NATALE: “SOLIDALI” O “SOLITARI”

Miei Cari,
un evento lontano più di venti secoli, torna ancora una volta vivo e attualissimo. Il Bambino di Betlemme nasce per tutti, senza distinzioni, portando una speranza che non muore. Un amico mi ha scritto per gli auguri di Natale un cartoncino che riportava questo testo: «Una notte ho sognato che, in occasione del Natale, avessero aperto sotto casa mia un nuovo negozio. Spinto dalla curiosità vado a vedere. È una bella bottega, tutta adornata e illuminata. Al banco vendita siede un angelo. Gli chiedo che cosa vendete: “Tutto quello che il tuo cuore desidera”, mi risponde. “Allora vorrei - gli dico - giustizia, pace, perdono e amore per tutti gli amici”. “Aspetta” - mi interrompe l’angelo - “guarda che qui non vendiamo frutti, ma solo semi...”». Ecco cosa ci ricorda il Natale: che tutti dobbiamo essere buoni seminatori e coltivatori di semi di giustizia, pace, perdono e amore. Per tanto tempo siamo vissuti gli uni accanto agli altri, se non gli uni contro gli altri. Oggi bisogna comprendere che dobbiamo vivere tutti insieme, imparare cioè che dobbiamo vivere e insegnare ad ognuno di noi che si deve vivere gli uni per gli altri. La sola legge, la sola gloria, la sola verità è l’amore. Diceva Raul Follerau “solidali” o “solitari”: bisogna scegliere. Natale: da quel giorno sappiamo che l’amore salverà il mondo. Ogni seme di amore presto o tardi fiorirà. È il mio auspicio e il mio augurio natalizio.
Don Vincenzo


La comunità parrocchiale si stringe intorno al suo Parroco in occasione della lieta ricorrenza del suo anniversario sacerdotale. Era il 7 dicembre del 1969. Per singolare coincidenza, PAPA FRANCESCO fu ordinato sacerdote lo stesso anno, il 13 dicembre. Al SANTO PADRE e a DON VINCENZO vanno i nostri più affettuosi auguri di ogni bene nel Signore, augurando loro lunghi e proficui anni di testimonianza cristiana, sia pur nella diversità dei ruoli e delle responsabilità.

Per voi Sposi: LASCIATE SPAZI

Lasciate spazi alla vostra unione,
lasciate che la brezza del
cielo danzi tra voi.
Amatevi l’un l’altra, ma che
l’amore
non sia una catena.
Dissetatevi a vicenda, ma non
bevete
alla stessa coppa.
Nutritevi
a vicenda, ma non mangiate
dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e siate
lieti,
ma che ciascuno di voi sia solo,
come le corde del liuto
che tuttavia vibrando
danno lo stesso suono.
Donate il cuore al vostro
compagno,
ma non appropriatevi del suo.
Siate vicini l’uno all’altra, ma non
troppo:
le colonne del tempio hanno
giusti intervalli,
né le querce e i cipressi crescono
l’uno all’ombra dell’altro.

G. K. Gibran

EVANGELII GAUDIUM: l’esortazione di Papa Francesco

Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi. Questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto. Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché “nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore””. È l’esordio dell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” licenziata da papa Francesco il 24 novembre scorso. Mi soffermerei su queste parole introduttive del Santo Padre perché mi sembrano riassuntive dell’intera esortazione. Emerge la preoccupazione, direi il dolore, del Papa per l’eclissi della gioia nello Spirito Santo. Se non c’è lo Spirito di Dio c’è lo spirito del mondo, cioè c’è la ricerca del piacere fine a sé stesso, individualistico, egoistico, che porta ad escludere gli altri dal proprio orizzonte vitale, o meglio a trasformare l’altro in oggetto. Prendiamo ad esempio la pornografia. Cos’è la pornografia se non degradazione massima dell’unione fra un uomo ed una donna ridotti a strumenti, ad oggetti, a cose? Dov’è lo Spirito di Dio in questo caso? Si intravvede? Direi di no, tutt’altro. Teniamo bene a mente i seguenti passi biblici: “Non illudetevi: né immorali (pornòi), né idolatri, né adùlteri (moichòi), né depravati (malakòi), né sodomiti (arsenokòitai), né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio” (1 Corinzi 6, 9). “Sappiatelo bene, nessun fornicatore (pòrnos) o impuro (akàthartos) o avaro, cioè nessun idolatra, avrà in eredità il regno di Cristo e di Dio” (Efesini 5, 5). “Sono ben note le opere della carne: fornicazione (pornèia), impurità (akatharsìa), dissolutezza (asèlgheia); riguardo a queste cose vi La Caritas Parrocchiale ha il suo CENTRO DI ASCOLTO in Vico G. Jatta, 4 ogni Lunedì dalle ore 19 alle 21 preavviso, come già ho detto: che chi le compie non erediterà il regno di Dio” (Galati 5, 19-21). L’egoista poi non è dalla parte dei poveri. Non è forse nemico dei poveri. Non li avversa ma è indifferente alla loro sorte. In altre parole non gliene frega niente. Ha la mano inaridita ed il cuore spento, desolato. Difatti chi trattiene per sé non è più capace di provare letizia nel compiere il bene e neppure di entusiasmo (essere entusiasti vuol dire custodire Dio dentro di sé). È già morto alla vita di grazia, quindi alla vita eterna. Anche i credenti possono cascarci ed illudersi. Spesso vengono a patti con lo spirito del mondo e si corrompono. Di qui l’invito del Papa a rinnovare la propria intima adesione al Cristo, in altri termini a cercarlo ogni giorno, a leggere il Vangelo, a pregare, a sentirlo vicino. San Serafino di Sarov diceva che il fine della vita cristiana è l’acquisizione dello Spirito Santo. Egli, che procede dal Padre e dal Figlio, è il dono che il Signore non rifiuta a nessuno: “Ebbene io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono” (Lc 11, 9-13). È il dono essenziale. Senza lo Spirito Santo non c’è il credente. C’è solo “pianto e stridore di denti” già su questa terra.

Salvatore Bernocco

DON TONINO E PAPA FRANCESCO pionieri di una “Chiesa in uscita”

La chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione del Vescovo Don Tonino Bello ha riproposto al popolo dei credenti la figura di un «Pastore» che ha praticamente aperto una strada che Papa Bergoglio sta oggi percorrendo condividendo con lui la coraggiosa concezione di una «Chiesa in uscita». Se don Tonino fosse vissuto più a lungo, oggi sarebbe stato coetaneo di Papa Francesco e si sarebbe rallegrato con lui per l’attribuzione del meritato riconoscimento di «persona dell’anno» da parte del prestigioso settimanale statunitense «Time». Entrambi oggi si sarebbero mossi in piena sintonia in quanto accomunati dalla stessa visione della vita e del rapporto Chiesa-mondo. Infatti, don Tonino sbalordiva per il suo modo di vivere e di rapportarsi al popolo. Colpiva, infatti, per la semplicità e sobrietà del costume; per la rinuncia agli agi del «palazzo»; per la vicinanza ai poveri; per la difesa dei meno garantiti; per l’efficacia della comunicazione; per l’affidabilità nei rapporti umani. Son in molti i testimoni che ricordano come da Vescovo abbia preferito indossare la croce di legno; abitare in poche stanze dell’episcopio; aprire le porte ai senza tetto; girare per le strade a piedi; spostarsi in cinquecento; evitare l’eccesso di formalismo curiale. È stato lui per primo a incarnare la «Chiesa del grembiule» chiamata a servire, distante dal formalismo dell’autorità. Oggi Papa Francesco non è da meno. Ha fatto la sua prima uscita tra i carcerati e si è inginocchiato davanti a loro indossando un grembiule al momento della lavanda dei piedi; ha proclamato una Chiesa povera e per i poveri; ha ordinato trasparenza alla IOR; è andato incontro ai naufraghi di Lampedusa; ha rifiutato la mozzetta con l’ermellino; ha continuato ad indossare la sua croce di ferro; ha preferito risiedere a Santa Marta piuttosto che nelle stanze del Palazzo Apostolico. Continua a spostarsi con una semplice utilitaria; a baciare i bambini; ad abbracciare i disabili; a mantenere i rapporti telefonici con le persone; a ridimensionare le pretese dei «curiali». Come don Tonino, Papa Bergoglio usa un linguaggio semplice che arriva al cuore della gente; cattura l’entusiasmo di chi l’ascolta; esce spesso fuori dagli schemi formali; sfida i teorici della «Chiesa Istituzione» cui sta a cuore più la carriera che il servizio. Sia per l’uno che per l’altro la Chiesa deve rispettare la originaria vocazione missionaria, andare incontro all’uomo, penetrare nelle periferie, farsi prossimo di chi soffre, offrire solidarietà. Come testimoni di una fede incarnata, entrambi esortano gli uomini di buona volontà a non «lasciarsi rubare la speranza» ed a lavorare per la costruzione di un mondo pacifico in cui non vi sia più spazio per il potere del denaro e delle armi, ma sia assicurata l’opzione privilegiata per la «convivialità delle differenze» e per il «dialogo sempre aperto».

Michele Giorgio

TALE PADRE (e madre), TALE FIGLIO

Figlio fa rima con padre e madre. C’è poco da girarci intorno: figliolanza ha a che fare con paternità e maternità allo stesso tempo. Se c’è l’una, non possono latitare le altre, pena un’opera incompiuta. Farsi «mettere al mondo» è faccenda maledettamente seria e complicata. Perché non appaltata soltanto all’incontro più o meno casuale di cellule o alla scarica adrenalinica di un attimo. Se, come sembra, servono un padre e una madre che davvero siano tali, e non solo un uomo e una donna, allora a essere coinvolti sono piuttosto desideri, emozioni, progetti, dono reciproco, accoglienza, corporeità, stupore. Di conseguenza, non tutti coloro che procreano sono per ciò stesso genitori, e al contempo non basta nascere «in carne e ossa» per essere figlio. E se è per questo, non si nasce figli una volta sola per tutte, e non si‘è genitori solo in sala parto. Ci vuole una vita intera per essere e l’uno e gli altri! Gesù l’ha spiegato bene all’incredulo e nottambulo Nicodemo: si deve rinascere di continuo, «Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito» (Gv 3,6); che è come dire che essere carne è ancora poco, se non arriviamo a essere spirito nello Spirito. E che Maria è stata mamma di Gesù sotto la croce non meno che nella capanna di Betlemme. E che il falegname Giuseppe non è stato meno papà di Gesù solo perché non ne era il genitore biologico, avendolo comunque educato a una vita buona e bella, e alla fede nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Ed entrambi, papà e mamma, sono stati genitori nel pieno senso della parola, avendolo amato e accettato quale dono di Dio da accogliere, accudire, far crescere responsabilmente e, infine, lasciare andare. Secondo i progetti di Dio su quel figlio, e non secondo i propri disegni di genitori apprensivi e desiderosi di riscatto sociale. Bisogna pure dire che anche Gesù imparò a fare il figlio, sia di Giuseppe e Maria sia del «Padre suo che è nei cieli». E non fu esente da incidenti di percorso (ricordate i tre giorni da dodicenne quando «scomparve» a Gerusalemme senza dir niente a mamma e papà?), né tantomeno da ripensamenti (grande la donna cananea, pagana, che gli fa cambiare idea con la storia del cagnolino e delle briciole!), o da autentiche fatiche (come all’orto degli ulivi). Imparando a 33 anni a essere davvero figlio fidandosi del Padre, non subendone più la volontà come imposizione ma come progetto di vita, e facendo di sé a sua volta un dono per tutti: «Io do la mia vita» (Gv 10,17), e proprio per questo poi mi ritrovo più figlio di prima! Quest’anno perciò ci piace ricordare che il Natale, il nostro Natale di ogni giorno, è faccenda di paternità e maternità non solo fisica, ma anche - come si suol dire - spirituale. Perché tutti noi possiamo crescere assieme a Gesù «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52).

 fra Fabio Scarsato

Nel tempo e nello spazio di Dio

Si diede inizio al mese di novembre con il pellegrinaggio a Pompei dove il parroco celebrò per la conclusione del mese del Rosario. Dopo la commemorazione dei defunti don Vincenzo si recò ad Assisi per gli esercizi spirituali. Continuò poi regolarmente la catechesi a tutti i livelli e i giovani parteciparono agli incontri cittadini, poi fummo introdotti ad una tre sere che culminò con la festa di Cristo Re, titolare della nostra parrocchia. Seguirono momenti di festa per tutti i componenti della parrocchia. Un incontro si ebbe poi per le Associate della Madonna del Buon Consiglio. Ebbe poi inizio la novena dell’Immacolata. Proseguirono intanto le catechesi per l’eventuale formazione di un’altra Comunità neocatecumenale. Gli adulti di A.C.I. ebbero il loro incontro formativo, mentre il parroco si incontrò con la presidente diocesana di A.C.I.; partecipò poi alla riunione dei parroci con il Consiglio diocesano di A.C.I. presso la chiesa di S. Giacomo nuovo.

