Lo stile del ‘no’
Perché il ‘no’ sia utile, deve essere
detto con stile, deve, cioè avere
alcune caratteristiche.
Non urlato.
Se gridato, il
‘no’ potrebbe essere interpretato come
dipendente dal nostro umore del momento
e non già come una decisione presa per
impedire qualcosa che, comunque, non si
deve compiere, indipendentemente dal
nostro ‘raptus’.
Dosato.
Quando i ‘no’ sono troppo frequenti
perdono efficacia, come le leggi. Perché in
Italia le leggi si infrangono così di
frequente? Una ragione è anche questa:
perché sono troppe. Mentre in Francia e in
Germania sono sui settemila, da noi
superano le centocinquantamila! Oltre a
ciò, è bene che il ‘no’ sia dosato perché il
censurare troppo i figli rischia di frustrare
la loro creatività e di renderli più insicuri.
Giustificato.
Il figlio deve sapere che le nostre
proibizioni hanno una ragione.
Giustificando i ‘no’ lo illuminiamo, lo
orientiamo, lo facciamo crescere. È chiaro
che la motivazione deve rispettare la
maturazione raggiunta dal figlio. Al
piccolo di tre anni diremo: “Non prendere
il coltello: taglia!”. Al ragazzo
adolescente tentato dall’alcol spiegheremo
che dove entra il bere esce il sapere;
diremo che solo chi è poco saggio si lascia
imbottigliare dal vino!
Quali ‘no’?
È impossibile, in ogni caso, fare l’elenco
completo dei ‘no’ da dire ai figli. Ci
limitiamo ai quattro che ci sembrano i più
urgenti.
No alle mode.
Dove
è scritto che tutti i ragazzi debbano avere
lo stesso zainetto, che a Natale tutti
debbano ricevere montagne di regali? Ha
tutte le ragioni lo psichiatra Fulvio
Scaparro ad essere così deciso: “Mamme e
papà, imparate dai salmoni che vanno
contro corrente! Liberatevi dai copioni!”.
No al servizio.
Perché la mamma deve continuare ad
insaponare il figlio, ad allacciargli le
scarpe e il papà a sbucciargli la mela?
Qualche anno fa il sociologo Francesco
Alberoni ha lanciato un messaggio:
“Basta con i vizi ai figli! Se la cavino da
soli!”. Tutti gli hanno battuto le mani. E
se fossimo d’accordo anche noi?
No al cuore di panna e all’indulgenza
plenaria.
Concedere tutto al figlio è tradirlo: non si
può vivere in pantofole! Concedere tutto
al figlio è preparare un infelice: “Il
passero ubriaco trova amare anche le
ciliegie”, recita il proverbio.
No alle continue richieste.
“Me lo comperi?”. “Voglio questo!”.
“Dammi quello”…
Ad un certo punto bisogna dire ‘No!’. “Ne
hai abbastanza!”. “È inutile insistere!”.
“Sarebbe troppo”. “Questo non è per
nulla necessario!”… Parole sapienti.
Parole benefiche. Parole che forgiano un
uomo capace di stare in piedi anche
quando la vita mostra i denti.
Pino Pellegrino