FRANCESCO NON ARRETRA DI UN MILLIMETRO
Parole forti, quelle del papa emerito
Benedetto XVI a Francesco, colme
di amicizia e di rispetto filiale. “Mi
auguro che lei vada avanti in questa via della
misericordia. La sua bontà è il luogo in cui abito
e in cui mi sento protetto”. L’occasione è stata
il 65° anniversario dell’ordinazione sacerdotale
di Ratzinger, avvenuta il 29 giugno 1951 nel
duomo di Frisinga.
Un’occasione che, ancora una volta, dimostra
ai fedeli di ogni luogo quanto il legame tra
il papa regnante e il papa emerito sia forte,
duraturo, pieno di tenerezza. Ma, nello stesso
tempo, l’abbraccio amicale tra Francesco e
Benedetto ribadisce in modo perentorio che
non esiste un ministero petrino condiviso. Il
papa è uno, e uno solo. Lo ha ribadito lo stesso
Francesco nell’intervista sul volo di ritorno
dall’Armenia: “Benedetto è papa emerito. Lui
ha detto chiaramente, quell’11 febbraio, che
dava le sue dimissioni a partire dal 28 febbraio,
che si sarebbe ritirato per aiutare la chiesa con
la preghiera. E Benedetto è nel monastero,
pregando. Io sono andato a trovarlo tante volte
o al telefono... L’altro giorno mi ha scritto una
letterina, ancora firma con quella firma sua,
dandomi gli auguri per questo viaggio... E una
volta, non una volta: parecchie volte, ho detto
che è una grazia avere a casa il nonno saggio.
Anche di persona gliel’ho detto e lui ride. Ma
lui per me è il papa emerito, è il nonno saggio, è
l’uomo che mi custodisce le spalle e la schiena
con la sua preghiera.
Mai dimentico quel discorso che ci ha fatto, ai
cardinali, il 28 febbraio: “Fra voi sicuro che sarà
il mio successore. Prometto obbedienza” e lo ha
fatto. Poi ho sentito, ma non so se è vero questo,
eh?, sottolineo: ho sentito, forse saranno dicerie,
ma vanno bene con il suo carattere, che alcuni
sono andati li a lamentarsi perché questo nuovo
papa... e li ha cacciati via, eh? Con il migliore
stile bavarese: educato, ma li ha cacciati via. E
se non è vero, è ben trovato, perché quest’uomo
è così: è un uomo di parola, un uomo retto,
retto, retto, eh?, il papa emerito… Dopodomani
si celebra il 65.mo anniversario della sua
ordinazione sacerdotale. E io dirò qualche cosa
a questo grande uomo di preghiera, di coraggio,
che è il papa emerito, non il secondo papa, che
è fedele alla sua parola e che è un uomo di Dio.
È molto intelligente, e per me è il nonno saggio
a casa”.
E così poi ha fatto il giorno dopo, abbracciando
Ratzinger per il suo 65° . “Proprio vivendo e
testimoniando oggi in modo tanto intenso e
luminoso quest’unica cosa veramente decisiva
- avere lo sguardo e il cuore rivolto a Dio -
lei, santità, continua a servire la chiesa, non
smette di contribuire veramente con vigore e
sapienza alla sua crescita; e lo fa da quel piccolo
monastero Mater Ecclesiae in Vaticano che si
rivela in tal modo essere tutt’altro che uno di
quegli angolini dimenticati nei quali la cultura
dello scarto di oggi tende a relegare le persone
quando, con l’età, le loro forze vengono meno.
È tutto il contrario – ha continuato Bergoglio - e
questo permetta che lo dica con forza il suo
successore che ha scelto di chiamarsi Francesco!
Perché il cammino spirituàle di san Francesco
iniziò a San Damiano, ma il vero luogo amato,
il cuore pulsante dell’ordine, lì dove lo fondò
e dove infine rese la sua vita a Dio fu la
Porziuncola, la piccola porzione, l’angolino
presso la madre della chiesa; presso Maria che,
per la sua fede così salda e per il suo vivere
così interamente dell’amore e nell’amore con il
Signore, tutte le generazioni chiameranno beata.
Così, la Provvidenza ha voluto che lei, caro
confratello, giungesse in un luogo per così dire
propriamente “francescano” dal quale promana
una tranquillità, una pace, una forza, una
fiducia, una maturità, una fede, una dedizione
e una fedeltà che mi fanno tanto bene e danno
tanta forza a me ed a tutta la chiesa. E di lì, mi
permetto di dire, viene anche un sano e gioioso
senso dell’umorismo”.
Francesco ha concluso il suo discorso con
questo augurio rivolto al predecessore ma
anche a tutta la chiesa: “Che lei, santità,
possa continuare a sentire la mano del Dio
misericordioso che la sorregge, che possa
sperimentare e testimoniarci l’amore di Dio;
che, con Pietro e Paolo, possa continuare a
esultare di grande gioia mentre cammina verso
la meta della fede”.
Francesco, quindi, continua nella sua opera di
riforma della chiesa. Una parola sacra ma anche
intrisa della “sacralità” della terra. Continua i
suoi viaggi verso nazioni che hanno bisogno del suo sorriso, vedi l’Armenia, sorregge i
passi, a volte un po’ lenti, che stanno portando
a una riforma della curia, cerca di annunciare
il vangelo lungo le strade impervie e difficili
degli uomini. È davvero l’uomo e il papa della
misericordia.
A qualcuno continua a non piacere. I
tradizionalisti non lo sopportano, i curiali lo
temono, in genere lo “status ecclesiale” è quello
messo a dura prova dalla parola misericordiosa
di Francesco. Ad esempio, i lefebvriani sono
i più arrabbiati. Con un comunicato del 29
giugno 2016, scrivono a chiare lettere che “la
fraternità non è alla ricerca innanzitutto di un
riconoscimento canonico”. E poi incalzano:
“Nella grande e dolorosa confusione attuale
nella chiesa, la proclamazione della dottrina
cattolica richiede la segnalazione di errori che
sono penetrati all’interno di essa, purtroppo
incoraggiati da molti pastori, fino a al papa
stesso”. La fraternità “ha un solo desiderio:
portare fedelmente la luce della tradizione
antica di 2000 anni che mostra l’unica strada
percorribile in questo momento di oscurità dove
il culto dell’uomo sostituisce il culto di Dio
nella società e nella chiesa”.
Infme, la fraternità “prega e fa penitenza
perché il papa abbia la forza di proclamare
integralmente la fede e la morale. Così sarà
accelerato il trionfo del cuore immacolato di
Maria che noi chiediamo, mentre ci avviciniamo
al centenario delle apparizioni di Fatima”.
Insomma, si preannuncia un autunno ecclesiale
“caldo”. I terni non mancano. Ma papa
Francesco non arretra di un millimetro.
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ANNO XXX - 355