Luca

CON UN CUORE DA "RE"

Miei Cari,
la ricorrenza della festa di Cristo Re titolare della nostra parrocchia deve orientarci ad alcune riflessioni: ciò che fa la differenza non è la cosa che facciamo, ma il «modo», lo stile con cui la compiamo. Così, chi riceverà da noi un rimprovero, sovente non terrà conto delle cose che diciamo, ma del tono della voce, che rivela se giudichiamo o analizziamo il fratello che sbaglia. Il giudizio, infatti, comporta sempre un tono duro e intransigente. L’analisi, invece, anche se tagliente, ha sempre un tono amabile e rispettoso. «Regale», appunto. Accentuo questo aggettivo per un evento che si presta a commentare la festa di Gesù Cristo Re dell’universo e Signore della storia, a conclusione dell’anno liturgico. Mi torna in mente intanto la pregnanza del termine «basilica», che vuol dire «casa del re» e mi piace ricordare il gesto profetico del nostro Don Tonino Bello, che mentre elevava anch’egli una chiesa importante alla dignità di basilica minore, si vide affrontato da un giovane che gli chiese: «Ma perché “minore”? Qual è allora la basilica maggiore?». Don Tonino scese dall’ambone e picchiando le mura della chiesa rispose: «Questa, fatta di mura, è la basilica minore. Ma il tuo cuore - proseguì toccando il petto del giovane - è la basilica maggiore!». Da questo gesto, ma anche da una basilica, possiamo imparare molto: a dare regalità alle cose, a camminare a fronte alta, a saper fare il primo passo, a essere sempre pronti a ringraziare chi ci ha fatto del bene, a prendere le difese dei più deboli. Soprattutto a saper perdonare, che è il gesto più grande di regalità. E a mettersi al giusto posto anche in politica, a saper riconoscere i propri limiti,a far strada ai poveri senza farsi strada (don Milani). Questo è vivere la regalità di una chiesa. Questo è allora anche lo stile con cui vivere, la festa di Cristo re. Ho intitolato questa lettera «Con un cuore da Re!». È quanto auguro anche a voi, sulla scia dei tanti martiri che sono morti gridando: «Viva Cristo Re!».
 Cordialmente,
Don Vincenzo


PAPA FRANCESCO INSEGNA:
“Non cerchiamo novità con curiosità mondana” ...La curiosità ci spinge a voler sentire che il Signore è qua oppure là; o ci fa dire: “ma io conosco un veggente, una veggente, che riceve lettere dalla Madonna, messaggi dalla Madonna. Ma guardi, la Madonna è madre. E ci ama a tutti noi. Ma non è un capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni. Queste novità allontanano dal Vangelo, allontanano dallo Spirito Santo, allontanano dalla pace e dalla sapienza, dalla gloria e dalla bellezza di Dio”... “Chi ha orecchie da intendere, intenda”.

NEL CENTENARIO DALLA NASCITA di Mons. FRANCESCO LORUSSO ( 1913 - 2013 )
Nato da Pasquale e Maria Gattullo il 2 novembre 1913 e battezzato lo stesso giorno nella nostra chiesa parrocchiale del SS. Redentore dal parroco Don Salvatore Ciliberti. Dallo stesso avviato al sacerdozio. Figura di spicco nel Presbiterio diocesano di Ruvo fu ordinato Presbitero diocesano di Ruvo il 16 luglio 1939 da Mons. Andrea Taccone e divenne parroco di S. Domenico nel 1941 fino alla sua morte. Fondatore dell’Oratorio Pio XII, si spense all’età di 66 anni il 17 febbraio 1979. La sua memoria è in benedizione nella città di Ruvo. Per le sue benemerenze e l’impegno pastorale in parrocchia e in diocesi il Vescovo Aurelio Marena lo segnalò al Papa Paolo VI che gli conferì l’onorificenza pontificia di Prelato d’Onore di Sua Santità.

CHI VIVE E CHI MUORE

La vita e la morte. Due misteri speculari. La morte è l’unico evento certo. Non si sa come e quando, ma arriverà. E produce angoscia perché dentro ogni uomo vi è un anelito insopprimibile a vivere. Anche il Cristo, dinanzi all’evento conclusivo e cruento del suo terreno passaggio, pregò il Padre affinché quel calice non gli fosse dato. Ma poi concluse abbandonandosi alla Sua volontà, ai suoi disegni che superano di gran lunga i nostri, in tutti i sensi. Ma chi vive e chi muore? Vive chi respira e muore chi non respira più. Fatto oggettivo. Naturale ed ovvio. Sul piano biologico è così. Ma poi vi è un altro piano, quello spirituale, secondo cui la vita e la morte vanno considerate con riguardo al peccato, quella frattura che è in grado di separare definitivamente l’uomo dal suo Creatore se ad esso non ne consegue la conversione del cuore, quindi di tutta la persona che, rientrata in sé stessa, si avvede che è affetta dal male dell’anima, dal cancro dello spirito, e che ha bisogno, per vivere, per risorgere a nuova vita, di una cura, di un rimedio. Il peccatore è un ammalato grave che va incontro alla “seconda morte”, quella definitiva, quella dell’anima che sceglie gli inferi, cioè la lontananza da Dio, che rifiuta in modo senziente il suo amore e la sua salvezza. Se la morte biologica coglie tutti, quella seconda rapisce chi ha vissuto in funzione dell’ego, chi si è prostrato dinanzi agli idoli. Ora, sul piano spirituale, chi respira può già essere morto senza esserne consapevole. E chi è morto sul piano biologico, può tuttora essere vivo. Vivo e felice in un’altra dimensione di cui sappiamo poco. San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, scrive: “Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale”. E ancora: “Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1 Cor 2, 6-9). Per coloro che amano il Signore, cioè per chi fa la sua volontà, vi è il Paradiso. Per chi non lo ama c’è un’altra sorte. Nefasta, purtroppo. Nel vangelo apocrifo di Tommaso si legge, per l’appunto, che i vivi non muoiono ed i morti non risorgono. È una sintesi perfetta dello stato delle cose. Viviamo in un’epoca che rifiuta il pensiero della fine perché ne ha paura. Perché non aderisce allo Spirito di Dio. La cultura di questo mondo, che rigetta la sapienza di Dio, la esorcizza con i reagenti del giovanilismo, dell’oblio, della distrazione che, nonostante gli sforzi, generano angosce, ansie, depressioni, vecchiaie anticipate. Compito del fedele è quello di annunciare e di ammonire, di spargere semi di novità di vita in un mondo che assomiglia sempre più ad un cimitero. Il cristiano semina speranza affinché la Nuova Umanità cristica prenda il sopravvento sulle sub-culture mortifere che, come i fatti di cronaca ci dimostrano ogni giorno, sconquassano i cuori e le menti degli uomini, soprattutto delle giovani generazioni, quelle più a rischio.

Salvatore Bernocco

SI CHIUDE L’ANNO DELLA FEDE

Ventiquattro novembre 2013. Questa la data di chiusura dell’Anno della fede, un anno che si è distinto per l’abbondanza di iniziative e la grande partecipazione di fedeli di tutto il mondo, ma anche per una particolarità che lo farà ricordare nella storia: è stato infatti aperto da un Papa e concluso da un altro, con il predecessore che è ancora in vita. Quando Benedetto XVI, l’11 ottobre 2012, aprì l’Anno della fede dedicato alla nuova evangelizzazione, erano passati esattamente cinquant’anni dall’avvio del Concilio Vaticano II. Papa Ratzinger mise bene in luce quel collegamento con il Concilio voluto da Giovanni XXIII, ma ricordò anche altre due iniziative: l’Anno della fede del 1967, proclamato da Paolo VI e il grande Giubileo del 2000, indetto da Giovanni Paolo II. Avvenimenti uniti dal desiderio di diffondere sempre di più e sempre meglio la fede, con «una profonda e piena convergenza proprio su Cristo quale centro del cosmo e della storia, e sull’ansia apostolica di annunciarlo al mondo», perché «Gesù è il centro della fede cristiana» e «il cristiano crede in Dio mediante Gesù Cristo, che ne ha rivelato il volto». La messa di chiusura sarà celebrata da Papa Francesco in Piazza San Pietro nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo re dell’Universo (nota come Cristo Re, introdotta da Pio XI nel 1925 con l’enciclica Quas primas) e sarà preceduta da speciali appuntamenti.

A. M. V.

Lettera di un padre a un figlio

Se un giorno mi vedrai vecchio, se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi… abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso io a insegnartelo. Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere… ascoltami. Quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia, finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare… ricordati quando dovevo correrti dietro, inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico. Ho avuto tanta pazienza per insegnarti l’abc. Quando a un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso… dammi il tempo necessario per ricordare. E se non ci riesco, non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico, ma il mio bisogno di essere con te e averti lì che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Quando dico che vorrei essere morto… non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età a volte non si vive, si sopravvive soltanto. Un giorno scoprirai che, nonostante i miei errori, ho sempre voluto il meglio per te, che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po’ del tuo tempo, dammi un po’ della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza. In cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te.
Ti amo figlio mio. Il tuo papà.

Dieci piccoli gesti quotidiani scacciacrisi, scientificamente provati

Ci sono alcuni piccoli accorgimenti da sfruttare anche dopo le vacanze, tutti scientificamente testati, che fanno bene all'anima e aumentano la felicità:

1. Donare. Fare un piccolo regalo ad amici e parenti o sconosciuti, soprattutto se improvvisato, dona serenità.

2. Autoterapia da grafomane. Scrivere o appuntare in un quaderno ogni sera tre piccoli eventi piacevoli (la moglie che vi ha cucinato il vostro piatto preferito, un disegno di vostro figlio, la telefonata di un amico) moltiplica esponenzialmente il loro beneficio.

3. Fare ogni giorno qualcosa di nuovo. Non per forza un’avventura ma una semplice variazione nella routine. Cambiare mezzo o itinerario per andare al lavoro, fare la pausa pranzo in un altro bar, comprare qualcosa in un nuovo negozio può aiutare a spezzare delle catene invisibili che pesano e intristiscono più di quanto pensiamo.

4. Andare in chiesa. Più studi scientifici hanno dimostrato che credere e frequentare una chiesa rende più sereni di chi si dichiara ateo.

5. Immergersi nel blu. Esporre il proprio corpo al colore blu di un ambiente naturale aumenta l’autostima, la propensione al sorriso e azzera lo stress.

6. Porsi degli obiettivi a breve o lungo termine. Promettere a se stessi di mangiare un po’ meno, fare più esercizio fisico, senza chiedere enormi sacrifici ma con l’obiettivo di raggiungerli, sopprime le emozioni negative.

7. Abbandonate il vostro punto di vista. Difendere le proprie posizioni ad oltranza fa disperdere moltissime energie ed esaurisce. Al contrario la neutralità o la ricerca di un compromesso giovano moltissimo.

8. Anticipare un evento piacevole. Preparare una festa (meglio se a sorpresa) o passare del tempo pianificando eventi piacevoli attesi regala serenità.

9. Dormire 6 ore e 15 minuti senza interruzioni ogni notte. Al di sotto di questo intervallo di tempo l’umore ne risente.

10. Avete almeno dieci amici veri? Chi ha meno di cinque amici è più solo e meno felice, lo certifica l’università di Nottingham.

