Cari, certamente è Dio il volto
del Giubileo, ma il volto di Dio
incomincia dal volto dell’uomo.
E’ così che siamo chiamati ad incontrare l’uomo, nella concretezza, nel
sangue, nella quotidianità della sua
storia. Ecco, incontrare l’uomo, che
ha un volto, un nome, un cuore:
- l’amico di famiglia che è finito in
prigione, e non si sa come;
- quella mamma in periferia, che non
ha una stanzetta decente dove mettere la culla del suo bambino;
- quel compagno di mio figlio, che si
droga e si aliena ogni giorno di più
dalla vita;
- la ragazza madre, diseredata
dalla famiglia, perché non ha voluto
uccidere il bambino che portava in
grembo;
- la madre disperata di quei tre
ragazzi morti in una delle tante notti
di sabato;
- quell'uomo disoccupato che, anche questa mattina è uscito da casa,
in cerca di lavoro, e che, questa
sera, rientrando, sarà costretto a
ripetere: «Mi hanno promesso, mi
hanno promesso ancora oggi, ma
ancora niente»;
- quel volto sfigurato, «altro», che
viene dalla guerra, dalla fame, dalla
persecuzione e che ha diritto alla
giustizia, alla speranza, alla terra che
è di tutti.
Essere aiuto dell’uomo, di ogni
uomo accanto, che soffre, per la
propria situazione di crisi, di malattia, di disordine, di peccato. Essere
comprensione, ascolto, pazienza,
soccorso. Dare un volto al Giubileo,
volere patti di speranza, condividere
il pane e il Padre.
Se riuscissimo ad avere questa competenza, la competenza dell’amore!
N.B.