Il 27 aprile scorso papa Francesco ha
elevato agli onori degli altari anche
papa Giovanni XXIII, al secolo Angelo
Roncalli (1881-1963), il quale fu
beatificato il 30 settembre 2000. La
vicenda di papa Roncalli è
sufficientemente nota. Fu il Papa del
Concilio Vaticano II, il Papa della
famiglia, il Papa del sorriso, il Papa della
bontà. Sono ovviamente delle
semplificazioni, in quanto non vi è
pontefice che non sia per la famiglia o
per la bontà. Come ho accennato, egli
inaugurò il Concilio ecumenico Vaticano
II, che fu il ventunesimo e ultimo
concilio ecumenico, ovvero una riunione
di tutti i vescovi cattolici del mondo per
discutere di argomenti riguardanti la vita
della Chiesa cattolica. Si svolse in
quattro sessioni, dal 1962 al 1965. Fu
portato a termine da Paolo VI. Il Concilio
promulgò quattro Costituzioni, tre
Dichiarazioni e nove Decreti.
L’importanza del Concilio Vaticano II,
nella storia della chiesa, è stata da
alcuni paragonata a quella del Concilio
di Trento.
Ma di papa Giovanni XXIII desidero
riportare alcune annotazioni e ricordi
personali, essendo nato sotto il suo
pontificato, nell’agosto del 1961.
Ovviamente non ho molti ricordi
personali, ma conservo le parole ed i
commenti dei miei parenti e famigliari, in
particolare di mia nonna paterna
Filomena, che aveva per papa Giovanni
un sentimento misto di amore/odio, ma
di un odio che farebbe sorridere, del
tutto inoffensivo. Era semplicemente
stizzita, irritata dal fatto che il Papa Buono avesse espunto santa Filomena
dal calendario dei santi. La foto
incorniciata del Papa, però, non fu
riposta in un cassetto e dimenticata.
Continuò a vigilare sull’ingresso di
quella modesta ed umile abitazione che
sorgeva al civico 24 di via De Cristoforis,
nei pressi della fontana, mèta di molti
miei pomeriggi primaverili ed estivi.
Accanto a quella foto, l’immagine di mio
nonno Salvatore e, appeso alla parete,
un quadro contenete una traccia della
mia bisnonna paterna. In particolare, mi
sovviene il cosiddetto “discorso della
luna”, uno dei più celebri discorsi di
papa Giovanni, forse una delle
allocuzioni in assoluto più celebri della
storia della Chiesa. L’11 ottobre 1962, in
occasione della serata di apertura del
Concilio, in una piazza San Pietro
gremita di fedeli, Roncalli pronunciò, a
braccio, un discorso semplice, dolce e
poetico, con un richiamo straordinario
alla luna, pur tuttavia contenente
elementi del tutto innovativi: “Cari
figlioli, sento le vostre voci. La mia è una
voce sola, ma riassume la voce del
mondo intero. Qui tutto il mondo è
rappresentato. Si direbbe che persino la
luna si è affrettata stasera - osservatela
in alto - a guardare a questo spettacolo
”. Poi il Papa salutò i fedeli della diocesi
di Roma (essendone anche il Vescovo),
e si produsse in un atto di umiltà forse
senza precedenti, asserendo tra le altre
cose: “La mia persona conta niente, è
un fratello che parla a voi, diventato
padre per volontà di Nostro Signore, ma
tutti insieme paternità e fraternità è
grazia di Dio […]. Facciamo onore alle
impressioni di questa sera, che siano
sempre i nostri sentimenti, come ora li
esprimiamo davanti al cielo, e davanti
alla terra: fede, speranza, carità, amore
di Dio, amore dei fratelli. E poi tutti
insieme, aiutati così, nella santa pace
del Signore, alle opere del bene”.
E, sulla linea dell’umiltà, impartì un
“ordine”: “ Tornando a casa, troverete i
bambini. Date una carezza ai vostri
bambini e dite: questa è la carezza del
Papa. Troverete qualche lacrima da
asciugare, dite una parola buona: il
Papa è con noi, specialmente nelle ore
della tristezza e dell’amarezza”.Quell’
ordine benevolo risuona ancora nelle
mie orecchie, nel mio cuore. Quando lo
ascoltai e fui in grado di comprenderlo,
mi commossi fino alle lacrime. Esso è
riassuntivo dell’impegno del cristiano nel
mondo: asciugare le lacrime, portare
conforto, lenire le tristezze e le amarezze
della vita, spesso esiti di impostazioni
esistenziali errate. Quanto dolore vi è nel
mondo a causa di scelte di vita errate!
Avere una parola di conforto e di
speranza per chi vive situazioni dolorose
è epifania dell’amore di Dio ed è
testimonianza che siamo dalla sua parte.
Non perdiamo mai di vista che, come
scrive san Giovanni Apostolo, “Se uno
dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è
un bugiardo. Chi infatti non ama il
proprio fratello che vede, non può
amare Dio che non vede. E questo è il
comandamento che abbiamo da lui: chi
ama Dio, ami anche suo fratello”.
Salvatore Bernocco