 (Sole 24 Ore)

I FIGLI: DOVE ABBIAMO SBAGLIATO ?

Dopo la bravata di imbecilli la notte di Halloween, imbrattando i muri delle nostre chiese

Dove abbiamo sbagliato, così da avere ragazzi che in tutto il mondo occidentale esplodono al di fuori di ogni regola civile e morale? I genitori restano sempre più disorientati, talvolta impauriti e altra atterriti dalle trasgressioni sempre più audaci dei loro figli. Non sono cresciuti in famiglia? Non hanno avuto, sia pure con molti difetti, papà e mamme premurosi del loro bene, della loro crescita sana? Ci siamo lasciati alle spalle le vacanze estive, un’estate per molti ragazzi di indisciplina e disinteresse per ogni valore. Certo, vi sono genitori che devono fare l’esame di coscienza per la loro assenza nell'educazione o per la contro testimonianza data ai figli. Ma ve ne sono altri (la maggioranza) che sono bravi genitori, attenti al profitto scolastico, alla buona salute, ai valori civili e religiosi. C’è una crisi educativa in tutta la nostra civiltà. C’è una crisi educativa anzitutto perché c’è una crisi sul concetto di uomo e di adulto. Mi guardi bene da conclusioni moralistiche. Ma davanti a noi sta il bambino che, accarezzato, messo al centro della famiglia, si prenota a diventare adolescente esplosivo, soggetto chiassoso, distruttivo, incurante di ogni regola verso gli altri. Vuoi vedere che questo ragazzo idolatrato dalla famiglia e dalla pubblicità, superaccessoriato, seppellito di attenzioni, ha finito per credersi al centro del mondo, cadendo in una sorta di onnipotenza?

Nel Tempo e nello Spazio di Dio

Demmo inizio al mese di ottobre che tradizionalmente ci vide ritrovati per la recita del rosario che alle 20,30 venne anche animato dal Gruppo Famiglie parrocchiale. Dopo l’incontro programmatico dei catechisti ebbe luogo il rito del “mandato” che registrò anche la presenza dei ragazzi e i loro genitori. La catechesi è ripresa regolarmente a tutti i livelli compreso il Gruppo Adulti di A.C.I., i confratelli di S. Rocco, le Associate della Madonna del Buon Consiglio e i genitori dei fanciulli di catechismo. A fine mese ebbero anche inizio le catechesi promosse dal Cammino Neo-Catecumenale per la nascita di una 4^ Comunità. Un incontro programmatico fu anche organizzato per il Gruppo Giovani. Celebrammo anche il mese missionario dando particolare rilievo alla giornata della terza domenica di ottobre. La giornata conclusiva vide la Comunità riunita per la celebrazione solenne in onore della Madonna di Pompei che ci dispose al tradizionale pellegrinaggio al suo Santuario.

 LUCA

Il momento culminante dell’Anno della Fede: BENVENUTA TRA NOI !

Vergine Santissima che provieni da Fatima, a te il nostro benvenuto. Non sono i monti della Giudea ad accoglierti e salutarti “pellegrina”, ma è la ridente e dolce collina su cui sorge la città di Ruvo a darti il “benvenuto tra noi”. Noi avvertiamo in questo momento il fremito che si riverberò prima nel cuore di Davide e poi in quello della tua parente Elisabetta: “E come a me tanto onore che la Madre del mio Signore venga a visitarmi?”. Il nostro animo fu grandemente commosso dal primo momento in cui ci veniva rivolto l’invito di accoglierti nella nostra Comunità -una tra le 24 parrocchie d’Italia- a visitarci per portarci Gesù. Noi crediamo al ripetersi ancora una volta della processione eucaristica, che tu facesti per recarti da Elisabetta, di Lui, l’unica strada che porta a Dio. Per noi sei la “Donna dell’essenziale”. Colei che ha accolto l’invito di dare una umanità alla “Parola eterna di Dio”. Ti contempleremo in questi giorni nella grotta di Betlemme, mentre conservavi tutte queste cose, meditandole nel tuo cuore immacolato. Ti staremo accanto nel momento dello smarrimento di Gesù che ritrovasti nel tempio. Ancor più vicini a te staremo sotto la croce, dopo avere accolto l’invito “a fare tutto quello che Gesù ci dirà”. Lascia per ciascuno di noi un posto nel cenacolo dove sedesti al centro della Chiesa perché per noi rimani la nostra Sorella, la nostra Madre e oggi soprattutto la nostra Maestra della Fede. La nostra città, che da sempre ti venera e che ti accoglie quest’oggi, riceve oggi un dono straordinario, quello della tua presenza fra noi. Il nostro cammino di fede diventerà più autentico se tu ci dai una mano perché possiamo tornare veramente a Dio. Non abbiamo bisogno che tu ci ripeta alcun messaggio: li conosciamo abbastanza. Vogliamo aggrapparci al tuo grembo, come bambini che si aggrappano al seno della mamma. Con Elisabetta ti ripeteremo fiduciosi: “Beata te che hai creduto all’adempimento delle parole del Signore”. Ci adopereremo ad entrare pienamente nella beatitudine di coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. Non abbiamo bisogno di segni. Il segno sei tu: “Una donna vestita di sole apparve nel cielo, con il capo circondato da dodici stelle”, come dice Giovanni. Crediamo e vogliamo sperimentare quello che Gesù disse nel Cenacolo: “Beati quelli che crederanno senza aver visto”, questa è la traccia del tema; altre parole potrebbero farci deviare dall’impegno forte e dicisivo della fede, in questo anno straordinario in cui i Papi Benedetto e Francesco ci sollecitano ad una verifica senza mai stancarci. Mentre ti introduciamo nella nostra città, benedici o Maria la Chiesa, il Papa, il nostro vescovo, i presbiteri, le religiose e il Popolo Santo di Dio che volentieri si pone alla tua scuola, o clemente, o Pia, o dolce Vergine Maria.

dal saluto del Parroco alla Madonn

Il Sindaco di Ruvo Vito Ottombrini rivolge il saluto della città

L’arrivo della venerata icona della Madonna Pellegrina di Fatima è un evento importante e significativo per la nostra comunità, non solo per quella del SS. Redentore, il cui parroco saluto cordialmente insieme ai componenti del Consiglio Pastorale Parrocchiale e a don Michele Del Vecchio, parroco della chiesa di San Michele Arcangelo. Da un punto di vista laico, sebbene sia credente, mi preme sottolineare quanta importanza abbia il fenomeno religioso e di fede per lo sviluppo sano di una società. La fede non è contro qualcosa o qualcuno, ma deve essere sempre al servizio del bene comune, in modo particolare di quanti sono in condizioni di sofferenza. La sofferenza assume molti volti ed interpella tutti, nessuno escluso, laici e cattolici. La nostra comunità cittadina ha solide radici religiose. Le nostre tradizioni ne sono impregnate, per cui, citando Croce, potrei dire che “non possiamo non dirci cattolici”. La nostra cultura è cristiana. La cultura dell’accoglienza deve molto, se non tutto, alla fede. Ovviamente il cattolico non è l’unico detentore del diritto, del bene, delle virtù sociali, per cui postuliamo una società dove la tolleranza e la solidarietà mettano insieme tutti gli uomini di buona volontà, quale che sia il loro credo religioso. È altresì ovvio, però, che come ci insegna Papa Francesco, al credente è richiesto un surplus di impegno, e ciò come testimonianza, come missione, come vicinanza al Cristo dei Vangeli. La Vergine di Fatima era una donna. Una donna speciale, ma pur sempre una donna che ha fatto della sua vita un dono ed un capolavoro. Le donne hanno una funzione speciale nel mondo e nella comunità. Per molto tempo emarginate, scoprono le loro potenzialità al servizio degli ultimi, coniugando tenerezza ed onestà, lavoro e tenacia. Madri, figlie, sorelle, amiche dell’uomo, esse sono un punto di riferimento ineludibile. Mi auguro che questi giorni di permanenza della venerata immagine possano suscitare sentimenti di fratellanza e di rispetto, che possano essere di stimolo ad intraprendere un cammino di revisione delle nostre scelte, molto spesso dettate dall’egoismo. Quale che sia la nostra fede, siamo uomini e donne che possono crescere solo insieme. Non ci si salva mai da soli. Le teorie sull’autosufficienza sono errate perché conducono alla distruzione del tessuto sociale e familiare, su cui la società si fonda. Mi si permetta, infine, da credente, di rivolgere alla Vergine la preghiera di vegliare sul nostro paese, che sta affrontando sfide difficili e complesse. Ho letto nel programma che una giornata di preghiera è stata dedicata ai poveri ed ai disoccupati. Ho apprezzato molto questa scelta, frutto di una grande sensibilità e di una attenzione ad una piaga sociale che va allargandosi. Ci vorrebbe un miracolo, ma l’uomo non deve delegare a Dio ciò che può fare con la sua volontà ed intelligenza. Le chiediamo, tuttavia, di aiutarci nelle difficoltà di ogni giorno, certi delle sue materne premure. Grazie.

Ripensando a quei giorni...


Tracciare un bilancio della settimana mariana svoltasi nella parrocchia SS. Redentore, e dovuta alla presenza della venerata icona della Madonna Pellegrina di Fatima, non è agevole. È un bilancio che attiene più alla sfera interiore che a quella esteriore. Non contano tanto i numeri, la ragguardevole ed assidua partecipazione alle concelebrazioni eucaristiche presiedute dal Parroco, i rosari sgranati alla sera, le partecipate processioni, quanto l’accoglienza sincera delle parole del Cristo, le conversioni del cuore e delle menti di cui si è fatta promotrice, in un certo senso, la Vergine, segnando, auspicabilmente, per molti l’inizio di un cammino meno ondivago verso la pienezza della fede. La fede implica un salto. L’accoglienza del Cristo presuppone che gli si sia stata aperta la porta del cuore. Maria, alle nozze di Cana, dice ai servi: “fate tutto ciò che egli vi dirà”. L’acqua dell’inconsistenza e della tristezza viene tramutata dal Cristo in vino corposo e che dà gioia. È questo l’invito che è risuonato nella nostra Parrocchia dal 29 luglio al 5 agosto scorso: “fate tutto ciò che egli vi dirà”. Ed è il lascito della Vergine, il programma cui dovremmo attenerci, pur gravati dal peso dei nostri peccati e delle nostre fragilità. È un suggerimento materno, non un obbligo, perché il Signore si propone, non si impone mai. Egli avanza una proposta di vita, poi spetta a ciascuno di noi accoglierla, approfondirla, viverla. La libertà ci appartiene, è la nostra croce e la nostra delizia. Se vissuta, quella parola accresce il nostro potenziale di libertà perché fondata sulla verità che non delude. Ma la sua parola è tagliente come il filo di una spada. Separa.
Trancia di netto– se accolta – le zone oscure dell’anima. Pota e fa crescere in sapienza. La potatura è un’operazione chirurgica. Fa soffrire, ma è necessario sottoporvisi per diventare testimoni della pace e dell’amore. La libertà ha un costo. E, riflettendo sulle cronache quotidiane, di cosa ha bisogno la nostra società se non di donne ed uomini liberi e forti e sapienti che abbiano a cuore il bene comune, che si facciano carico dei problemi dei meno abbienti, che abbiano messo ai margini l’egoismo e posto l’amore al centro delle proprie preoccupazioni? Nella nostra società c’è un vuoto spaventoso di amore, malgrado se ne parli tanto e a sproposito, perché l’amore non è il sesso, non è un fatuo e volatile sentimento, non è l’emozione di un istante, ma è un orientamento costante ed un progetto di vita che coinvolge tutto l’uomo. La Vergine di Fatima ha parlato al cuore di tantissimi fedeli giunti non solo da Ruvo e dai paesi limitrofi, ma anche da fuori regione. Noi abbiamo visitato lei, e lei ha visitato noi in modo più penetrante, fino a toccarci le corde del cuore e a risvegliare in noi la nostalgia del buono e del vero. Emozioni, suppliche, sospiri, desideri, dolori, tutto le è stato affidato, confidando nel suo materno aiuto e nella sua potente intercessione. Ero presente al suo arrivo e alla sua partenza. Sono stati due momenti forti. Palpabile è stato l’affetto popolare verso la Donna che generò il suo Creatore e Signore, credendo nell’adempimento delle parole di Dio. La pietà popolare, se non scivola nella credulità e in manifestazioni falsamente mistiche, è un valore e rientra nel fiume limpido della Tradizione. Così è stato, ne sono certo, per la gran parte dei fedeli. Adesso spetta a noi il compito di non disperdere quel bagaglio di buone intenzioni che abbiamo accumulato in quella settimana di verifica del nostro percorso esistenziale. Nulla è impossibile a Dio se noi non gli rendiamo impossibile l’azione di grazia e di salvezza.

