CRISTO è RISORTO !

Miei Cari, Cristo è risorto!
Qui c’è il cuore della nostra fede; qui c’è il solco che segna l’unica vera divisione tra gli uomini. Quelli che accolgono l’annuncio pasquale sanno di non essere più prigionieri di un mondo piccolo e chiuso, oltre il quale non c’è che l’abisso del nulla. E’ stato aperto un varco dall’amore che è più forte della morte: per questo varco ora anche noi abbiamo libero accesso al Regno e alla casa del Padre, dove Gesù è salito a prepararci un posto. Risorgere in Cristo e con Cristo è il nostro destino; e vuol dire migrare di là, su una nuova terra dove più non si piange, sotto nuovi cieli dove finalmente abiterà la giustizia. Se Cristo è risorto, allora ogni nostra sofferenza è transitoria: ciò che passa, alla fine è sempre breve; e, una volta passato, sembra irreale come un sognoSolo ciò che resta per sempre, ciò che è collocato nel mondo dei risorti, è realtà autentica e piena, senza il turbamento, che è inseparabile da ogni cosa che finisce. La Pasqua è la certezza che il male alla fine è sconfitto. Anche se fa molto chiasso, anche se dissemina molte rovine, anche se può avere un impressionante successo che poi è il “successo di tre giorni”, come nella vicenda del Signore crocifisso – non prevarrà. Sulla menzogna, sull’ingiustizia, sull’odio, sull’oppressione del debole e dell’innocente, alla fine si affermerà la verità trionferà la vita, vincerà l’amore. L’Unigenito del Padre – che si è fatto uomo, indissolubilmente legato alla nostra stirpe e alla nostra sorte – è entrato come primogenito di una moltitudine di fratelli nel paradiso di Dio, che così è diventato anche nostro. La sua risurrezione è la caparra sicura e concreta della nostra. Nemmeno su di noi, che pure sembriamo votati a subire il suo oscuro dominio, la morte avrà l’ultima parola. Risorgendo, Cristo ha liberato i nostri giorni “infausti e brevi” dalla paura dell’annientamento e dall’orrore della prospettiva che tutto, nella nostra esistenza, alla fine sia vanificato. Nella professione di fede noi proclamiamo davanti a tutti: “Aspetto la risurrezione dei morti”. Lo diciamo tutti sul serio? San Paolo al pensiero che qualche cristiano possa ripetere queste parole senza convincimento intimo e certo, è preso come da un brivido di angoscia e di compassione; ed esclama: “Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati… Se abbiamo speranza in Cristo soltanto per questa vita, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini” (cf. 1 Cor 15, 16-19). Allora la grazia particolare da chiedere nella celebrazione della Pasqua è appunto quella di recuperare intera e viva questa persuasione. E’ la verità che è il centro e il compendio di tutta la nostra fede: deve tornare ad essere il cuore e l’ispirazione di tutta la nostra esistenza. E c’è una seconda grazia da chiedere: quella di diventare, tutti noi che crediamo, gli evangelizzatori e gli apostoli di questo annuncio pasquale. Annunziare la risurrezione di Cristo, che è principio a causa della nostra, significa in concreto anche riaffermare la preziosità dell’uomo in faccia a Dio e la sua dignità. E ci vuole coraggio e tenacia in un mondo come il nostro. Ma celebrare la Pasqua vuol dire anche ravvivare la speranza. Proprio perché Gesù di Nazaret è risorto e, risorgendo, è stato costituito Signore dell’universo, noi sappiamo che l’umanità non può andare perduta. Una grande energia di novità e riscatto sta pervadendo la terra da quel mattino di primavera, quando prima Maria di Magdala e le altre donne, poi Pietro e gli apostoli trovarono il sepolcro vuoto. Ciascuno di noi stanotte si impegni a lasciar lavorare questa divina energia nel segreto del suo cuore e nella operosità della sua vita.

Don Vincenzo