Riflettiamo sui temi dell’Anno Santo della Misericordia: LE OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE

Le opere di misericordia sono quelle richieste da Gesù nel Vangelo (Matteo 25) per trovare misericordia (ossia perdono per i nostri peccati) ed entrare quindi nel suo Regno. La tradizione cattolica ne elenca due gruppi di sette: le opere di misericordia corporale e le opere di misericordia spirituale. Diamo un’occhiata alle prime.
“Dar da mangiare agli affamati e dar da bere agli assetati”. Sono le prime due opere di misericordia corporale, sebbene non si riferiscano esclusivamente alla sete e alla fame, cioè ad una dimensione fisica, ma anche alla giustizia. «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati», dice Gesù (Mt 5, 1-12). La nostra azione, quindi, deve essere rivolta non solo a sovvenire ai bisogni materiali del prossimo, ma in particolare ad agire secondo giustizia, adoperandoci perché la società conosca ciò che giusto e ciò che non lo è. È giusto ciò che ci avvicina al modo di fare di Dio; è ingiusto ciò che ci allontana da Lui. 
Vestire gli ignudi. Anche in questo caso non si tratta soltanto di donare ciò che non indossiamo più (e che sia in ottimo stato) a chi non può permettersi di acquistare un capo di abbigliamento decente o un paio di scarpe, per esempio. La prospettiva di quest’opera di misericordia è più ampia. Dobbiamo fare una incursione nel libro della Genesi. “Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Ora, il senso più profondo è questo: rivestire di Dio chi, a causa del peccato, non avverte il tepore della Sua presenza. Riconciliarlo col Signore affinché esca dai suoi nascondigli e viva una vita da redento.
Alloggiare i pellegrini.Opera di estrema attualità. Siamo invasi da profughi provenienti dalla Siria, dalla Libia, da altre nazioni strette nella morsa delle guerre e delle violenze. L’Europa è ad un bivio: accogliere queste persone o respingerle? Senza dubbio dobbiamo accoglierli e dargli ospitalità, altrimenti non saremmo figli del Padre. Chi siamo noi per impedire a nostri simili di aspirare ad una vita migliore? Per cui no al razzismo, no alla chiusura delle frontiere e alle discriminazioni; sì all’accoglienza e all’amore verso il prossimo.
Visitare gli infermi. L’ammalato nel corpo o nello spirito ha bisogno di parole di conforto e di speranza. I cristiani dovrebbero essere esperti in questo campo, ma spesso latitano perché sono deboli nella fede ed immaturi nella carità. E temono la morte di cui l’infermità è un’eco. Ripenso al povero Lazzaro e al ricco Epulone e alla loro sorte. Epulone non visitò (cioè non si prese cura) mai di Lazzaro e, post mortem, si ritrovò nel regno dei morti, mentre Lazzaro fu accolto nel regno dei vivi per sempre.
Visitare i carcerati. Anche di quest’opera possiamo dare una duplice lettura. Una, letterale, secondo cui è cosa buona recarsi nei luoghi di detenzione per far visita a chi ha compiuto un reato, consci di dover odiare il peccato ma mai il peccatore. L’altra, invece, concerne chi è prigioniero del male, chi vive nelle segrete del peccato e non sa come uscirne, come evaderne. Il cristiano dovrebbe fargli visita per fargli comprendere, con l’esempio e la parola, che vi è un altro modo di vivere, alla luce delle beatitudini enunciate dal Cristo. Esse rendono liberi, mentre il male, il peccato, rende detenuti nel carcere dell’infelicità.
Infine, seppellire i defunti. È ovvio che occorre dare degna sepoltura a chi è morto, partecipare alle sue esequie, dare consolazione ai familiari. Quando muore un uomo, muore un universo. Ma vi darei un secondo significato. Chi è morto e chi è vivo? Chi è seppellito in senso allegorico? È già morto e sepolto chi è lontano da Dio, sebbene cammini e respiri, mentre è vivo e vegeto chi fa la sua volontà, pur essendo stato sepolto. “Se non si resuscita prima mentre si è ancora in vita, morendo non si resuscita più”, si legge nel Vangelo di Filippo, un testo apocrifo. Quindi, piuttosto che seppellire i morti, opera che va compiuta, dovremmo operare per far comprendere a chi pensa di essere vivo che, a causa del suo egoismo, in realtà giace già sotto un cumulo di terra.

Salvatore Bernocco