La questione della fede oggi va concepita
come una sfida, come qualcosa
che deve risvegliarci dal sonno
della nostra indolenza e riaccendere la
nostra attenzione e vigilanza.
Nell’Anno della fede siamo chiamati a ripensare
e, soprattutto, a rivivere la nostra fede
in modo nuovo, senza dare niente per scontato.
Nel motu proprio Porta fidei Benedetto
XVI ha scritto: «Capita ormai non di rado che
i cristiani si diano maggior preoccupazione
per le conseguenze sociali, culturali e politiche
del loro impegno, continuando a pensare
alla fede come un presupposto ovvio del
vivere comune. In effetti, questo presupposto
non solo non è più tale, ma spesso viene
perfino negato.
Mentre nel passato era possibile riconoscere
un tessuto culturale unitario, largamente
accolto nel suo richiamo ai contenuti della
fede e ai valori da essa ispirati, oggi non
sembra più essere così in grandi settori della
società, a motivo di una profonda crisi di
fede che ha toccato molte persone» (n. 2).
La questione della fede oggi va concepita
come una sfida, come qualcosa che deve
risvegliarci dal sonno della nostra indolenza
e riaccendere la nostra attenzione e vigilanza.
Si avverte un urgente bisogno di riscoprire
la fede come quel «tesoro nascosto», quella
«perla preziosa» (cfr. Matteo, 13, 44-46), per
i quali vale la pena donare tutto. Riscoprire
la fede dovrebbe essere un traguardo per
tutti i credenti.
Noi cristiani siamo chiamati a riscoprire ogni
giorno l’importanza del dono della fede e la
sua bellezza. Non pochi battezzati, infatti,
ritengono che la fede sia un pesante fardello
che impedisce di gustare la vita, oppure
credono che l’osservanza dei comandamenti
non consenta di essere pienamente liberi e
felici. La fede non è né un ostacolo né un
peso, ma è un dono prezioso che apre
orizzonti nuovi e affascinanti nella nostra esistenza. Occorre riscoprire la fede come
incontro vero e profondo con una Persona,
la persona di Gesù che dà alla vita un nuovo
orizzonte e con ciò la direzione decisiva.
In varie occasioni il Pontefice ha parlato
della drammaticità della situazione della
fede nel mondo di oggi. Per l’uomo di tutti
i tempi, ma in particolare per l’uomo di oggi,
la questione della fede, e cioè la questione
di Dio, è una questione centrale e decisiva.
Durante la celebrazione d’inizio del suo
ministero Papa Benedetto XVI ha parlato dei
deserti del mondo e ha spiegato: «Vi sono
tante forme di deserto. Vi è il deserto della
povertà, il deserto della fame e della sete, vi
è il deserto dell’abbandono, della solitudine,
dell’amore distrutto. Vi è il deserto dell’oscurità
di Dio, dello svuotamento delle
anime senza più coscienza della dignità e
del cammino dell’uomo. I deserti esteriori si
moltiplicano nel mondo, perché i deserti
interiori sono diventati così ampi».
Il Papa descrive questa situazione della
desertificazione del mondo interiore dell’uomo
usando termini incisivi. In altre occasioni
ha parlato di «una strana dimenticanza
di Dio», «rifiuto di Dio», «assenza di Dio»,
«eclissi del senso di Dio», di «un nuovo
paganesimo».
Nessun cristiano può considerare la fede
come una questione chiusa una volta per
tutte nella vita. Siamo davanti a una sfida
che continuamente ci interpella, una sorta
di provocazione salutare e permanente, un
forte richiamo a lasciar prevalere nella nostra
esistenza “l’essere” e non “il fare”. A
riguardo Papa benedetto XVI ci ammonisce:
«Si può fare molto, tanto nel campo
ecclesiastico, tutto per Dio…, e in ciò rimanere
totalmente presso sé stessi, senza incontrare
Dio. L’impegno sostituisce la fede,
ma poi si vuota dall’interno».
Il Papa afferma che «la vera crisi della Chiesa
nel mondo occidentale è una crisi di fede».
Di recente ai Vescovi della Conferenza
episcopale italiana riuniti in assemblea ha
detto che è necessario ripartire da Dio e ha
spiegato: «La prima condizione per parlare
di Dio è parlare con Dio, diventare sempre
più uomini di Dio, nutriti da un’intensa vita
di preghiera e plasmati dalla sua grazia. (…)
Vorrei dire a ciascuno lasciamoci trovare e
afferrare da Dio, per aiutare ogni persona
che incontriamo ad essere raggiunta dalla
Verità. (…) La missione antica e nuova che ci
sta innanzi è quella di introdurre gli uomini
e le donne del nostro tempo alla relazione
con Dio, aiutarli ad aprire la mente e il cuore
a quel Dio che li cerca e vuole farsi loro
vicino».
Davanti a tale non facile sfida, la Chiesa
guarda con grande speranza ai movimenti
ecclesiali e alle nuove comunità, che sono
veri e propri “laboratori della fede”, “scuole
della fede”, luoghi dove giovani, adulti, coppie
di sposi vengono iniziati alla fede e cioè
all’incontro con Dio in Gesù Cristo. Naturalmente
l’opportunità di percorrere uno specifico
itinerario di fede all’interno dei movimenti
e delle nuove comunità non è un
metodo di garantita efficacia. È sempre chiamata
in causa la libertà umana e per questo
è necessario rimanere svegli e vigilare. Ecco,
dunque, l’Anno della fede si presenta non
come una celebrazione che si aggiunge alle
altre, ma come un “Anno di grazia del
Signore”, un dono da accogliere con gratitudine
e senso di responsabilità da parte di
tutti.
G.S.