PARABOLE: PER CAPIRE E FAR PARLARE LUI
Miei Cari,
anche alcune pagine del Vangelo di queste domeniche estive ci immettono nei riposanti
scenari che invitano alla contemplazione del creato e ad andare oltre, verso il Creatore: “Gesù, dice il Vangelo di Matteo, uscì di casa e si sedette sulla riva al mare”,(Mt.13,1..) e senza ostacolarti l’immersione nel creato, parla “in parabole” alle folle assetate della sua parola.
Un aiuto a capire meglio, senza i vincoli del dogma, del “così è”, punto e basta”!
Perché questo raccontare?
Perché forse l’insegnamento può diventare un parlare arido, astratto, fuori dalla
vita, fuori dalla casa e fuori dal mare.
La parabola perché non “definisce”, non dice tutto, ma è un discorso aperto non dice: così è, e basta. Forse ci siamo troppo legati ad una interpretazione del
Vangelo, immobile da millenni, ci va benissimo e non scalfisce uno solo dei problemi
dell’umanità. Una lettura e una esegesi fisse e immutabili che non hanno il coraggio di scavare o di aprire le finestre al vento e che soffia dove vuole e parla con la bocca di chi vuole.
Una morale-nonostante la svolta del Concilio Vaticano II - ancora dipendente dalla norma.
Credo che la Chiesa debba ritornare a parlare in parabole. Il vecchio catechismo ci insegnò che “Dio è l’essere perfettissimo”. Lui, in parabole ci ha detto che Dio è Padre che attende il figlio scapestrato, che lo abbraccia, non lo fa andare oltre con le sue confessioni, che sa benissimo che il figlio non ha bisogno del «padre», ma del «pane» che gli manca e nonostante tutto lo reintegra pienamente nel suo amore. La parabola: insomma un discorso aperto e che non sai dove ti porta, mentre sei immerso nella contemplazione del mare...
Miei cari, cerchiamo di guardare così il creato e ringraziamo Dio che non è «complicato» come a volte siamo noi quando sgridazziamo canti e preghiere per fare «zittire Lui»: Quel religioso silenzio davanti al mare...
Buone vacanze, Don Vincenzo
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ANNO XXV - N.296