Le festività natalizie sono terminate e
siamo entrati nel 2017, animati dalla
speranza che il Signore possa donarci
un anno prospero e ricco di salute, di maggiore propensione alla carità cristiana, di più
fede in lui. Auguriamoci che possa elargirci
uno sguardo nuovo, capace di distinguere il
bene dal male, l’utile dal superfluo e dall'inutile, quindi un occhio interiore purificato
dall'acqua e dal sangue che sgorgarono
dal suo costato trafitto. Di questo abbiamo
urgente bisogno: osservare la realtà e gli
accadimenti piccoli e grandi, che concernono
noi e gli altri, alla luce della coscienza e della
consapevolezza cristiane. Osserviamo quindi
sgomenti alla tragedia di interi popoli, alle
migrazioni di massa verso l’Europa, ai conflitti bellici, agli attacchi terroristici dell’ISIS,
alla nuova guerra fredda tra USA e Russia.
Dinanzi a questi eventi su larga scala, cosa
possiamo concretamente fare se non pregare
per la pace nel mondo e nei cuori ed adoperarci nelle nostre comunità locali affinché
lo spirito del bene prevalga su quello del
male, le cui caratteristiche sono facilmente
riconoscibili: individualismo, egoismo, avarizia, divisioni, faziosità, tentativi più o meno
maldestri di introdurre nel tessuto sociale idee
inconciliabili col progetto di Dio per l’uomo.
Progetti, a voler tirare le somme, infecondi
e tristi, come quello di far passare come
normale l’ideologia gender o quella dei due
padri e delle due madri. Fra le varie iniziative
partorite da questa nuova Amministrazione
di sinistra vi è stato il progetto cosiddetto
“Evoluzioni”, fatto a misura per laicizzare
la nostra società e giustamente criticato da
molti, anche da non credenti. La teoria dei
due padri e delle due madri non è affatto
evolutiva, ma va al di là del paganesimo.
Certo, questa nostra società, per diversi
aspetti, appare disorientata e disordinata e, a
quanto pare, chi ci amministra ci mette del
suo per intorbidire le acque della schietta
tradizione popolare, radicata e sentita malgrado le cosiddette “evoluzioni” regressive.
Così, accanto alle luci natalizie e agli alberi
addobbati e ad un presepe in piazzetta Le
Monache, sono spuntati al centro del paese,
in una piazza di un biancore acceccante, un
oggetto anch'esso bianco a forma di nave
sormontato da uccelli e, nelle vie del centro
storico, delle luminarie a forma di strumenti
musicali, consone semmai a manifestazioni
quali il Talos Festival, attualmente defunto
per mancanza di fondi. Queste iniziative
scenografiche sono state esaltate a tal punto
che si è tentato di dargli un valore umano
o spirituale, ma laico, durante il periodo
natalizio, quando tutta l’attenzione del mondo
cristiano va alla nascita del Creatore in una
stalla: le migrazioni dei popoli, l’immagine di salvezza e libertà, e non so cos’altro. Come
se il presepe, la famiglia di Nazaret, la nascita
del Cristo a Betlemme al freddo e al gelo,
Maria e Giuseppe, non rappresentassero già
quei valori e anzi ne aggiungessero altri, validi anche per atei, agnostici e credenti di altre
religioni: l’emarginazione, la povertà, l’umiltà, la speranza, l’esaltazione degli ultimi, i
pastori, considerati all'epoca gente di scarto,
da cui stare lontani. Dio si fa uomo e si rivela,
disarmato e fragile, non ai dottori della Legge
o ai filosofi, ma agli ultimi della terra. Si fa
uomo in tutto, tranne che nel peccato. E che
dire dell’amabile silenzio di Giuseppe, un
falegname, e di Maria, che meditava nel suo
cuore tutti quegli straordinari accadimenti?
Silenzio e meditazione non sono forse bisogni
di tutti gli uomini che vogliono ritrovarsi,
riflettere sul senso della vita, trovare un po’
di pace? Perché una vita senza senso non ha
alcun senso. La dimensione orizzontale, senza
quella trascendente e verticale, sa di finito,
odora di loculo e di morte infinita, laddove
l’uomo umile sente e percepisce distintamente
dentro di sé l’esistenza di un’energia creatrice, orientatrice, salvatrice, che vince il mondo
e ci apre ad altri scenari inauditi dopo la
morte. La morte non ha l’ultima parola grazie
alla venuta del Signore. Questo messaggio di
fede e di speranza non prende le mosse che
dal presepe tradizionale, non da altri marchingegni che non hanno neppure un profilo
identitario.
Auspico che nel dicembre del 2017 ci sia
una rivisitazione di certe scelte e che si metta
al centro del paese il tradizionale presepe.
Saremmo pure tradizionalisti, ma a Natale – è
bene ribadirlo - si celebra la nascita di Gesù,
non quella di un perfetto sconosciuto, anche
se per molti il Cristo costituisce ancora un
perfetto sconosciuto, tant’è vero che, con mio
profondo dispiacere, ho sentito taluni parlare
di “Natale laico”, un ossimoro, un paradosso,
una contraddizione in termini che non rende
onore alla loro intelligenza.
Salvatore Bernocco