Miei Cari,
la quaresima che stiamo vivendo, alla luce della Parola di Dio con cui ci confrontiamo quotidianamente, ci fa incontrare con la figura di S. Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, come volle fosse invocato, il Papa Pio IX nel 1870.
Ma chi ne fu appassionato cantore con altrettanto amore fu il Papa Leone XIII che nel 1889 scrivendo una sua Lettera ai cattolici ne cantò le lodi e scrutò profondamente la vita e la missione di questo giovane che insieme a Maria permise a Dio di realizzare il suo progetto di salvezza. Fu proprio quella Lettera a concludersi con la stupenda preghiera che ancora oggi recitiamo: “A te, o beato Giuseppe…”. Non poteva poi sfuggire al grande e intraprendente nostro vescovo del tempo Mons. Pasquale Berardi di sollecitare il primo parroco della nostra Comunità a improntare la devozione che attecchì meravigliosamente anche per la presenza da lui voluta della artistica scultura del Santo, del valente artista leccese Giuseppe Manzo nel 1907. Scriveva il Papa che “sapendo che la dignità della Madre di Dio è così alta che non ce ne può essere una maggiore, come non ammettere che anche S. Giuseppe, è partecipe della eccelsa dignità di cui Dio l’ha ornata, dal momento che tra la beatissima Madre di Dio e S. Giuseppe esiste un vero vincolo matrimoniale e che il matrimonio di fatto costituisce per se stesso la forma più nobile di società e di amicizia e porta con sé la comunione dei beni? La grandezza, grazia, santità e gloria di S. Giuseppe ne sono la deduzione logica”. C’è da aggiungere che Egli grandeggia fra tutti in dignità; anche perché, per volere di Dio, fu custode, nell’opinione di tutti, padre del Figlio di Dio. È questo il motivo principale della grandezza di S. Giuseppe, la relazione paterna verso Gesù, alla quale il matrimonio con Maria era appunto destinato. Gesù stesso, da parte sua, aveva riconosciuto la sua filiazione, perché «si assoggettò umilmente a S. Giuseppe, gli obbedì e gli portò quell’amore e rispetto che ogni figlio deve a suo padre».
Conclude il Papa che “Gesù Redentore (di qui l’intento di fondare nella nostra chiesa del Redentore la devozione cittadina a S. Giuseppe) ha voluto passare la maggior parte della sua vita mortale soggetto a Maria e a Giuseppe nella povera casa di Nazareth e ha consacrato quella famiglia”. I medesimi concetti ripropose Giovanni Paolo II nella sua Esortazione Apostolica “Redemptoris Cristos”.
Accorriamo a S. Giuseppe e chiediamo a Lui il dono del silenzio e della piena adesione al progetto di Dio su ciascuno di noi. Perché certamente è un progetto di amore e di felicità senza fine.
Cordialmente,
Don Vincenzo