La Chiesa locale è in fervida
attesa del suo nuovo Pastore.
Dopo la prematura scomparsa
del vescovo Martella, si attende la
nomina del suo successore, che era
data per imminente. Com’è noto, il
termine vescovo della Chiesa cattolica,
indica chi è investito del governo
di una diocesi ed è posto alla guida
pastorale.
In un’epoca dove predomina la
burocrazia, ovverosia il potere fondato
sulle carte, sul comando e sulle
disposizioni, la Chiesa è chiamata a
svolgere un ruolo diverso, quello della
cura delle anime e dell’attenzione
particolare a chi versa in condizione
di bisogno economico, morale e
spirituale. La Chiesa di papa Francesco
è una Chiesa antiformalista e che si fa
prossimo.
È a dir poco scandaloso vedere vescovi
di recente ordinati con ornamenti e
paludamenti sfacciatamente preziosi
dinanzi alla povertà di tanta povera
gente che non può campare. Come
avranno il coraggio di avvicinarsi ad
essa?
È una Chiesa che si misura sulla
misericordia del buon Samaritano, cioè
sulle opere di carità. Essa cammina
accanto ad ogni uomo che, fatto ad
immagine e somiglianza di Dio, è alla
ricerca di un senso da dare alla propria
esistenza, di valori che trascendono il
tempo e lo spazio. In tal senso, anche
i ricchi piangono, mentre i poveri in senso evangelico sono più fortunati
perché animati dalla virtù della
speranza che non delude. Sembrerebbe
paradossale, ma compito della Chiesa
è anche quello di trasformare un uomo
ricco in un uomo povero di spirito,
sebbene sia più facile che un cammello
passi per la cruna di un ago che un
ricco entri nel regno dei cieli.
La comunità attende il suo nuovo
Pastore, cioè colui che ha l’obbligo
di spingere ad una conversione della
mente e del cuore facendo leva sul suo
esempio, sui suoi gesti ed atti pastorali,
in spirito di umiltà e di fraternità,
affinché nessuno, quale che sia la
sua condizione esistenziale, si senta
emarginato od escluso dall'amore
di Dio, che è da sempre e che è per
sempre. Impegno del nuovo Pastore
dovrà essere quello di indicare il
cammino verso la terra promessa,
in unione di spirito e di azione col
presbiterio locale, sollecitandolo e
con tutti gli uomini di buona volontà.
Né può sottacersi la necessità che
egli si impegni affinché cresca il
senso di appartenenza ad un’unica
comunità ecclesiale, al di là dei confini
territoriali e meramente fisici di ogni
parrocchia. Molti episodi hanno
evidenziato una esecrabile carenza
di comunione e di unità di intenti fra
gli uomini e le donne che dovrebbero
testimoniare l’amore di Dio, la sua
misericordia, il suo perdono. Qualche
vescovo di felice memoria è stato finanche sottoposto a trattamenti
indegni e vergognosi, intrisi di
superbia ed animosità. È superfluo
aggiungere che chi si comporta
in questo modo dà una lezione di
controtestimonianza evangelica che
rende felice il maligno e avvilisce il
cuore del Padre della misericordia.
Questi comportamenti non servono la
Chiesa, bensì allontanano quei fedeli e
quei credenti che nutrono l’idea di una
Chiesa povera, “ospedale di campo”
per tutti coloro che vivono situazioni
di miseria e di dolore. Quanta colpa
hanno i credenti per l’ateismo o
l’agnosticismo di chi non crede? È
una domanda che bisogna farsi. È
l’interrogativo che ogni cristiano
dovrebbe porsi quando si accinge
all'esame di coscienza - salutare - che
andrebbe fatto prima di addormentarsi.
L’anno giubilare della Misericordia
è un invito caloroso e pressante a
vivere in maniera viva, vera e vivace
l’amore di Dio, un amore che non
ha limiti e che copre tutti i peccati
dell’uomo purché ci sia l’impegno
alla conversione e ci si riconosca
umilmente peccatori e quindi
bisognosi del perdono del Padre, il
quale è sempre pronto ad accoglierci,
anzi è sempre pronto ad entrare nei
nostri cuori nell'attimo stesso in
cui gli apriamo la porta della nostra
interiorità. Per cambiarci. Per renderci
uomini nuovi, liberi dalla schiavitù del
male che, specie oggi, riveste forme
sottili e subdole. Per renderci fin da ora
partecipi della felicità del Suo regno,
dove non c’è più dolore. Per renderci
uomini e donne di pace, costruttori di
beatitudini in un mondo in cui perfino
il concetto di Dio è causa di guerre,
divisioni e delitti.
L’auspicio è che il nuovo Vescovo
agisca nel solco degli insegnamenti e
delle opere del compianto don Tonino
Bello, servo di Dio perché servitore
degli uomini.
Tanto ci attendiamo da lui.
Salvatore Bernocco