Il recente spettacolo di Avetrana lascia perplessi: su un delitto perpretato in modo orrendo, i riflettori si accendono sulle persone possibili autori: su di loro ogni ricerca, ogni sospetto, ogni parola, ogni gesto per carpirne responsabilità ed altro.
Un silenzio totale si è fatto sulla ragazza uccisa: nessuna riflessione sulle sue doti, sulla sua giovane età, sul significato della tempesta assassina che ha sradicato la sua vita, sul valore di una giovinezza piegata come fragile stelo, sul significato di una vita terrena strappata ma trapiantata dal tempo all’eternità.
Tutto questo linguaggio è stato scaricato dai mass-media che ancora oggi tengono banco e forte audience.
Se si eccettua l’ora dei funerali quando il segno della spiritualità ha irrorato la bara della quindicenne, il restante tempo è stato incapsulato in un desolante commento di ipotesi, dimenticando che anche queste ore di ferocia umana devono esser commentate da un pensiero che rende dignità ai valori della vita.
Solo la voce della madre ha emesso un soffio di spiritualità: “Io credo nella
resurrezione ed allora incontrerò mia figlia”.
Il messaggio spirituale alleggerisce la pesantezza dell’orrido e consente di arginare
il mediatico dei mostri.
Prosegue intanto, in TV, la danza dell’orrendo!
R.F.