Forse ci abbiamo fatto il callo a
festeggiare il Santo Natale. Forse ci è
venuto finanche a noia. E quanti di noi
soffrono di questa autentica peste della
noia, del non senso esistenziale, così da
cogliere la palla al balzo per fare del Natale
un’occasione mondana per cenoni e viaggi
all’estero – come per San Valentino o
Halloween (festa pagana) - e non un
avvenimento di eccezionale rilievo spirituale
per tutta l’umanità!
Forse soltanto i bambini sfuggono a
questo vizio e avvertono in pienezza la
bellezza e la fecondità del Natale. Essi lo
vivono in pienezza di gioia, nell’ansiosa
attesa dei regali, della cena in famiglia con
nonni e zii e parenti, ammesso che ci siano
ancora famiglie unite, non spaccate da
contasti e dissidi. Difatti è invalso l’uso
comune di affermare che il Natale è una
festa per i bambini e non per gli adulti, come
se essi non possano più gioire. Per molti,
anzi, l’arrivo del periodo natalizio segna
l’arrivo della tristezza, proprio perché si è
perduta l’innocenza e ci si è lasciati prendere
la mano, anno dopo anno, dall’andazzo
della cronaca quotidiana, infarcita di nero,
di cinismo e di morte nelle sue varie accezioni
e manifestazioni. Così il Natale, che è festa
di vita, si trasforma in una stanca parodia
della festa. Gli stessi riti natalizi sono stanche
ripetizioni di frasi fatte? Talvolta si ha questa
impressione.
Fa fatica ad emergere il dato
essenziale: la nascita del Redentore, che
ripropone il tema della nascita, della rinascita
a nuova vita e della festa interiore. Il cuore
di cosa ha bisogno? Di cose? O necessita di
parole di vita eterna, di lemmi di gioia, di una
voce che ci dica che il mondo è uscito dal
pensiero di Dio e che ha un senso, e noi con
esso? Credo che abbiamo bisogno di essere
rassicurati, di riappropriarci del senso
autentico della vita che il Natale ci ripropone.
La nascita di Gesù non è una favola. È un
avvenimento che interpella ogni essere
umano e che ci apre alla speranza senza
fine, non ad un aborto di essa. Dio si fa
uomo affinché l’uomo si elevi a Lui, ne
diventi figlio, coerede del regno. I primi ad
accorrere furono alcuni pastori, gente di
scarto, emarginata. Poi vi giunsero i re magi,
i quali non godevano di buona reputazione.
Dio, quindi, si manifesta a coloro che noi,
oggi, eviteremmo di incontrare, cioè a tutte
le persone emarginate, che si tratti di poveri,
di malati, di anziani, di disoccupati. Gesù
accoglie tutta la gente di scarto, la chiama a
sé, mentre rifiuta di manifestarsi ai sapienti
del mondo, ai re, ai potenti. Perché Dio ama
gli umili, e quelli umili non lo sono, amando
chi il denaro, chi il potere, chi la propria
scienza. Dunque, qual è il messaggio del
Santo Natale? Che l’amore per gli ultimi ci
innalza a Lui, mentre l’odio o l’indifferenza
ci separano da Lui. Se amiamo gli ultimi,
torniamo a rivivere, e sperimentiamo già qui
ed ora la pace del regno di Dio.
Salvatore Bernocco