Che la fase politica che stiamo attraversando sia delicata è cosa evidente. Che il governo italiano si stia dimostrando incapace di gestire una crisi economica di vasta portata è altresì evidente. Minato da scandali a sfondo sessuale, delegittimato da episodi di dubbissima moralità, il governo mostra la corda. La maggioranza fa fatica a trovare la quadra. A giorni alterni si sostiene che il governo Berlusconi non arriverà al 2013.
Molte le fronde interne, si pensi a quella capeggiata dall’ex ministro Scajola e da Pisanu. Il dissenso cresce sia all’interno del PDL che della Lega Nord. Anche a sinistra le cose non procedono come dovrebbero, cioè all’insegna dell’unità di intenti. Nel PD Veltroni fa opposizione a Bersani, Di Pietro sembra un giocatore di poker, fa partita a sé, mentre Vendola è impegnato a contendere il ruolo di candidato del centrosinistra a Bersani.
Insomma, il quadro della politica italiana non‘è idilliaco. Tutt’altro. Vi è una via di uscita dall’impasse? Alcuni pensano alla costituzione di un nuovo partito di cattolici, come se il cattolico abbia in sé, per grazia divina, qualità etiche e morali superiori. Così ovviamente non è. La storia della Repubblica italiana si è avvalsa dell’impegno di grandi figure del mondo cattolico, come De Gasperi, La Pira, Fanfani, Dossetti, Moro. Essi contribuirono alla costruzione dell’Italia democratica ed antifascista, ma non da soli. Da soli non si può nulla, anche qualora si fosse maggioranza. La Democrazia cristiana ha privilegiato la politica delle alleanze e della corresponsabilizzazione, e con Moro e Berlinguer si aprì una fase – prematuramente chiusa a seguito della uccisone di Moro – che andò sotto il nome di “solidarietà nazionale”. La D.C. non esiste più. Vani sono stati tutti i tentativi di riesumarla. Oggi, dopo gli appelli del cardinale Bagnasco, qualcuno pensa di dare alla luce un altro soggetto politico che raccolga i cattolici scontenti di destra e di sinistra, affinché si dia vita ad un partito di moderati equidistante tanto dal PDL quanto dal PD. A parte la considerazione che un terzo polo c’è (FLI,API, UDC), non vedo la ragione per cui i cattolici debbano coagularsi per affermare una diversità che, come ho già detto, mi sembra non sia nell’ordine dei fatti. Se si formasse un partito dei cattolici, si correrebbe il rischio di una radicalizzazione del confronto sulle questioni etiche, che invece richiede un approccio laico (non laicistico). Temo il travaso della religione nella politica, proprio perché si tratta di ambiti distinti e si muta in potere. Lo stesso Partito popolare italiano di Luigi Sturzo era aconfessionale. Il contributo dei cattolici alla vita politica delle comunità deve quindi, a mio avviso, essere autonomo e responsabile, né deve chiamare il causa la comunità dei credenti per le proprie autonome scelte e decisioni. Le crociate appartengono ad altri tempi. Oggi c’è bisogno di affermare i valori della famiglia, della vita, del lavoro, della solidarietà senza usare il linguaggio duro ed implacabile dei censori. Perché ci sono altre persone, uomini e donne, che hanno visioni diverse dalle nostre, e a nessuno è data la facoltà di conculcare la libertà degli altri per l’assurda pretesa di possedere tutta intera la verità. Lo Stato democratico è lo Stato di tutti, non di alcuni. La convivenza civile, la tolleranza, il rispetto delle altrui opinioni ne sono i cardini.
Salvatore Bernocco