Rispettare,non ferire

Dopo una messa solenne, in sacrestia. “Ma tu lavori in un centro diocesano, vero?” chiede un prete oramai pensionato a uno dei più giovani concelebrati. “Sì”, risponde con semplicità questo. “Tempo perso, insomma!”, la conclusione dell’anziano. Da descrivere il volto del giovane don, tramortito più che se avesse preso un pugno. Poi s’è capito che la battuta voleva essere ironica: ma era bastato poco per spegnere - almeno per un attimo - le energie di un giovane generoso nello spendersi per la formazione di ragazzi e giovani correndo per tutta la diocesi.
Quante volte si riesce, con poco, a rovinare la giornata ad una persona, vicina o ignota: una frase, un rifiuto, un no, un’occhiata storta, una smorfia…
Le persone, capitale prezioso e delicatissimo insieme, vanno trattate come fine e non come mezzo, non posso sfruttarle a mio servizio e interesse. Per quanto uno possa aver sbagliato o essermi antipatico, resta un uomo, un fratello. Se anche mi fosse concorrente o avversario per qualche aspetto (affari, politica ecc.), non potrei mai trattarlo da nemico: è figlio dell’unico Padre, che fa sorgere il suo sole su tutti e manda il ristoro della pioggia senza differenze di meriti.
Per questo diventa urgente, in una società “urlata” e litigiosa come la nostra, adottare atteggiamenti e stili più fraterni e rispettosi. Quando non si condividono posizioni e comportamenti, le persone vanno comunque rispettate: l’immagine di Dio è in tutti e in ciascuno. Anche se ci si sente sicuri (!?!) della verità, non va dimenticato che la prima verità del vangelo è la carità fraterna; anche quando si fermano i “diritti di Dio”, non è lecito bastonare i figli, pur recalcitranti o peccatori.
Nei giorni che continuano la Pasqua, chiediamo al Padre di assumere Grazie al dono dello Spirito - il suo sguardo, la sua pazienza, di avere un Cuore simile a Gesù. Così la misericordia non sarà solo cantata in chiesa, ma vissuta nelle strade e nelle case: dove serve davvero, ogni giorno.


C.C.