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Se lo Stato è latitante... la parrocchia no !

Miei Cari,
mentre mi soffermavo a preparare l’omelia per la domenica 15° dell’anno, circa l’invio dei discepoli da parte di Gesù, mi è venuto in mente un episodio che ha turbato la serenità dei nostri ragazzi durante l’esperienza dell’Oratorio estivo, attraverso il quale essi fraternizzano, pregano, si divertono, fanno esperienza della vita bella vissuta con Gesù nella prospettiva del loro domani. Abbiamo imparato a contentarci delle poche strutture che abbiamo e degli spazi che mancano, anche se non mi è mai venuto meno il coraggio di pregare perché i buoni vicini della parrocchia imparino a gioire per quella vivacità innocente e buona di ragazzi che comunque vengono sottratti ai pericoli della strada nei mesi estivi. E’ intervenuto fortemente il papà di alcuni bambini: se lo Stato è latitante in ordine all’educazione dei nostri figli, la parrocchia deve farlo! Il parroco è abbastanza convinto che le ragioni per cui Dio vuole che la missione venga fatta nella povertà sono probabilmente queste: l’assenza dei mezzi, l’abbandono totale alla Provvidenza del Signore che rende liberi, che lascia gli altri liberi di accogliere e di rifiutare, perché l’annuncio sia più puro e meno condizionato. La povertà dei mezzi inoltre e quindi dei pochi spazi che la nostra parrocchia ha perché trovasi nel centro della città, fa risplendere la forza intrinseca della Parola di Dio: non siamo noi e men che meno le nostre strutture, gli agenti della conversione e della santificazione del mondo. Così dopo la turbativa della festa dei nostri ragazzi, comunque chiusasi rapidamente dopo un intervento affatto cristiano di un signore che lamentava il chiasso prodotto da essi, contrariamente alla spirituale letizia di una signora ultranovantenne che nota e apprezza il lavoro parrocchiale a favore dei gruppi dei giovani, dei fanciulli e delle famiglie, il parroco ha pensato di raccogliere la vivace comitiva in chiesa dopo il trauma subito dell’intervento spropositato. Dopo aver pregato mi è venuto di raccontare loro un episodio della vita di don Bosco quando scarseggiava di luoghi per far giocare i suoi ragazzi. Lo attinsi da un libro di Eugenio Pilla: “Don Bosco che ride”. L’autore riportava tra gli altri l’episodio di don Bosco che aveva fatto sostare i fanciulli in un prato confinante con la tenuta di una marchesa di Torino. Costei ammoniva il Santo per lo schiamazzo prodotto e diceva anzi che perfino le sue galline non facevano più uova per la incontrollata vivacità dello stuolo approdato lì con don Bosco. Il grande Leader, con amabile dolcezza, assicurava la marchesa che per l’anno a venire ciò non sarebbe accaduto. Sì. L’anno che venne registrò la morte della marchesa. Intelligenza e vivacità dei bambini! Una piccola, che ha frequentato la 2^ elementare interviene: “Don Vincenzo, allora anche quel signore morirà?” Intervengo subito. No. Gesù non è per la morte ma perché ci convertiamo e viviamo diventando buoni. Anche questo insegnamento credo abbia fatto breccia della vivace e simpaticissima famiglia dei ragazzi che hanno fatto l’esperienza dell’oratorio estivo di quest’anno.
Buon proseguimento delle vacanze.
don Vincenzo