“Non sa il tempo se non chi lo fece”, dice un
vecchio proverbio.
Saggezza antica che forse esprime una
delle verità più elementari e pregnanti: il tempo è il
mistero dei misteri che a sua volta nasconde o meglio
racchiude il mistero della vita e della morte.
Forse è per questo che temiamo il tempo, il suo
scorrere inesorabile, il suo “rodere ogni cosa”.
E che amiamo gli orologi, i calendari, i riti, la festa di
fine/inizio d’anno. La ripetitività di questi strumenti di
misura del tempo ci rassicura e seda l’angoscia.
Il ticchettio dei secondi, il succedersi delle ore, dei
giorni, degli anni, il riproporsi sempre uguale dei riti
quotidiani e festivi, la loro rassicurante continuità, ci
illudono di dominare il tempo e ci danno la sensazione
dell’eternità. Ma ci consentono di vivere.
Guarire il tempo, riappropriarci del tempo, è forse
una delle rivoluzioni più difficili e significative della
nostra era. La regolazione convenzionale del tempo,
da serva, sta diventando sempre più padrona della
vita. La misura del tempo sta uccidendo i ritmi vitali.
Brutto segno. Perché il dominio dell’orologio
s’intreccia col dominio di tutto quanto è convenzione.
E ciò significa che‘è in espansione il dominio della
morte. Le maschere hanno la meglio sui volti; contano
i nomi più dei valori; dominano i ruoli e sfumano le
relazioni dirette; la spettacolarizzazione ha la meglio
sulla realtà; le emergenze soffocano i processi vitali.
Regolano le nostre esistenze le astrazioni: il denaro,
gli orologi, le porte blindate, le leggi del profitto,
freddi e inesorabili meccanismi morti, e non i ritmi
della vita, non la danza dei sentimenti, non la stella
polare della razionalità, della responsabilità e della
coscienza, non le cadenze dei rapporti umani.
S’ispessiscono le catene. Cresce però anche la voglia di
romperle.
E non con chissà quale rivoluzione. Ogni giorno, nella
quotidianità e nella politica vissuta alla base, si
moltiplicano le esperienze, le iniziative, i percorsi di
liberazione.
Non se n’abbia a male l’anno nuovo se lo pongo sotto
il segno della vita che fluisce e lo sottraggo un po’ al
dominio delle estrazioni. Anno nuovo vita nuova non
è un augurio banale: siamo noi l’anno nuovo, è la
danza della liberazione l’anno nuovo, la liberazione
del tempo, della vita, della politica e della speranza.
Buon duemilaquattordici.
E. M.