Paolo VI (nato Giovanni Battista Enrico
Antonio Maria Montini) nasce a
Concesio il 26 settembre 1897. È stato il
262° Vescovo di Roma e Papa a partire dal
21 giugno 1963 fino alla morte, avvenuta a
Castel Gandolfo il 6 agosto 1978. Venerabile
dal 20 dicembre 2012, dopo che papa
Benedetto XVI ne ha riconosciuto le virtù
eroiche, sarà beatificato il 19 ottobre
prossimo.
Davanti a una realtà sociale che tendeva
sempre più a separarsi dalla spiritualità, che
andava progressivamente secolarizzandosi, di
fronte a un difficile rapporto chiesa-mondo,
Paolo VI seppe sempre mostrare con coerenza
quali sono le vie della fede e dell’umanità
attraverso le quali è possibile avviare una
solidale collaborazione verso il bene comune.
Non fu facile mantenere l’unità della Chiesa
cattolica, mentre da una parte gli
ultratradizionalisti lo attaccavano accusandolo
di aperture eccessive, se non addirittura di
modernismo, e dall’altra parte i settori
ecclesiastici più vicini alle idee socialiste lo
accusavano d’immobilismo. Di grande rilievo
fu la sua scelta di rinunciare, nel 1964, all’uso
della tiara papale, mettendola in vendita per
aiutare, con il ricavato, i più bisognosi. Uomo
mite e riservato, dotato di vasta erudizione e,
allo stesso tempo, profondamente legato a
un’intensa vita spirituale, seppe proseguire il
percorso innovativo iniziato da Giovanni
XXIII, consentendo una riuscita prosecuzione
del Concilio Vaticano II, portandolo a
compimento con grande capacità di
mediazione, garantendo la solidità dottrinale
cattolica in un periodo di rivolgimenti
ideologici ed aprendo fortemente verso i temi
del Terzo Mondo e della pace. Da una parte
appoggiò l’”aggiornamento” e la
modernizzazione della Chiesa, ma dall’altra,
come tenne a sottolineare, il 29 giugno 1978,
in un bilancio a pochi giorni della morte, la
sua azione pontificale aveva tenuto quali punti
fermi la “tutela della fede” e la “difesa della
vita umana”.
Molto complesse furono le questioni del
controllo delle nascite e della contraccezione,
trattate nella Humanae Vitae del 25 luglio
1968, la sua ultima enciclica. Il 24 dicembre
1974 inaugurò l’Anno Santo del 1975.
Durante il sequestro Moro, il 16 aprile 1978
Paolo VI implorò personalmente e
pubblicamente, con una lettera diffusa su tutti
i quotidiani nazionali il 21 aprile, la
liberazione “senza condizioni” dello statista e
caro amico Aldo Moro, rapito dagli “uomini
delle Brigate Rosse” alcune settimane prima.
Ma a nulla valsero le sue parole: il cadavere di
Aldo Moro fu ritrovato il 9 maggio 1978, nel
bagagliaio di una Renault color amaranto, in
Via Caetani a Roma. La salma di Moro fu
portata dalla famiglia a Torrita Tiberina per
un funerale riservatissimo. Ma il 13 maggio,
nella Basilica di San Giovanni in Laterano,
alla presenza di tutte le autorità politiche, si
celebrò un rito funebre in suffragio
dell’onorevole, al quale prese parte anche il
Pontefice. Il Papa,
provato dall’evento,
recitò un’omelia
ritenuta da alcuni
una delle più alte
nell’omiletica della
Chiesa moderna.
Questa omelia inizia
con un sommesso
rimprovero a Dio
ma prosegue
affidandosi nuovamente alla misericordia del
Padre: “Ed ora le nostre labbra, chiuse come
da un enorme ostacolo, simile alla grossa
pietra rotolata all’ingresso del sepolcro di
Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il “De
profundis”, il grido, il pianto dell’ineffabile
dolore con cui la tragedia presente soffoca la
nostra voce. Signore, ascoltaci! E chi può
ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu,
o Dio della vita e della morte? Tu non hai
esaudito la nostra supplica per la incolumità di
Aldo Moro, di questo uomo buono, mite,
saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore,
non hai abbandonato il suo spirito immortale,
segnato dalla fede nel Cristo, che è la
risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore,
ascoltaci!”.
Il 10 maggio 1972 benedisse le due corone
d’oro collocate sull’effige della Vergine e del
Bambino Gesù custodita nel Santuario della
Madonna delle Grazie.
Salvatore Bernocco