigenze”. Presi dalle urgenze spesso ci
si dimentica di chiedersi (e di chiedere
agli interessati): perché viene meno la tua
collaborazione, perché salta l’impegno al
servizio? L’autore dell’articolo afferma
che la risposta è già scritta nel modo in
cui una persona presta servizio o in cui la
comunità lo chiede: senza una autentica
“spiritualità del servizio”. Spiritualità
che significa vedere negli altri (i poveri,
i bambini da educare, gli adolescenti da
accompagnare...) il volto di Dio: e quindi
porta ad impegnarci e collaborare non
tanto e non solo perché (e finché) “mi
piace, mi interessa” o perché il parroco ha
insistito o perché mi è simpatico, ma per
amore gratuito, in nome di Dio.
C’è poi il problema che si presume di
“correre senza la benzina necessaria”,
ossia il credere di poter fare a meno dei momenti di riflessione e spiritualità,
tempi di studio e di silenzio, proposta
di guida spirituale, confronti e itinerari
formativi.
Questo – afferma C. Contarini - è
tentare lo Spirito Santo, guai sfidarlo in
continuazione a dar vita alle ossa aride.
Credo proprio, allora, che il “servizio”
vissuto con taglio spirituale, matura le
persone la comunità cresce perché si
sente costruita più che dal lavoro degli
uomini, dallo Spirito rinnovatore. E
diventa segno concreto di santità e carità
che la gente percepisce. Non parlò in
questi termini il Sinodo Parrocchiale,
celebrato alcuni anni or sono?
La “spiritualità del servizio” diventi e
ci porti a rivedere il nostro impegno per
allungare la lista degli operai della vigna
del Signore per immetterci tutti con
sicurezza sulla pista della santità.
È il mio augurio.
Cordialmente, don Vincenzo