DOVE SEI? (riflessione per il tempo di Quaresima)

"Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto.»“
Sono i versetti 8-10 del capitolo terzo del libro della Genesi, intitolato “La caduta”. La caduta dell’uomo ha inizio con la paura di Dio e con il nascondimento. Dalla condizione di intimità con Dio si passa ad una condizione di dolore. L’uomo si scopre nudo, avverte cioè che la sua condizione è mutata a causa di un atto di disobbedienza. Nudità equivale a miseria morale, senso di colpa, peccato, che altro non è che una condizione di alienazione rispetto al nostro io divino, quello sano ed integro.
Prendo a spunto per la riflessione sul tempo di Quaresima la domanda che Dio rivolge ad Adamo: “Dove sei?”.
Dio sa bene dove l’uomo è. Se non lo sapesse non sarebbe Dio. In questo senso la domanda è retorica se non superflua.
Ma il punto è che Dio inaugura un dialogo con l’uomo proprio nel momento più critico dei loro rapporti e l’uomo e lo invita a riflettere sulla propria condizione interiore, sul suo essere nel mondo.
Quella domanda vale anche per noi. Dio si rivolge a ciascuno di noi e ci chiede: “Dove sei?”. Dove ti trovi? Dove sei rispetto all’accoglienza della buona notizia? In quale punto ti trovi del tuo cammino interiore dall’io egoico all’io secondo il Cristo? Ti trovi allo stesso punto dell’anno scorso, di tre anni fa, o hai fatto dei passi in avanti? È cambiato il tuo modo di rapportarti al tuo prossimo, sei più altruista, ti accosti a chi soffre, oppure ti fai risucchiare dal gorgo del tuo egoismo e ti tieni alla larga dal fratello? Come va con la preghiera, con la meditazione, con la frequenza ai sacramenti della riconciliazione e della comunione? Ci credi veramente o sei dubbioso? Quale idea ti sei fatta di Dio? Pensi che sia il Padre misericordioso, il Buon Samaritano, il Pastore che si prende cura della pecora smarrita, oppure un dio che si diverte a seminare croci e sofferenze?
Quella domanda è quindi fondamentale.
È onnicomprensiva ed è pedagogica perché è diretta a farci crescere, a farci prendere consapevolezza della nostra attuale condizione interiore.
Rispondendo a quella domanda ci giudichiamo e ci vediamo alla luce del piano divino di redenzione e salvezza.
Se la nostra coscienza, in qualche punto, ci rimorde, è segno che dobbiamo revisionare mezzi e fini. Ma in che modo si cresce? Come un atleta migliora le sue prestazioni attraverso la disciplina ed il duro allenamento, con rinunce e sacrifici, così l’uomo interiore si sviluppa attraverso la cura dell’anima, la disciplina interiore, la meditazione delle cose dello spirito. Qual è il segno che il lavoro interiore è stato efficace, che ci siamo evoluti spiritualmente e cristianamente? Il segno è l’altro. Non Dio, il quale non ha bisogno di noi, ma l’altro uomo. Posso concludere in questi termini: l’altro è il termine di confronto e di paragone della verità del nostro rapporto col Signore.
La Quaresima è il tempo propizio per risintonizzarci sulla lunghezza d’onda dell’amore per il prossimo. Se avessimo bisogno di libri di testo, suggerirei di leggere il breve ma intenso lavoro di Martin Buber, “Il cammino dell’uomo”, edito dalle edizioni Qiqajon della Comunità di Bose. E di soffermarsi sulle parabole del Buon Samaritano e del Padre misericordioso, due pietre miliari dell’amore di Dio per ogni uomo e, quindi, misura dell’amore che dovremmo dimostrare concretamente ad ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino.

Salvatore Bernocco