LA POLITICA RISCOPRA IL BENE COMUNE

Ne hanno parlato finanche i Vescovi italiani della C.E.I., convocati per discutere ed approfondire il tema “Per un Pese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, da cui l’omonimo documento licenziato lo scorso 21 febbraio, Prima Domenica di Quaresima, su cui torneremo in altra occasione in modo più approfondito.
Ne parlano ogni giorno organi di stampa, televisioni, quotidiani, riviste. Se ne dibatte nei social network, cioè nei siti web dove gli internauti si incontrano nelle agorà virtuali e si scambiano opinioni ed idee.
Il Paese sta attraversando una terribile crisi etica e morale, oltre che civile ed economica, essendo queste ultime figlie delle prime due.
Nel Paese non c’è un’etica pubblica che sia condivisa. Si ha l’impressione di una erosione progressiva del senso morale, specie in campo politico ed economico, dove con frequenza preoccupante esplodono casi eclatanti di corruzione. Politica e finanza deviate, eterodirette dalle organizzazioni criminali, mafia e ‘ndrangheta, scoperte grazie all’uso delle intercettazioni telefoniche, strumento a mio avviso indispensabile per scoprire i reati e combattere la criminalità, tanto quella comune quanto quella dei cosiddetti colletti bianchi.
Perché alcuni politici temono le intercettazioni? Qual è il punto dolente? La tutela della privacy? O vi è altro? Francamente non credo che i magistrati si occupino delle vicende private di un politico per il gusto di violarne l’intimità o l’ambito familiare. Se così fosse sarebbero dei guardoni, farebbero del voyeurismo. La questione è che taluni comportamenti privati hanno riflessi pubblici, nel senso che rivelano intrecci affaristici e di altro genere inquadrabili nelle fattispecie dei delitti e dei reati contro la pubblica amministrazione. Il punto è il codice penale e quello di procedura penale, sono i reati che si commettono per fame e sete di potere e di denaro. Questi vanno contrastati e puniti severamente, senza attenuanti, evitando che il condannato possa ricandidarsi. A ciò osta non soltanto il vecchio detto “il lupo perde il pelo ma non il vizio”, ma anche la considerazione che non può ritenersi più affidabile nella gestione della res publica chi si è macchiato di reati contro la pubblica amministrazione. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici parrebbe sanzione adeguata.
Nella formazione di talune liste per le Regionali compaiono nomi discussi, discutibili o chiacchierati. Vi sono anche veline, truccatrici, massaggiatrici ed amiche di Tizio o di Caio, le cui uniche qualità pare risiedano nelle loro grazie ed avvenenze, prive di competenze culturali e di esperienza politica. Si finirà col fare eleggere senatore o deputato il proprio cavallo, come ai tempi di Caligola? Perché non restituire all’elettorato la possibilità di esprimere una o più preferenze, consentendo così di selezionare la classe politica secondo criteri diversi dalle curve, dai favori sessuali ricevuti e dal grado di sudditanza al potente di turno? Questa sì che sarebbe democrazia, altro che l’opposizione alle intercettazioni telefoniche, la sospensione dei processi per chi governa, i lodi a tutela dei potenti, il vaniloquio manicheo sulle forze del bene contro quelle del male, su chi farebbe e chi si divertirebbe soltanto a demolire.
Sono dell’avviso che chi è pulito non abbia nulla da temere. Questo è il salto di qualità che la politica deve fare. Massima trasparenza, correttezza ed onestà. In gioco vi è la tenuta democratica del Paese e la sua immagine nel mondo, vilipesa da una classe politica che pare abbia abdicato alla propria precipua funzione di legiferare ed amministrare per il bene comune, per conto dei cittadini onesti, mai per se stessi ed il proprio entourage.


Salvatore Bernocco