S. B.



1983 - 28 agosto 2013, XXX Anniversario di Parrocato di don Vincenzo Pellegrini

Con la speranza di interpretare i sentimenti della comunità parrocchiale, rivolgo i miei più sinceri e amichevoli auguri a don Vincenzo per il 30° anniversario di parrocato.
Fu destinato al SS. Redentore dal servo di Dio don Tonino Bello, dopo il lungo periodo di parrocato di don Michele Montaruli. Anzi, fu la prima nomina compiuta dall’indimenticato Vescovo, col quale don Vincenzo da molti anni prima aveva intrattenuto ottimi rapporti. Trent’anni non sono pochi, e probabilmente un bilancio di questi anni sarebbe in qualche misura ingeneroso perché peccherebbe per difetto. Del resto, chi potrebbe, senza apparire irriguardoso e tronfio, giudicare un altro uomo, il suo impegno, i suoi travagli? Non mi fa velo l’amicizia ormai più che ventennale con don Vincenzo, il quale ha sempre avuto a cuore il SS. Redentore e le persone della comunità che gli fu affidata. Per quanto mi riguarda, non posso che ringraziarlo per quanto ha fatto per me in questo lungo tempo di frequentazione, avendomi chiamato molti anni or sono a scrivere per il mensile “Fermento”, unico giornale mensile edito da una parrocchia nella Diocesi, contribuendo così alla mia formazione personale. Lo “svecchiamento” teologico mi pare un’altra sua caratteristica, nel senso che egli ama approfondire le questioni di fede, studiare i sacri testi, restituirli alla loro primigenia bellezza e al loro autentico significato. Su tutto prevale la misericordia, il perdono, la compassione, sulla scia del Buon Samaritano, che non si domandò chi fosse l’uomo pestato a sangue dai ladroni, quale fosse il suo orientamento sessuale, quale la sua fede religiosa, se fosse un peccatore o un sant’uomo, ma si  prodigò per lui standogli accanto, vegliandolo per una notte. A ciascuno di noi spetta il compito di operare secondo misericordia, mentre il giudizio spetta a Dio e a Lui solo. Lo stesso Papa Francesco si è detto impossibilitato a giudicare: “Chi sono io per poter giudicare un altro essere umano?”. La misura dell’amore è amare senza misura. Questo è il comandamento nuovo lasciatoci dal Cristo, non un “nuovo comandamento” che va ad aggiungersi agli altri, ma il “comandamento nuovo”, che cioè ingloba in sé e supera e perfeziona tutti gli altri: “amatevi come io ho amato voi”. Fino alla fine, in ogni circostanza, con le opere e con le parole. Don Vincenzo, in questi anni, si è rimboccato le maniche. Certo, tanto resta da fare, con il sostegno della comunità e delle persone di buona volontà. Un parroco, un uomo, da solo può fare ben poco. E bisognerebbe domandarsi, quando siamo in procinto di emettere sentenze, se le eventuali mancanze del parroco dipendano dal parroco stesso oppure dalla nostra scarsa partecipazione, dalle nostre omissioni, dalle nostre pigrizie. La lieta circostanza dell’arrivo della Madonna Pellegrina di Fatima, che ha catalizzato l’attenzione dei fedeli per un’intera settimana, suscitando conversioni ed emozioni forti, in occasione del 30° anniversario di parrocato di don Vincenzo, può essere letta come un segno, direi quasi come un augurio a perseverare nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Non due amori differenti, ma un unico amore, poiché Dio si è fatto uomo e quanto è fatto all’uomo è fatto a Lui. Auguri, don Vincenzo, e a nuovi traguardi!

Salvatore Bernocco

Nel tempo e nello spazio di Dio

Sia pure intervallato da pause ricreative, la Comunità si riunì per la celebrazione in onore di S. Maria Goretti il giorno 6. Si diede inizio poi all’esperienza dell’Oratorio estivo che perdurò fino al 28 luglio. Il 29 poi tutto fu predisposto per accogliere la Madonna di Fatima che dal piazzale di S. Angelo fu portata processionalmente in parrocchia ed ebbe così inizio la missione mariana che durò fino al 5 agosto. Una settimana indimenticabile per l’affluenza di tanti fedeli che provenivano anche dalle città della diocesi e di altre città viciniori. Indimenticabile la veglia mariana tenuta in piazza la processione eucaristica e quello della statua della Madonna per il corso cittadino. Il giorno 5 agosto la messa solenne di commiato e la partenza della statua per Monteflavio (Roma). Ma, prima del 29 luglio la città si riunì per la novena e la festa cittadina di S. Anna. Molti i fedeli, come ogni anno, durante le celebrazioni fu commentata la Parola di Dio. L’adorazione mensile, animata dai gruppi eucaristici e di S. Pio coronarono l’intero mese. Moltissimi poi i fedeli convenuti in via Rogliosa nella seconda domenica per onorare la Madonna. Seguì la festa rionale.

Luca

La Madonna Pellegrina di Fatima a Ruvo di Puglia



Dal 29 Luglio, alle 18,00, fino al 5 Agosto 2013 presso la Parrocchia "SS. Redentore" di Ruvo di Puglia potrete visitare la Madonna Pellegrina di Fatima. È l’unica tappa pugliese della venerata icona della Vergine, che sarà accompagnata dalle Sacre Reliquie dei Beati Francesco e Giacinta Marto, Pastorelli di Fatima.

Questo il programma:

LUNEDI’ 29 LUGLIO
Giornata dell’Accoglienza

18,00: Proveniente da Sora (FR), arrivo della statua della Madonna Pellegrina di Fatima in Piazza dell’Ospedale, dove il parroco Mons. Vincenzo Pellegrini accoglierà la Vergine Celeste con una preghiera di saluto. Si snoderà quindi la processione verso Piazza Castello.

Saluto del Sindaco di Ruvo di Puglia, Vito Nicola Ottombrini.

Intronizzazione nella chiesa parrocchiale e deposizione nelle mani della Vergine della corona del Santo Rosario, donata dal Beato Giovanni Paolo II, e incensazione della Sacre Reliquie dei Beati Francesco e Giacinta Marto, Pastorelli di Fatima.

Solenne celebrazione eucaristica.

21,00: Santo Rosario e saluto alla Madonna Pellegrina con preghiera, canto e incenso, e spegnimento della lampada.


MARTEDI’ 30 LUGLIO
Giornata dedicata alle Famiglie

08,30: Santa Messa con recita delle Lodi – Accensione della lampada e preghiera per l’Italia ed il mondo – Esposizione del SS.mo.

11,00: Santo Rosario – Angelus – Reposizione.

17,00: Esposizione.

18,00: Reposizione – Santo Rosario.

19,00: Santa Messa animata dai Neocatecumenali, con recita dei Vespri.

20,30: Santo Rosario e saluto alla Madonna Pellegrina con preghiera, canto e incenso, e spegnimento della lampada.


MERCOLEDI’ 31 LUGLIO
Giornata dedicata agli Ammalati e ai Volontari

08,30: Santa Messa con recita delle Lodi – Accensione della lampada e preghiera per l’Italia ed il mondo – Esposizione del SS.mo.

11,00: Santo Rosario – Angelus – Reposizione.

17,00: Esposizione.

18,00: Reposizione – Santo Rosario, animato dal Gruppo Eucaristico Parrocchiale.

19,00: Santa Messa con la presenza degli ammalati e delle associazioni di volontariato del territorio, animata dai Neocatecumenali, con recita dei Vespri.

20,30: Santo Rosario e saluto alla Madonna Pellegrina con preghiera, canto e incenso, e spegnimento della lampada.


GIOVEDI’ 1 AGOSTO
Giornata dedicata ai Giovani

08,30: Santa Messa con recita delle Lodi – Accensione della lampada e preghiera per l’Italia ed il mondo – Esposizione del SS.mo.

11,00: Santo Rosario – Angelus – Reposizione.

17,00: Esposizione.

18,00: Reposizione – Santo Rosario, animato dai giovani della Parrocchia.

19,00: Santa Messa, animata dal Gruppo di Preghiera di S. Pio da Pietrelcina, con recita dei Vespri. Processione Eucaristica con gli ammalati, in comunione con il Santuario di Fatima.

20,30: Santo Rosario e saluto alla Madonna Pellegrina con preghiera, canto e incenso, e spegnimento della lampada.


VENERDI’ 2 AGOSTO
Giornata dedicata ai Poveri e ai Disoccupati

08,30: Santa Messa con recita delle Lodi – Accensione della lampada e preghiera per l’Italia ed il mondo – Esposizione del SS.mo.

11,00: Santo Rosario – Angelus – Reposizione.

17,00: Esposizione.

18,00: Reposizione – Santo Rosario.

19,00: Santa Messa, animata dalle associazioni di volontariato cittadino, con recita dei Vespri. I canti verranno eseguiti dalla Schola Cantorum “Michele Cantatore”, diretta dal M° Angelo Anselmi.

20,30: Santo Rosario e saluto alla Madonna Pellegrina con preghiera, canto e incenso, e spegnimento della lampada.


SABATO 3 AGOSTO
Giornata dedicata all’Eucaristia

08,30: Santa Messa con recita delle Lodi – Accensione della lampada e preghiera per l’Italia ed il mondo – Esposizione del SS.mo.

11,00: Santo Rosario – Angelus – Reposizione.

17,00: Esposizione.

18,00: Reposizione – Santo Rosario.

19,00: Santa Messa, con la presenza delle Confraternite della Città, con recita dei Vespri. Processione con flambeaux con la Madonna Pellegrina, in comunione con il Santuario di Fatima. Al termine, saluto con preghiera, canto e incenso, e spegnimento della lampada.

20,30: Santo Rosario.


DOMENICA 4 AGOSTO
Giornata dedicata ai Consacrati ed ai Laici

07,30: Santa Messa con recita delle Lodi – Accensione della lampada e preghiera per l’Italia ed il mondo – Esposizione del SS.mo.

10,00: Santo Rosario – Angelus – Reposizione.

11,00: Santa Messa.
17,00: Esposizione.

18,00: Reposizione – Santo Rosario, animato dai giovani della Parrocchia.

19,00: Santa Messa concelebrata, con la presenza delle religiose della Città e l’Azione Cattolica cittadina, con recita dei Vespri.

20,30: Veglia di preghiera con la recita del Santo Rosario, con l'uscita della Madonna Pellegrina nel piazzale antistante alla Parrocchia, giro della piazza e rientro in Parrocchia per il saluto con preghiera, canto e incenso, e spegnimento della lampada.


LUNEDI’ 5 AGOSTO
Giornata dedicata ai Bambini e del Saluto

08,30: Momento di preghiera per la recita delle Lodi – Accensione della lampada e preghiera per l’Italia ed il mondo.

17,00: Esposizione.

09,30: Recita del Santo Rosario.

10,00: Santa Messa solenne di commiato e atto di affidamento della Diocesi e della Comunità al Cuore Immacolato di Maria.

11,00: Saluto e partenza per Monteflavio (Roma) della Madonna Pellegrina dal piazzale antistante alla Parrocchia.

