LETTERA DI PAPA FRANCESCO AI VESCOVI RIUNITI IN ASSISI

UNA OCCASIONE PER RIFLETTERE SULLA FORMAZIONE PERMANENTE DEI SACERDOTI

Questa mia riflessione, che chiude il 2014, si ispira ai contenuti della lettera che il Santo Padre ha inviato ai Vescovi riuniti ad Assisi, dal 10 al 13 novembre, per discutere sul tema della vita e della formazione permanente dei presbiteri. Essa, inoltre, cade in una felice coincidenza, l’ordinazione sacerdotale di Papa Francesco, avvenuta il 13 dicembre 1969, e quella del nostro parroco, don Vincenzo, il quale fu ordinato sacerdote il 7 dicembre dello stesso anno. Ad entrambi vanno i fervidi auguri della nostra comunità. Qualcuno potrebbe obiettare: è un argomento che ci riguarda molto relativamente. In realtà così non è, per la semplice ragione che il sacerdote è guida e pastore del gregge che gli è stato affidato, e noi, in quanto battezzati, ne facciamo parte. La formazione e la vita dei nostri sacerdoti, quindi, non possono esserci estranee, giacché da esse dipendono la crescita di una comunità di persone che si riuniscono nel nome del Signore e che camminano insieme ai loro pastori sulla via che conduce al Regno di Dio, che è già presente ed operante in mezzo a noi tutte le volte che agiamo conformemente al messaggio evangelico. Su questo punto non posso non ricordare quanto il Papa ha detto a proposito dei sacerdoti, che si rendono estranei alle loro comunità in due casi: quando idolatrano il dio denaro e quando maltrattano le persone. Tuttavia, se questo è vero, è altrettanto vero che la testimonianza deve essere data anche da ogni battezzato che, in virtù del battesimo, è re, sacerdote e profeta. E se è anche sacerdote, è in qualche modo obbligato a fare il bene e ad evitare di compiere il male, cercando di essere a sua volta di esempio alle sue guide. In altre parole, la responsabilità della Chiesa incombe su tutti, non soltanto sui sacerdoti, i quali però hanno un surplus di responsabilità etica e morale. Ci sono stati episodi molto gravi che hanno scosso il popolo dei fedeli. Essi, in qualche modo e misura, incidono sul sentimento popolare nei riguardi della Chiesa che, da arca della Parola di Dio, si è talvolta scoperta miserevole, luogo di tenebra e di immoralità, a causa del comportamento disdicevole di alcuni religiosi. Speriamo caldamente che simili atti non abbiano più a ripetersi. Per tornare alla lettera del Santo Padre, mi ha colpito questa affermazione: «Del resto, fratelli, voi sapete che non servono preti clericali il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore, né preti funzionari che, mentre svolgono un ruolo, cercano lontano da Lui la propria consolazione». Il Papa introduce due categorie, quella dei preti clericali e quella dei preti funzionari.
Chi è il prete clericale? In generale, il termine clericale indica «i sostenitori di una partecipazione determinante del clero e del laicato cattolico alla vita politica e al governo dello Stato, con un programma ispirato ai principî e alle esigenze dell’autorità ecclesiastica» (Treccani). Ma in questo caso il significato muta, e direi che l’espressione voglia indicare quella parte del clero che è fondamentalista ed intollerante, che appunto non è aperta al dialogo e bolla severamente tutti gli altri, escludendoli. Si tratta di coloro la cui religione è infarcita di moralismo e culto delle apparenze, di riti e salamelecchi, non di fede cristiana. Chi è invece il prete funzionario? Direi che è un mero amministratore dei sacramenti, cioè un sacerdote che vive la sua missione come un lavoro e che, pertanto, non cerca la sua consolazione nella fede, ma in altre cose, attività, esperienze mondane, come se non vestisse l’abito talare. Terminato il lavoro, si dà ad altro, semmai abbandonando la chiesa o la parrocchia, rifiutandosi di accogliere le persone che vorrebbero parlargli. Costui è incapace di ascolto e di misericordia e non serve la Chiesa né serve alla Chiesa. Papa Francesco torna spesso sulle succitate questioni che sono di importanza centrale. Perché fondamentali sono l’esempio, la testimonianza coerente, la pratica della carità e dell’accoglienza, la fedeltà al Vangelo, senza cui la Chiesa di Dio sarebbe una mera agenzia educativa, un circolo filantropico come tanti altri, e la resurrezione e la vita eterna oppio dei popoli.

Salvatore Bernocco