DALLA PARTE DEL SANTO PADRE


Se guardiamo, a distanza di qualche tempo e a mente più serena, alla campagna di stampa ordita contro il Santo Padre e la Chiesa cattolica, non possiamo esimerci dall’evidenziarne la virulenza e la pretestuosità. Intendiamoci bene su un punto: la pedofilia è un crimine abominevole, degno della massima riprovazione, di una severa condanna non soltanto morale ma anche penale. Chi lo compie commette un peccato di inaudita gravità, specie poi se veste l’abito talare o è un religioso. Chi ha fatto voto di servire Dio non può nel contempo servire l’Anticristo.
L’inferno sarà semmai più duro per costoro (ma aggiungo anche per chi, pur sapendo, omise di intervenire), ha ammonito Monsignor Charles Scicluna, il “promotore di giustizia” della Congregazione per la Dottrina della Fede, come se ci fosse una sorta di gradazione della pena là dove le anime bruciano per la lontananza da Dio. Se l’Inferno dantesco fosse attuale, costoro sarebbero posti nel girone dei lussuriosi o dei traditori. Tuttavia, ci preme sottolineare che la reazione del Santo Padre è stata ferma e decisa. Non ci sono sconti per nessuno né più coperture o trasferimenti di sede. La sofferenza di Benedetto XVI è intensa per i peccati della Chiesa, a cui si richiede totale conformità all’insegnamento evangelico, esempio coerente e fedele, amore casto verso gli uomini, specie i più indifesi. La conversione della Chiesa è un tema di estrema attualità. Anch’essa infatti è chiamata a convertirsi, a vestire i panni del buon samaritano, liberandosi di quelli del fariseo e del levita o del lupo travestito da pecora. Come scrive il più grande esorcista vivente, Padre Gabriele Amorth, anche nella Chiesa si avverte puzza di zolfo. Lo affermò, suscitando un certo stupore, anche Paolo VI molti anni or sono.
Ma, detto questo, non comprendiamo come mai analoghi polveroni mediatici non siano stati sollevati per analoghi terribili episodi accaduti all’interno di altre confessioni religiose. Non si comprende fino in fondo perché si sia spulciato nella vita di Benedetto XVI e finanche in quella di Giovanni Paolo II, a caccia di scoop, di elementi da cui potesse evincersi l’infedeltà di costoro, un’azione sistematicamente volta a coprire i misfatti di taluni loschi individui. Non parliamo di complotto, ce ne guarderemmo bene, ma di una tendenza a demonizzare tutta la Chiesa per i peccati di alcuni, partendo dal basso per sferrare colpi in alto, alla cieca, facendo di tutta l’erba un fascio. È un’operazione pericolosa e dagli esiti imprevedibili.
Ma non tutto il male viene per nuocere. Questo è il momento propizio per liberarsi di pesi e zavorre, imboccare nuove vie, separare, per quanto possibile, il grano dalla zizzania, anche se la zizzania ha il colore della porpora. L’umanità ha bisogno di esempi positivi, di credere che Dio ami attraverso l’amore disinteressato di uomini e donne cristiani. Rivelare il Dio infinitamente buono spetta a ciascun cristiano.
In caso contrario assisteremmo ad una fuga non soltanto dalla Chiesa, ma dall’idea stessa di un Dio misericordioso e amante. Non ci sarebbe esito più nefasto di questo.

S. B.