I “SEGNI” della nuova Evangelizzazione

Miei Cari,
dopo pochi mesi dal sinodo sull’Evangelizzazione, e in pieno anno della fede, lo Spirito Santo regala alla Chiesa e al mondo: Papa Francesco. Sembra proprio che i frutti di quel Sinodo stiano arrivando nel modo meno pensato e con una efficacia impensabile appena qualche mese fa. Papa Francesco sta evangelizzando con il linguaggio dei segni (lo abbiamo potuto constatare nell’incontro indimenticabile avuto dalla nostra parrocchia il 15 maggio noi) accompagnati dalle brevi ma puntuali ed efficaci catechesi. Occorre andare verso gli altri?…. Lui esce e vince ogni protocollo e barriera per avvicinarsi a quanti più può… Dio è misericordia? Lui sceglie di celebrare la “Coena Domini”, che è la massima Celebrazione Eucaristica dell’Anno liturgico, in un carcere, lavando i piedi agli ultimi, senza distinzione di sesso e religione…. Gesù ha detto “Beati i poveri”? Lui usa l’autobus con i cardinali, continua con le sue normali scarpe, pranza e celebra con gente comune… rimane in Santa Marta piuttosto che nel Palazzo Pontificio. Ma Gesù ha detto anche: “Lasciate che i piccoli vengano a me!” e lui va loro incontro, li accarezza, li abbraccia e li bacia e incluso si abbassa a lasciare un autografo sul gesso di una bambina disabile, come farebbe qualsiasi “amichetto”. In definitiva sono segni che stanno accompagnando dei messaggi, quasi sostituendosi alle parole le quali tra l’altro sono diventate poche e sommesse, anche se fortemente incisive. Le abbiamo ascoltate di persona nell’incontro con Lui. Ma ha dato valore anche al silenzio, quello vero, quello “visibile”, come a dire: sto ascoltando, voglio ascoltare. Miei Cari, è arrivata una nuova primavera per la Chiesa e per il mondo!!! Lasciamoci coinvolgere, motivare; trascinare. Accogliamolo questo meraviglioso “buon esempio” e vedendone i frutti abbondanti: ottimismo, gioia, speranza, ritorno in Chiesa... appropriamocene per fare anche noi la nostra parte. L’impegno di evangelizzare (lo dico soprattutto ai nostri catechisti) deve coinvolgerci tutti, perché tutti siamo stati fatti missionari dal Battesimo stesso; non perdiamo troppo tempo in elucubrazioni circa metodologie, strumenti e investimenti; mi sembra chiaro che il linguaggio dei segni sta dimostrando la sua efficacia. Don Tonino ricordava: “non i segni del potere ma il potere dai segni”. Certo ogni persona e ogni Pontefice ha il suo stile, e usa un diverso linguaggio, ma nel possibile ognuno di noi può accogliere quanto ci può servire per migliorare se stesso, le proprie forme, per dare efficacia al nostro operare. Alla fin fine, stiamo tutti nella stessa Barca di Pietro, la Chiesa. Uniamoci con entusiasmo e slancio apostolico e portiamo a un mondo un po’ troppo disperato, un po’ di speranza, gioia e Amore, come sta facendo con tanta efficacia Papa Francesco.
Cordialmente. don Vincenzo

Il Vescovo don Gino posa con un gruppo dei nostri,prima dell’incontro col Papa (15 maggio 2013)

Prepariamoci ad accogliere la Madonna dal 29 luglio al 4 agosto prossimi

IL MESSAGGIO DI FATIMA

Ho avuto modo, nello scorso numero di “Fermento”, di annunciare l’arrivo, nella nostra Comunità parrocchiale, della venerata immagine della Madonna Pellegrina del Santuario di Fatima, che vi sosterà dal 29 luglio al 4 agosto. La chiesa del SS. Redentore sarà l’unica tappa pugliese del simulacro mariano tanto caro ai fedeli, per cui auspichiamo che ad accoglierla ci siano non soltanto i fedeli ruvesi, ma anche quelli dell’intera Diocesi.È bene, quindi, soffermarsi sul messaggio centrale che la Vergine Maria ci diede, apparendo ai tre pastorelli, Lucia, Giacinta e Francesco:‘pregare e fare sacrifici per la conversione del mondo e la salvezza delle anime. Un particolare non va sottovalutato, e cioè che le apparizioni della Vergine furono precedute dalla apparizione di un angelo. Lo racconta la stessa Lucia dos Santos nelle sue memorie. Ella vide una misteriosa figura “simile ad una statua di neve”. Fuggita, non volle raccontare nulla ai familiari, cosa che invece fecero le compagne con le quali si trovava. Fu per questo che Lucia preferì recarsi al pascolo di “Cabeço” con i due cugini, Francesco e Giacinta. Mentre essi si riparavano dalla pioggia e giocavano, apparve nuovamente quella figura, “un giovane fra i quattordici e i quindici anni, che il sole rendeva trasparente come se fosse di cristallo”. Questi invitò i bambini a pregare, prostrati con lui, in riparazione delle offese subite da Dio da parte dei peccatori, e, in particolare, con le parole: “Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima, divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della Terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui Egli stesso è offeso, e, per i meriti infiniti del Suo Santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori”. Riapparso nuovamente nell'estate del 1916, si rivelò come l’angelo protettore del Portogallo, ordinando ai pastorelli di fare sacrifici per la salvezza della loro patria, devastata dalle guerre civili. Nell’ultima manifestazione, l’angelo apparve ai tre pastorelli con un calice ed un’ostia sanguinante nelle mani. Porse il calice a Francesco e Giacinta, e ordinò a Lucia di mangiare l’ostia, dopo di che pregò loro di fare sacrifici in riparazione degli oltraggi nei confronti del sacramento dell’Eucaristia. Scomparso l’angelo, i pastorelli non ebbero più visioni fino al 1917, quando fecero il loro incontro con la Madonna a Cova d’Iria. Ora, dalla lettura di quanto precede, possiamo delineare un percorso di fede e di opere personali, per prepararci meno indegnamente ad accogliere la Madonna Pellegrina di Fatima.
Lo sintetizzerei in alcuni punti:
1) la recita frequente del Santo Rosario, preghiera che la Madonna gradisce molto, raccomandata, fra gli altri, da San Pio da Pietrelcina, il quale scriveva: “Amate la Madonna e fatela amare, recitate il Rosario e bene. Satana mira sempre a distruggere questa preghiera, ma non ci riuscirà mai: è la preghiera di Colui che trionfa su tutto e su tutti.”;
2) preghiera all'Angelo Custode e alla SS. Trinità, in particolare allo Spirito Santo;
3) pregare per la conversione dei peccatori, senza dimenticare che lo siamo anche noi;
4) revisione della propria vita alla luce del Vangelo e del Catechismo della Chiesa Cattolica, quindi dei rapporti che abbiamo con noi stessi, con Dio, con il nostro prossimo, se sono improntati alla carità, all'amore, all'accoglienza oppure all'egoismo. Ricordiamoci che il Signore è presente nel nostro prossimo, e che ciò che facciamo al più piccolo dei nostri fratelli e sorelle‘è fatto a Lui;
5) compiere atti concreti di carità e di solidarietà, specie verso chi versa in stato di bisogno. La grave crisi economica, che sta mietendo molte vittime, ci obbliga a “mettere mano al portafoglio” e ad essere generosi;
6) frequenza ai sacramenti della riconciliazione e della comunione, adorando il Signore, realmente presente nell’Eucaristia.
In questo modo, col cuore contrito e dischiuso alla Parola, possiamo dare il benvenuto alla Madre Celeste, presentandoci a Lei in modo dignitoso. Pensate ad un ospite che giungesse a casa nostra e la trovasse in disordine. Che idea si farebbe di noi? Quindi, per quanto ci è possibile, mettiamo in ordine la nostra casa interiore. Alla nostra pace ed ai nostri bisogni ci penserà il Signore, attraverso Maria, Sua e nostra tenera Madre.

Salvatore Bernocco

BIOGRAFIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

• 1936 Nasce a Buenos Aires il 17 dicembre.
• 1955 Dopo il diploma da perito chimico entra nel seminario di Villa Devoto.
• 1958 Entra nel noviziato dei gesuiti.
• 1963 Dopo studi umanistici in Cile, si laurea in filosofia a Buenos Aires.
• 1964-1966 Insegna letteratura e psicologia a Santa Fe e Buenos Aires.
• 1967-1970 Studia teologia al collegio di San Miguel, dove si laurea.
• 1969 Il 13 dicembre è ordinato sacerdote. • 1970-1971 Terzo probandato ad Alcalà de Henares (Spagna).
 • 1973 22 Aprile, fa la professione perpetua.
• 1972-1973 Maestro di novizi a Villa Barilari, San Miguel, professore di teologia e rettore del Collegio Massimo.
• 1980-1986 Rettore del Collegio Massimo e parroco della parrocchia di San José.
• 1986 Dopo aver determinato la tesi dottorale in Germania, diventa direttore spirituale alla chiesa dei gesuiti di Cordoba.
• 1992 27 Maggio, è ordinato vescovo nella cattedrale di Buenos Aires.
• 1998 28 Febbraio, Arcivescovo di Buenos Aires.
• 2001 21 Febbraio, Cardinale del titolo di San Roberto Bellarmino.
• 2005 Partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.
• 2005 Presidente della Conferenza Episcopale Argentina.
• 2013 13 Marzo, Viene eletto Sommo Pontefice.

L’INFERNO: per una corretta interpretazione

L’inferno non esiste. Nel senso che la parola (e quindi il concetto) non è reperibile, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Per un ebreo non è concepibile neanche il concetto di una punizione eterna. Vedi SHEOL. Sconosciuta nel mondo ebraico, greco, romano, l’idea di inferno (come luogo di castigo eterno dopo la morte, dove va prima l’anima e poi andrà anche il corpo, alla fine del mondo) è nata diversi secoli dopo la morte di Gesù. La parola non esiste neanche nel “credo” e la Chiesa di Roma non ha mai detto di nessuno che sia all’inferno (mentre di molti dice che sono in paradiso). Ma “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Isaia 55,8). Si tratterebbe di una sofferenza eterna, un castigo infinito, una vendetta spietata che il Dio chiede agli uomini di perdonare sempre (settanta volte sette). E Gesù ha fatto proprio questo che non riusciamo a fare: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34). Ma allora, se la punizione eterna esiste, significa che la richiesta di Gesù al Padre non è stata esaudita. Il teologo cattolico von Balthasar arriva ad ipotizzare che l’inferno esiste, ma è vuoto; si tratterebbe pertanto solo di un deterrente escogitato da Dio per spaventare gli uomini perché si comportino bene. Mi sembra una teoria bizzarra. Sono forse gli uomini (non quelli religiosi) più buoni di Dio, non accettando più la pena di morte o una pena che sia per sempre? Impossibile. Nella nostra civiltà giuridica, per ogni colpa c’’è una pena proporzionata, purché serva per la rieducazione e il recupero di chi ha sbagliato. Noi non amiamo i fondamentalismi e li lasciamo a certe Chiese americane (e anche nostrane), alle forze paramilitari che la gerontocrazia romana incoraggia sottobanco (neanche troppo sottobanco), favorendo coloro che si prestano a fare il lavoro sporco, mentre, a parole, solo a parole, mostrano le buone intenzioni e le troppo facili “buone parole”. I brani dei vangeli in cui qualcuno suppone che ci siano elementi per asserire la realtà dell’inferno, sotto la scure della moderna esegesi, sono tutti crollati. Rimane invece intatta la volontà di un Dio Salvatore, il Dio Padre che si è manifestato in Gesù: - “Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1 Timoteo 2,3-4). - “Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!” (Romani 8,34). - “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Giovanni 3,17). L’Inferno allora sarebbe un luogo (o una condizione) inventata dagli uomini religiosi per indicare quale sarà la fine dei loro nemici, indicandoli come nemici di Dio. Il nostro Dio non è il giustiziere caro a Giovanni Battista, ma è il Padre di Gesù e Padre nostro. Ma, si sa, per qualcuno il Catechismo (CCC) è più importante del Vangelo, ma solo per mantenere il potere sulle persone e sulle coscienze. Penso che andare all’inferno non significhi essere messi arrosto da qualche parte, ma aver fallito la propria vita, non aver raggiunto lo scopo di vivere per sempre, di aver scelto di rifiutare l’amore e la vita e cercare l’odio e la morte. Il vero pericolo però, non è andare all’inferno, ma vivere nell’inferno. Infatti senza l’amore il nostro cuore diventa un inferno. L’inferno infatti esiste davvero ed è la possibilità di perdere Dio con un atto libero che lo respinge, respingendo l’amore. Sia ben chiaro: quest’inferno non lo crea Dio, ma lo fa la libertà umana: Dio ne prende atto con infinito rammarico, ma anche con infinito rispetto della nostra libertà. “L’inferno esiste, ma non è un luogo creato da Dio per punire, al termine della vita, chi si sarà comportato male. E’ una condizione di infelicità e disperazione creata dal peccato. Dall’inferno del peccato è però possibile uscire: si viene liberati da Cristo e dal suo giudizio di salvezza” (Fernando Armellini). “Dov’è l’inferno? E’ in noi. In ognuno di noi ci sono gli inferi ci sono i demoni, e i demoni non vengono dal di fuori, vengono da noi, sono una parte importante del nostro essere, sono l’ombra del nostro essere” (Giovanni Vannucci). Siamo nell’inferno, e la nostra vita biologica diventa un fallimento, se non accogliamo il dono d’amore che riceviamo continuamente, in ogni istante, da Dio. Secondo alcuni esegeti, l’inferno è allora il nulla della persona, quando non si è saputo conservare “la vita” che ci è stata consegnata, a causa delle scelte sbagliate di vita. La “vita” si va allora atrofizzando fino ad annullarsi, per il rifiuto ostinato e cosciente della proposta di vita piena che Gesù fa, portando così alla “morte seconda, la fine dell’esistenza. Gesù parla della “Geénna di fuoco” come immagine di distruzione della persona per il rifiuto ostinato e cosciente della proposta di vita piena che Egli fa. Essendo liberi, siamo pienamente responsabili delle nostre azioni, come dice, con efficacia, Silvio Piersanti: “Non c’è né inferno né paradiso. Non ci sono né premi né punizioni. Ci sono solo conseguenze”. da “Le parole del Vangelo” di Panfilo Di Palo p. 130-131

