S. Rocco: il filo refe del cristianesimo e della pietà popolare nell’antica diocesi di Ruvo


Se, molto vaghe sono le notizie circa la venerazione di S. Cleto che la ininterrotta tradizione ruvese annovera come primo vescovo della città e poi terzo Papa, ancora più vaghe sono quelle riguardanti il culto di S. Biagio, divenuto Patrono di Ruvo durante la dominazione bizantina in Puglia. ma – si saquei culti che si sovrappongono non mettono radici solide anche se trattasi di “santi Ausiliari“ come S. Biagio invocato nei mali della gola cui, la secolarizzazione attuale non dà significato alcuno, se non ridotto a piccole frange di devoti che ancora ricorrono a Lui nei mali di gola. Per cui le devozioni allo stesso S. Antonio o S. Cleto o a S. Biagio e addirittura la devozione mariana come quella alla nostra Madonna delle Grazie, vengono superate, ad esempio da quella a S. Pio da Petralcina.
Il filo refe della pietà popolare divenne più marcato in Ruvo intorno agli inizi del’500 e l’egemonia di Venezia fu veicolo della diffusione del culto a S. Rocco nelle città marinare dell’Adriatico ma anche in quelle dell’entroterra come la nostra città. Lo stesso culto a S. Sebastiano invocato nel contagio della pestilenza e affrescato nel transetto della nostra cattedrale, dovette cedere il posto a quello di S. Rocco se nel 1503 si costruiva addirittura una chiesa in suo onore dalla città
che lo elesse suo particolare Protettore. Diventò anche Patrono Minore di Ruvo e il Papa Gregorio XVI indulgenziò il Sodalizio di S. Rocco nel 1576. Al santo di Montpellier fu non solo dedicata la chiesa nella principale Piazza Castello ma fu commissionata nel’700 una statua lignea al Brudaglio, scultore andriese; un secolo dopo la decimazione della città avvenuta nel 1656 a motivo di una terribile pestilenza nell’intera provincia barese, il Capitolo dei canonici della cattedrale non pensò una seconda volta a graduatorie tra i santi, compreso S. Biagio se per propiziarsi S. Rocco, commissionò nel 1793 al grande scultore napoletano Giuseppe Sammartino la stupenda statua d’argento unico esemplare in Diocesi, che veniva gelosamente conservata in alcune case di privati, vicine agli stessi Capitolari e addirittura – per proteggerlamurata volta per volta e riesposta al culto per le grandi feste di settembre che arrivavano a superare la stessa festa dell’Ottavario del Corpus Domini. Così lo stupendo simulacro argenteo non subì la sorte delle meravigliose statue di S. Riccardo e la Madonna dei Miracoli in Andria, del busto di S. Sabino in Canosa e perfino la statua di S. Cataldo a Taranto rubata negli anni ottanta. Delle feste di settembre parla lo storico di Corato P. Cosma Lojodice descrivendo un episodio del 1882 tra ruvesi e coratini.
Come descrive la devozione Massone Roberto A. sulla sua Monografia di Ruvo di Puglia: “Indicibili sono le spese che le confraternite religiose, dette congreghe, sopportano per luminarie, spari, apparati, musiche, ecc. Se Napoli ha S. Gennaro, Ruvo ha un santo di non minore importanza, il quale è S. Rocco. S. Rocco, fra le altre cose, è incaricato di far cadere la pioggia quando Domineddio, irritato...”.
Di nessun’altra festa cittadina si conserva addirittura documentazione fotografica dell’800, come per quella di S. Rocco. Né va dimenticato che per tale circostanza - e solo per essa- veniva recitato un componimento sacro- drammatico “La protezione nel voto e Ruvo liberata del contagio per intercessione di S. Rocco”.


Vincenzo Pellegrini