EMERGENZA POVERTÀ A RUVO

Per quanto ne so, sono tante le famiglie ruvesi che versano in condizioni di estrema precarietà economica, anzi di povertà. Se non erro, oltre 400 nuclei familiari sono seguiti dalla Caritas cittadina (non so nulla di quelli seguiti dai Servizi Sociali, ma posso immaginare che si tratti di un numero ragguardevole), i cui fondi a disposizione non sono affatto sufficienti a sopperire alle continue richieste di aiuto per pagare le bollette della luce e del gas, dell’acqua, condominiali. Le stesse parrocchie sono prese d’assalto da persone in cerca di un sostegno. Molte persone che vivevano al limite del decoro, sono state risucchiate indietro. Il ceto medio si è complessivamente impoverito e, con esso, si registra il declino delle attività commerciali, costrette anch'esse a fare i conti con una spesa per i consumi che si è notevolmente ridimensionata. Sono pochi coloro che riescono a risparmiare qualcosa. La maggior parte dei monoreddito fa fatica ad arrivare con qualche euro in tasca alla famosa “terza settimana”. Insomma, il quadro economicosociale è preoccupante, e vi è il concreto rischio che, prima o poi, frustrazione e depressione si convertano in violenza e ribellione. Alcune avvisaglie ci sono già state, ma sembra che uno, due, cinquanta morti a causa della crisi economica, facciano testo solo per due, tre giorni al massimo, con il solito condimento di proclami e promesse, dopo di che tutto finisce nel dimenticatoio. I problemi, chi ce li ha, se li tiene. Questa la triste sintesi. L’emergenza si sta trasformando in una condizione stabile di precarietà. La recessione economica, che non accenna a regredire, ha eroso diritti e sicurezze. A livello locale, credo sia ora di attivarsi in modo più razionale e meno dispersivo, immaginando semmai la formazione di una task force contro le povertà, composta dalle associazioni del volontariato, laiche e religiose, dal Comune, dalle parrocchie. È necessario un coordinamento delle azioni, degli interventi e delle iniziative di sostegno delle persone che non dispongono di un reddito sufficiente a vivere, molte delle quali sono sconosciute alla rete della solidarietà, trovando poco dignitoso venire allo scoperto. Credo manchi un censimento delle povertà. Sarebbe bene pensarci, quale strumento di rilevazione delle emergenze locali, dai cui esiti poi prendere spunto per impostare mirate politiche sociali e della solidarietà. Nel frattempo, sperando che le istituzioni locali vogliano prendere in seria considerazione il nostro suggerimento, dobbiamo intervenire come possiamo. Chi può, dia di più. Lo dia alla Caritas cittadina, alla sua parrocchia, di persona. Non lesini il suo aiuto, se è nella possibilità di darlo. Se stendiamo la mano, Gesù la guarisce dal suo inaridimento (v. Mc 3, 1-6), il che significa che ci rende capaci di “estenderci”, di amare di più, secondo il suo volere.

 S.B.

Nel tempo e nello spazio di Dio

Ha avuto termine con la solenne celebrazione conclusiva del mese di maggio la scuola di Maria che abbiamo cercato di tenere presente come madre ma soprattutto come Maestra. Si onorarono tutti gli impegni mensili: dai momenti di adorazione del 1° Giovedì e del 23 del mese animati dai vari gruppi. Anche molto sentita la novena alla Madonna delle Grazie per le persone che non possono recarsi al Santuario. Ma fu soprattutto notevole la presenza dei fedeli per la festa di S. Rita per cui ci fu la partecipazione numerosa che la sera del 22 gremirono la chiesa, parteciparono all'Eucarestia, alla benedizione e distribuzione delle rose e al bacio della reliquia della Santa. Tra gli ultimi adempimenti verso la fine dell’anno pastorale vi fu la vegli mariana nel rione Gravinelle la sera del 25 maggio; buona la partecipazione. Intanto un incontro di spiritualità ci fu presso il Santuario della Madonna dei Martiri in preparazione alla celebrazione penitenziale per i fanciulli di 3^ elementare. Gli incontri di catechesi a tutti i livelli e con i genitori dei ragazzi in particolare non furono disattesi e il tutto contribuì a una buona riuscita delle celebrazioni di Prima Confessione e Prima Comunione il giorno 2 giugno.

Luca

15 Maggio: il Vescovo d. Gino e il parroco concelebrano in S. Pietro per i pellegrini della nostra Comunità

CONFESSARE LA NOSTRA FEDE

Miei Cari, 
Non è sufficiente aver ricevuto il dono della fede. Non basta custodirlo, incrementarlo. Sarebbe troppo poco. Non si accende la lucerna e si mette sotto il moggio. Un’anima di fede viva ardente, luminosa, è necessariamente esplosiva. Chi possiede il tesoro della fede e ne apprezza coscientemente il valore, deve confessare con la testimonianza della propria vita, con i pensieri, con le parole, con le azioni, la sua fede. Il Cristiano autentico e coerente testimonia la propria fede in pubblico e in privato, in famiglia e nella società, in piazza e nelle fabbriche, nella scuola o negli uffici. Sempre e dovunque egli, cosciente della sua dignità, vive da degno testimone di Cristo. Confessa non tanto con le parole quanto piuttosto con le opere e con la sua vita, la sua fede. Mai come oggi il mondo vuole la concretezza, ama i fatti e non le parole; rimane colpito dalla testimonianza. E’ questo un motivo di un serio esame di coscienza che noi cattolici dobbiamo compiere spregiudicatamente. Chi non vive come crede, finisce per credere come vive, ed‘è questa apostasia, questo tradimento del Vangelo, della fede in Cristo, che ha svigorito la nostra forza di presa sul mondo attuale e ne ha sminuita l’incidenza. Se gli Apostoli furono i testimoni della risurrezione di Cristo, noi dobbiamo essere i testimoni della fede in Cristo con la nostra vita di ogni giorno, di ogni ora e di ogni istante. Questo significa confessare la propria fede dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. Solo così potremo veramente viverla e farla vivere. La costituzione sulla Chiesa infatti lo esige esplicitamente dai cristiani. “La Chiesa essendo in Cristo quasi un sacramento… mostra al mondo che la vera unione sociale esteriore discende dalla unione delle menti e dei cuori, ossia da quella fede e da quella carità, con cui la sua unità, è stata indissolubilmente fondata nello Spirito Santo. Infatti la forza che la Chiesa riesce ad immettere nella società umana contemporanea, consiste in quella fede e carità portate ad efficacia di vita, e non nell'esercitare, con mezzi puramente umani, un qualche dominio esteriore”. A questo fa eco un altro richiamo della costituzione su “La Chiesa e il mondo contemporaneo” che al n. 21 così afferma: “Il rimedio all'ateismo lo si deve attendere sia dell’esposizione conveniente della dottrina della Chiesa, sia da tutta la vita di essa e di noi credenti”. La Chiesa infatti ha il compito di rendere presente e quasi visibile Dio Padre e il Figlio di Dio incarnato, rinnovando se stessa e purificandosi senza posa sotto la guida dello Spirito Santo.
Ciò si otterrà anzitutto con la testimonianza di una fede viva e matura, opportunamente educata alla capacità di guardare in faccia alle difficoltà per superarle. Se ogni cristiano vivesse secondo questo spirito, potremmo attenderci una graduale trasformazione e conquista del mondo a Cristo. Ci aiuti la Vergine Santa che ci prepariamo ad accogliere a fine luglio nella nostra Comunità.
Cordialmente, Don Vincenzo

ACCOGLIAMO LA MADONNA PELLEGRINA DEL SANTUARIO DI FATIMA

Dal 29 Luglio al 4 Agosto 

La parrocchia del SS. Redentore, in occasione dell’Anno della Fede indetto da papa Benedetto XVI dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013, ospiterà dal 29 luglio al 4 agosto prossimi la venerata immagine della Madonna Pellegrina del Santuario di Fatima, che atterrerà all'aeroporto di Roma – Fiumicino il 6 aprile 2013, per benevola concessione del Rettore di quel santuario. Essa, che toccherà diverse località e comunità diocesane italiane, giungerà quindi a Ruvo, unica tappa pugliese del simulacro tanto caro ai fedeli, proveniente da Sora, paese del frusinate.
Com'è noto, la Vergine apparve a tre piccoli pastori, i fratelli Francisco e Giacinta Marto (9 e 7 anni) e alla loro cugina Lucia dos Santos (10 anni), il 13 maggio 1917, mentre badavano al pascolo in località Cova da Iria (Conca di Iria), vicino alla cittadina portoghese di Fatima. Essi riferirono di aver visto scendere una nube e, al suo diradarsi, apparire la figura di una donna vestita di bianco con in mano un rosario, che identificarono con la Madonna. Dopo questa prima apparizione la Signora avrebbe dato appuntamento ai bambini per il 13 del mese successivo, e così per altri 5 incontri, dal 13 maggio fino al 13 ottobre.
Si tratta di un’occasione utile ad intensificare “la riflessione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che l’umanità sta vivendo” (Porta fidei, 8). È un cambiamento che interpella le nostre coscienze di credenti in Cristo, per verificare, in spirito di verità e di confronto serrato con la parola di Dio, se siamo sulla “retta via” oppure se “inciuciamo” con il “mondo”. La circostanza eccezionale della “visita” della bella immagine della Vergine nella nostra Comunità, è quindi stimolo ad intraprendere un percorso di conversione. La Vergine Maria ha a cuore la nostra conversione, che cioè ci decidiamo a scegliere la via della Trinità, che è via di comunione, e ad estromettere dalle nostre esistenze lo spirito del male, le cui manifestazioni più evidenti sono le divisioni, l’invidia, le guerre, la ricerca dei piaceri sensibili, il disordine interiore, la disperazione. Lo spirito del male si combatte con la carità e la preghiera, e non vi è preghiera più potente del Santo Rosario. La via trinitaria inizia dallo Spirito Santo, passa attraverso il Cuore della Madre che introduce i suoi devoti nel Cuore del Figlio, per poi finire nel seno del Padre. Ritengo che l’invocazione allo Spirito Santo debba precedere ogni preghiera, ogni azione, ogni decisione, perché Egli dona sapienza e saggezza, fortezza e consiglio. Il “Veni Creator Spiritus”, inno liturgico dedicato allo Spirito Santo, è la preghiera che recito spesso e che consiglio a tutti di recitare, conscio che i doni dello Spirito sono quanto di più desiderabile possa esserci. La presenza dell’icona della Madonna di Fatima vedrà impegnata la Comunità del SS. Redentore, e non solo, ad onorare il Signore per il tramite della Madre di Dio e Madre nostra. Molte saranno le occasioni di incontro, di riflessione e di preghiera. Il mio auspicio è che l’intera città ed i fedeli della Diocesi approfittino di questa “visita” per unirsi nella lode al Signore, autore della vita e difensore dei poveri, e che parta un messaggio forte di speranza e di gioia in una fase complessa e delicata della vita politica, economia e sociale italiana e mondiale.
Senza Dio non si va da nessuna parte, invano si affaticano i costruttori, invano si fanno progetti. La Vergine viene a Ruvo per ricordarci tutto questo.

Salvatore Bernocco

IL MIO MATRIMONIO VA MALE

1 anno, 10 anni, 30 anni di vita in comune…

Non esistono periodi particolari. Una coppia può, in qualsiasi momento della sua vita coniugale, trovarsi di fronte a gravi difficoltà. La vita in comune diventa pesante. A poco a poco cresce il malessere… Non ci si parla più, o assai poco. Spesso, sono i figli a rimanere l’unico argomento di conversazione, oppure la vita materiale, che prende un’importanza esagerata a scapito di un profondo scambio di reciproci doni. A volte, violenti litigi avvelenano la vita famigliare, per altri invece a vincere è il risentimento, la delusione, la perdita di stima per il coniuge. E allora basta un nuovo incontro amoroso perché tutto crolli e si arrivi a una separazione dalle conseguenze inevitabili: un enorme senso di fallimento, sofferenze dei figli, scioglimento della famiglia. Per far fronte alla degradazione del proprio matrimonio ci vuole molta lucidità, molto coraggio. Ricostruirlo su nuove basi ed essere di nuovo felici è sempre possibile per coloro che vi si impegnano.

CIÒ CHE UCCIDE LA COPPIA 
- La critica continua 
Siamo tutti propensi alla critica. Soprattutto in un mondo che dà tanta importanza alla performance e al successo. Chi non è conforme ai criteri vincenti spesso‘è guardato con disprezzo dai congiunti. E quando ci si mette il coniuge, è una rovina. Osservarsi a vicenda con uno sguardo malevolo è il modo più sicuro per creare una distanza che a poco a poco diventa insormontabile. Ne soffre anche la sessualità.

- L’intolleranza 
Non accettare la storia dell’altro non voler comprendere a fondo il suo modo di pensare, non amarlo per quel che ha di unico e di personale significa rischiare gravi malintesi. Amarsi non vuol dire tollerare che l’altro sia diverso, ma al contrario rallegrarsi delle sue differenze.

- La menzogna più grave
Esistono molti tipi di menzogna. Si può mentire su ciò che si fa, su ciò che si pensa, su ciò che si è. Certamente ognuno deve conservare un suo giardino segreto. Ma certe menzogne sono imperdonabili e uccidono la fiducia, in particolare quelle che portano all'infedeltà.

- La dipendenza alienante 
L’alcol, la droga, le immagini pornografiche sono terribili forme di dipendenza. Ma si può anche rimanere dipendenti dai propri genitori, dall'ambiente sociale, dalle abitudini… La dipendenza che si instaura allontana dall'altro, distrugge il rapporto. L’accumulo di ferite Spesso, sono le tante ferite che distruggono l’intimità della coppia: piccole frasi cattive, rancori repressi, provocazioni ripetute. Anche gli sposi che si amano si feriscono involontariamente. E più il dolore è profondo, più la fiducia e l’amore sono compromessi.

CIÒ CHE SALVA LA COPPIA 
- La tenerezza quotidiana 
Incoraggiarsi, ringraziarsi, complimentarsi con parole e gesti teneri e affettuosi dovrebbe essere incluso nel programma di tutte le coppie! La tenerezza è inseparabile dall'intimità sessuale, indica che si è amati.

- L’humor complice 
Ridere di tutto e in primo luogo di se stessi, permette di sciogliere molti conflitti. L’humor aumenta la complicità, apre agli altri. E’ un elemento essenziale dei rapporti amorosi e amicali.

- Una parola fiduciosa 
Si devono sempre affrontare i conflitti utilizzando le parole. Quelle che tranquillizzano, rimettono in sesto, riconoscono, se è il caso, il proprio errore. Parlare delle proprie ferite, di ciò che fa male, senza acrimonia, senza usare il “tu” che accusa si rivela sempre positivo.

- Una sessualità vera
Il piacere sessuale condiviso è un potente fattore di intimità. Fare l’amore con piacere e semplicità è il modo più evidente di manifestare amore al coniuge. Darsi all’altro, con gioia, senza star sempre a pensare che cosa si avrà in cambio, è un’arte.

- Il perdono
Farsi del male, per una coppia è piuttosto normale. Essere capaci di parlarne, di perdonare o di chiedere perdono richiede molta umiltà. Perdonare non ci risulta spontaneo, è una scelta difficile ma liberatoria, permette di andare avanti, di vedere il rapporto da un’altra prospettiva. Il perdono non è indifferenza verso l’errore, né oblio, e neppure tollerare l’intollerabile. Ma è dare all’altro la capacità di cambiare.

- La preghiera
Molte coppie sperimentano la forza data da Dio nelle difficoltà. Nella preghiera, da soli o condividendola, si trova il coraggio di affrontare, di rinnovare il dialogo. E a volte anche di cambiare! Dio viene sempre in aiuto a quelli che glielo chiedono.

IL RISORTO CI CHIEDE DI ESSERE PONTE E DI COSTRUIRE I PONTI

La gioia è il fine ultimo dell’esistenza umana. Forse‘è una delle cose più universali: tutti gli uomini vogliono essere felici e avere gioia. Essi hanno sete di felicità. Saranno felici se la doneranno. Noi cristiani abbiamo una missione speciale da compiere: quella di ricordare il fascino del Vangelo, il carattere festivo del cristianesimo, la bellezza della sequela di Cristo. La costruzione della gioia e il suo esercizio passano per alcuni necessari percorsi formativi: Valorizzare i beni che Dio ci ha dato. La fedeltà alla Pasqua richiede la sapienza di scoprire e sfruttare tutto ciò che c’è di buono in noi. Usiamo nella gratitudine e nella gioia i beni che Dio ci ha donato. Accettare serenamente i limiti dell’esistenza. Pensiamo a chi ha meno di noi, a chi soffre più di noi. Se siamo saggi e virtuosi nell'accettare le prove della vita, la gioia non ci abbandonerà mai, ma sarà più che a fianco a noi, dentro di noi. Credere nell'efficacia dell’amore. Se vogliamo che la gioia non invecchi in noi e soprattutto che non muoia, dobbiamo preoccuparci più di amare che di essere amati e sforzarci di avere un’anima sempre aperta a nuove esperienze. Dobbiamo soprattutto impegnarci ad acquisire una più fondata e più vasta speranza, senza la quale – è fin troppo evidente – non è possibile la gioia. Rivedere costantemente la scala di valori. La serietà della Pasqua ci invita a considerare più ciò che resta che ciò che passa, a valutare più ciò che non si vede che ciò che è esteriore, a tenere sempre in buona classifica l’amicizia, la bellezza della natura, l’avventura culturale, l’esperienza artistica e quant'altro serve a nutrire la gioia dello spirito, che si eleva al massimo con i doni dello Spirito. Essere costruttori di ponti. Con la sua opera pasquale Gesù Cristo ha costruito un arco di fiamma caritativa fra noi e il Padre e fra noi e noi. Questo spinge a costruire, a nostra volta, ponti di preghiera, di carità, di pace nelle due direzioni della Croce pasquale: in alto, verso Dio, e in orizzontale, verso gli uomini, rammentando sempre che il creare ponti è un’impresa molto dura. La Pasqua, come evento di riconciliazione, chiede di essere un ponte o di costruire ponti. Una grande esperta della gioia è Maria, la prima destinataria dell’annuncio della Risurrezione. La Chiesa ne è consapevole e, per questo, intona nel periodo pasquale il suo convinto “Regina caeli, laetare, alleluia…”.

A. M.

CIAO DON MARIO: FRAMMENTO DI DIO (pézzecatidde)

Conobbi don Mario nel 1959 quando lo ebbi Prefetto d’Ordine nel Seminario Interdiocesano di Bitonto: gioviale, allegro, umano. Non mi appesantì il passaggio tra gli spensierati miei sedici anni e il rigore dell’ambiente seminaristico che altro superiore appesantiva con la sua rigidità. Sempre cordiale, disponibile al dialogo fino agli ultimi tempi in cui la malattia lo corrodeva. Felice di unirsi insieme ai giovani del Redentore in campo scuola a Boncore di Nardò, fino a due anni or sono. Estroverso, simpatico, dalla vena poetica, esperto nel canto e nel pianoforte nel quale si dava a composizioni da lui musicate, come il famoso “Valzer delle farfalle”. Voglio ricordarlo così con l’appellativo a lui tanto caro di “Pézzecatidde”, frammento, particella di Dio. Tutti chiamava così. Non avevamo capito che era un appellativo di cui tutti facevamo parte: frammenti, schegge, irradiazioni dell’unico Dio. Ciao Don Mario. Grazie per l’amicizia e la giovialità di cui ci hai fatto dono per oltre mezzo secolo.

Don Vincenzo


Il Valzer delle farfalle
Nel misterioso giardino del mondo
Tu vai da secoli o bel vagabondo,
sempre inseguendo laggiù nella valle,
le variopinte, lucenti farfalle
dai nomi splendidi: gloria ed onor,
e poi potenza, bellezza, e amor…
Della farfalla che pria svanirà,
il nome, lo sai. Felicità…
Le insegui ansioso, già tendi la mano,
ma guarda: ahimé, fuggon sempre lontano,
or s’avvicinano, tu già le sfiori:
nel pugno vuoto, sol polvere e colori!
Or sta: riposa! La fronte tua in su!
Quel che tu cerchi si trova lassù,
a te nell’alma c’è un Fuoco Divino
che Dio t’impresse per l’alto cammino.

Nel tempo e nello spazio di Dio

Demmo inizio al tempo pasquale con giornate di fraternità e la festa onomastica del parroco don Vincenzo. Ci inoltrammo comunque nel pieno dei lavori con gli incontri con i genitori e soprattutto con quelli i cui figli si accostarono al sacramento della Riconciliazione. Si decise di fare una giornata di ritiro spirituale presso il santuario della Madonna degli Angeli in Cassano Murge. Si celebrò poi il novenario per la festa della Madonna del Buon Consiglio che culminò con la celebrazione presieduta dal vescovo don Gino alle 11 del 26 aprile e la breve processione della Sacra Icona. Ci portammo poi a Cassano e quindi una breve visita alla galleria d’arte del maestro Gaetano Valerio. Domenica 27 poi la liturgia penitenziale si notò la massiccia presenza di genitori e padrini di battesimo dei bambini di 3^ elementare.

Luca

A 20 ANNI DALLA SUA SCOMPARSA…

da DON TONINO a PAPA FRANCESCO

Miei Cari, 
non c’è voluto molto tempo per rendermi conto delle molteplici affinità tra i gesti, le parole e i fatti della vita del mai dimenticato Servo di Dio Don Tonino e quelle del nuovo Pontefice che il Signore ha dato alla sua Chiesa: Papa Francesco. La figura di Don Tonino svela molte analogie con la persona di Papa Bergoglio che viene quasi dalla “fine del mondo”. Il programma di vita fu da Don Tonino così finemente formulato nel famoso Progetto pastorale «Alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi». Sembra che il Papa Francesco abbia tenuto presente quel testo, se ne sia innamorato, condiviso e pienamente attuato nella sua Diocesi argentina. Don Tonino consacrò la sua vita agli ultimi e parlò della povertà come annuncio e rinuncia, ma anche e soprattutto come denuncia. Usava le stesse parole di Papa Francesco: Una Chiesa povera per i poveri”. Come non ricordare quelle infuocate parole che Don Tonino scriveva ai presbiteri di Ruvo quel 10 agosto 1986: «…vuole il vostro vescovo esortarvi a scegliere la povertà non tanto come luogo di impegno ascetico personale, ma come criterio decisivo per il rinnovamento della nostra comunità ecclesiale… una Chiesa che non si limita a fare beneficenza ma che diventa coinquilina degli oppressi, abitando nei sotterranei della storia, piuttosto che nei palazzi del potere… questi tesori, i poveri, teniamoceli con noi. Siamone gelosi. Facciamo carte false per non perderli. Curiamone l’accatastamento presso la nostra comunità… ricordiamoci che la nostra non è la strada della sicurezza, ma quella della “graticola”, il cui fuoco lento brucerà tutte le nostre cupidigie… una Chiesa povera, non omologata alla logica del denaro, non garantita dall’oro, né dall’argento, ma ricca unicamente del nome di Gesù…”. Dice Papa Francesco che “nella storia della Chiesa i veri innovatori sono i Santi”. Sono loro i veri riformatori, coloro che cambiano, portano avanti il cammino spirituale ridandogli vigore. Francesco d’Assisi per esempio ha portato al cristianesimo un modo di concepire la povertà rispetto al lusso, all’orgoglio e alla vanità dei poteri civili ed ecclesiastici di quell’epoca. Ha portato avanti una mistica della povertà; della spoliazione e ha cambiato la storia. Ma c’è ancora dell’altro che accomuna il nostro Don Tonino con Papa Francesco: il sorriso e il silenzio. “Il sorriso brilli sempre sul vostro volto. E il pianto che spunta sui vostri occhi sia solo pianto di felicità”, diceva Don Tonino e Papa Bergoglio ha dato un’immagine gaudiosa alla Chiesa sofferente, testimoniando la gioia dell’essere cristiani. Egli si è inchinato poi e ha pregato accordando il suo silenzio con quello dei fedeli di Piazza S. Pietro. Lo stesso comportamento adottava Don Tonino, innamorato del silenzio da lui considerato «l’involucro teologico di una presenza, il guscio di una pienezza, il grembo che custodisce la Parola». Bellissimo l’accostamento fatto da un giornalista: “Bergoglio è ormai per tutti il Papa povero, Don Tonino, fosse ancora vivo sarebbe il Papa Bello”. Ancora una volta ci riconfermiamo sul principio che è sempre il Signore a scrivere la storia. E per questo: per il dono di Papa Benedetto come quello di Papa Francesco non possiamo non dire ancora: grazie o Signore che ci mandi questi uomini santi.
Cordialmente,
Don Vincenzo





ALCUNI PENSIERI DI PAPA FRANCESCO


Così cambierò la Chiesa
Il libro del Papa e del rabbino Abraham Skorka da cui sono tratti i brani


[…] Anche il dubbio è importante, perché ha a che vedere direttamente con l’esperienza che a lungo andare si vive, se si vuole essere giusti alla presenza di Dio. Le grandi guide del popolo di Dio sono uomini che hanno lasciato spazio al dubbio. Mosé, per esempio, è il personaggio più umile che ci sia stato sulla terra. Dinanzi a Dio non ci resta altro che l’umiltà, e colui che vuole essere un leader del popolo di Dio deve dare spazio a Dio; pertanto farsi piccolo, farsi forte del dubbio, delle esperienze interiori di oscurità, del non sapere cosa fare. Tutto ciò finisce col purificarlo. Il cattivo leader è quello sicuro di sé, quello pertinace. Una delle caratteristiche del cattivo capo‘è quella di essere eccessivamente prescrittivo a causa della sicurezza che ha di se stesso. […] L’umiltà è ciò che garantisce la presenza del Signore: quando qualcuno è autosufficiente, quando ha tutte le risposte per tutte le domande, questa è una prova che Dio non è con lui. La sufficienza ssi avverte in tutti i falsi profeti, nei leader religiosi in errore, che utilizzano la religione per il proprio ego. E’ la posizione dei religiosi ipocriti, perché parlano di Dio, che è al di sopra di ogni cosa, ma non mettono in pratica i suoi mandati. […] […] Mi sorge una naturale sfiducia quando appaiono i fenomeni di guarigione, persino quando si manifestano le rivelazioni, le visioni; tutte queste cose mi fanno mettere molto sulla difensiva. Tuttavia, bisogna ammettere che nel corso della storia la profezia è esistita e continua a esistere. Bisogna anche lasciare spazio a colui che Dio sceglie come profeta, con le caratteristiche del vero profeta. Di solito però, non si tratta di coloro che affermano di portare una letterina dal cielo. [….] La guarigione, invece, è più facile da interpretare. Oggigiorno, con le opinioni di oncologi che sostengono che la componente psichica influenzi quella fisica, si possono spiegare alcune cose. Esiste anche l’intercessione di chi invoca o prega per la salute di qualcun altro e poi la guarigione avviene realmente. Per me, laa conferma che una persona sta agendo veramente secondo la legge di Dio, nella guarigione, è la semplicità, l’umiltà, la mancanza di spettacolarità. Se così non fosse, più che di guarigione potrebbe trattarsi di business […] […] Io dimezzerei la parola “potere”, con la quale avvolte si definisce la religione. Se si pensa che il potere significhi imporre la propria idea, mettere in riga e fare andare tutti per la stessa strada, credo che si stia sbagliando. La religione non deve essere così. […] La religione possiede un patrimonio e lo mette al servizio del popolo, ma se inizia a intrallazzare con la politica e a imporre cose sottobanco, allora sì che si trasforma in un fattore di potere nefasto. La religione deve avere un potere sano, al servizio delle dimensioni umane per l’incontro con Dio e la pienezza della persona. Non è un male se la religione dialoga con il potere politico, il problema è quando si associa con esso per fare affari sottobanco. [...] Ai sacerdoti, il giorno in cui impongo loro le mani e li ordino, dico che non hanno studiato per diventare preti,che questa non è una carriera professionale, che non sono stati loro a scegliere, ma che sono stati scelti. […] Una cosa buona che è successa alla Chiesa è stata la perdita dello Stato pontificio, perché adesso è chiaro che l’unica cosa che il Papa possiede è mezzo chilometro quadrato di territorio. Quando il Papa era re temporale e re spirituale, invece, si mischiavano gli intrighi di corte e tutto il resto. Ma forse ora non si mescolano? Sì, tutto questo succede ancora, perché ci sono ambizioni negli uomini della Chiesa, c’è purtroppo, il peccato del carrierismo. […] Le spirali del potere che sono esistite ed esistono nella Chiesa, sono dovute alla nostra condizione umana. […] […] Sin dal principio si richiede alla Chiesa una continua conversione; In futuro avrà modi diversi di adeguarsi alle nuove epoche; come oggi ha modalità diverse da quelle degli anni del regalismo, del giurisdizionalismo, dell’assolutismo. […] La parrocchializzazione, la tendenza a creare una piccola comunità come luogo di appartenenza religiosa, risponde a un bisogno d’identità, non solo religiosa ma anche culturale: appartengo a questo quartiere, a questo club, a questa famiglia, a questo culto… quindi ho un luogo di appartenenza, mi riconosco in un’identità. […] E ciò che dà vita alla parrocchia”è proprio questo senso di appartenenza. […] La relazione religiosa comporta un impegno, non una fuga. C’è stata un’epoca nella spiritualità cattolica in cui esisteva ciò che si definiva “fuga mundi”. Attualmente il concetto è totalmente diverso: è necessario calarsi nel mondo, ma sempre a partire dall’esperienza religiosa. […] Il problema è serio: quando l’aspetto spirituale si riduce a quello ideologico, perde forza la stessa esperienza religiosa e, poiché lascia uno spazio vuoto, si ricorre al mondo delle idee per colmarlo. […] […] Ho sempre sostenuto che il cristianesimo è un piccolo gregge, come dice Gesù nel Vangelo. Quando la comunità cristiana vuole ingrandirsi e trasformarsi in potere temporale, corre il rischio di perdere l’essenza religiosa. È questo ciò che io pavento. […] Ma la ricerca religiosa non si è spenta, continua forte, probabilmente un po’ disorientata fuori dalle strutture istituzionali. A mio giudizio, la sfida più grande per i leader religiosi è sapere come guidare questa forza. L’evangelizzazione è un fattore chiave, ma non il proselitismo, che oggi, grazie a Dio, è una parola cancellata dal dizionario pastorale. Papa Benedetto XVI usa un’espressione molto bella: “La Chiesa non fa proselitismo, è una proposta che si sviluppa per attrazione”. Si tratta di un’attrazione che passa attraverso la testimonianza.

JORGE MARIO BERGOGLIO, PAPA FRANCESCO

Papa Benedetto e il cardinale Bergoglio
Sono a casa mia quando fuoriesce il fumo bianco che segnala l’elezione del nuovo pontefice, dopo le dimissioni di Benedetto XVI. Sono le 19.06 del 13 marzo 2013. Dopo più di un’ora di attesa, il cardinale protodiacono, Jean- Louis Tauran, pronuncia l’atteso “habemus papam” e il nome del nuovo pontefice: Francesco. Il cardinale Jorge Mario Bergoglio è il 266 ° successore di Pietro. Il silenzio, che era sceso sulla gremitissima piazza San Pietro, si scioglie alle prime parole del nuovo Vescovo di Roma: “Fratelli e sorelle, buonasera!”. Resto sconcertato. Guardo mia madre che mi chiede chi fosse il nuovo Papa. Non lo so, le rispondo. Non lo conosco. Nessuno lo dava per favorito, né i bookmaker né gli uomini di Curia. Resta confermato che chi entra papa in conclave, ne esce cardinale. I nomi di Scola, Ravasi, Dolan, etc., escono di scena. Lo Spirito Santo ha operato una scelta diversa e di rottura col passato. Questa è la mia prima impressione dopo aver ascoltato le prime esternazioni del Pontefice e valutato i suoi primi passi. Sacerdote umile, vicino ai poveri, molto socievole, auspica una Chiesa povera che sia testimone della carità del Cristo. Indossa una croce di ferro, quella che portava prima dell’elezione. Indossa scarpe comuni, non quelle rosse. Niente ermellino e niente camauro. I segni del potere papale sono l’umiltà e la povertà, il servizio e la preghiera. Invita la piazza a pregare su di lui. Per molti è ritornato sotto altre spoglie Giovanni XXIII, come afferma anche mons. Loris Capovilla che ne fu il segretario particolare. Lancia messaggi semplici, comprensibili, popolari. La preghiera al posto della teologia, spesso complicata e cavillosa. La semplicità evangelica invece di certi ritualismi privi d’anima. E l’invito ai confessori ad essere misericordiosi con i penitenti, perché Dio è essenzialmente buono e misericordioso, è sempre pronto al perdono. Quante volte ci ostiniamo a non chiedergli perdono e non siamo capaci di perdonare noi stessi! La pace va a farsi benedire se non siamo capaci di accettare il perdono del Padre! L’omelia del 14 marzo tenuta nella Cappella Sistina è “programmatica”. Vi sono le linee essenziali del Suo pontificato: camminare nella luce di Dio; edificare la Chiesa sulla roccia e non sulla sabbia; confessare il Cristo, cioè esserne testimoni credibili. Si apre indubbiamente una nuova fase per la Chiesa. È una fase che prevede una sorta di spogliamento per rivestirsi di una nuova umanità, quella cristica, rigenerata nell’amore di Dio, al quale spesso è stato affibbiato un carattere permaloso, suscettibile, feroce, vendicativo. Dio come Giove. Dio, il nemico della felicità dell’uomo, il castigatore dei peccatori. Questa visione di Dio va bandita. Per sempre. Perché non è vera, non corrisponde al Dio del Cristo, il buon pastore, il padre misericordioso, il buon samaritano, il guaritore. Continuare a nutrire la visione “nera” di Dio rende un alto servizio a Satana, il divisore, che è bugiardo fin dalla nascita e che quindi insinua nelle menti degli uomini idee sempre false di Dio. Lo Spirito Santo ha fatto un buon lavoro. Ne siamo grati ai Cardinali. Nella speranza che il Signore conceda lunga vita a Papa Francesco, secondo i suoi disegni di salvezza e di misericordia.

Salvatore Bernocco