Nella gioia della Pasqua

Miei Cari,
la Pasqua è un momento troppo importante e decisivo per non lasciare traccia nello spirito umano, né può non dire all’uomo angosciato e ferito nelle sue più profonde certezze la parola di speranza e di coraggio che lo solleva e lo rianima. Ancora una volta l’annuncio della risurrezione, il ricordo sempre nuovo e sempre vivo del Cristo che ritorna tra i suoi dopo lo scandalo della sua condanna e della sua morte in croce, risuona come un canto di vittoria, come un segno di liberazione e di salvezza.
Ancora una volta il mistero pasquale mette in risalto il valore della fede, il suo posto fondamentale nella vita del credente, la necessità urgente di una coerenza sempre più coraggiosa e decisa. È questa l’ora della fede in cui solo la Parola di Dio può illuminare la ricerca dell’uomo chiuso nei suoi ragionamenti e nelle sue esperienze limitate e soffocate nel piccolo orizzonte sensibile. Il Cristo risorto annuncia all’uomo di sempre la certezza di una vita che va al di là della morte e di ogni morte e offre all’uomo il coraggio di credere a ciò che non vede, ma di cui avverte un estremo bisogno. La fede nel Cristo Risorto riporta l’umanità a guardare più in alto e a trovare la forza, la voglia, i mezzi per risalire dall’abisso e cominciare un’epoca nuova, l’epoca dei figli di Dio.
È questo il mio augurio che cordialmente presento a tutti quanti voi, in particolar modo ai bambini, agli anziani e agli ammalati.

Don Vincenzo


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Venerdì 30 Aprile, alla presenza di S.E. Mons. Angelo Amato,
Prefetto della Congregazione per i Santi, avrà inizio, con i relativi
adempimenti, il Processo di Beatificazione per il Servo di Dio
Don TONINO BELLO
nostro amato e mai dimenticato Vescovo.
Un fremito di tanta gioia e speranza sta attraversando la nostra Comunità.


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1977 - 10 Aprile - 2010
Anniversario della
Ordinazione Sacerdotale
del Vescovo
don Gino
A Lui l’augurio
e la preghiera di tutti noi

In famiglia: La gioia della riconciliazione dopo il litigio

Nessuno meglio di un marito o di una moglie, conosce l’intensità del sapore della riconciliazione dopo l’amarezza e l’angoscia di un grosso litigio, che l’ha coinvolto fino a compromettere lo stesso rapporto coniugale. Non parlo dei battibecchi, più o meno quotidiani, che caratterizzano le famiglie da quando lui e lei sono veramente due “coniugi”, uniti assieme dallo stesso legame paritario, due esseri umani con la stessa dignità di persone. Certo, non esistevano un tempo ormai lontano (ma in alcune società primitive ancora persistono!) e non ci sono mai quando uno dei due ed in genere la donna, si trovi in posizione subalterna, quasi schiavistica. In questi casi, il litigio e il conflitto esplosivo non hanno ragione di esistere perché manca chi può contraddirti. Dire che la conflittualità è una componente essenziale di ogni relazione umana, è ripete cose risapute, ma non accettate con molta convinzione: facciamo infatti una grande fatica a recepirle con serenità.
A chi di noi non dispiace se qualcuno ci contraddice?
Siamo sinceri, temiamo di perdere prestigio, soffriamo perché le nostre idee non sono apprezzate e la vita di coppia ci consente di sperimentarlo sulla nostra pelle.
Penso che se parlassimo apertamente, con altre coppie, ma soprattutto con il nostro partner, dei nostri sentimenti in ordine ai dissapori, dovuti ai “puntigli” che spesso prendiamo, a causa dei diversi punti di vista, ci ha liberamente un po’ del peso angosciante che ci assilla.
Parlo per esperienza diretta. Ho vissuto con vero tormento i momenti dei gravi contrasti, che ho avuto con mia moglie per dei motivi veramente futili. Incomincia sempre così la crisi coniugale e se ci lasciamo andare senza reagire, ci troviamo coinvolti inesorabilmente verso la china.
Potessimo confidarci con qualcuno di cui ci fidiamo veramente, senza aver paura di essere giudicati, quando sembriamo impigliati in una matassa di pensieri imbrogliata senza saperla sbrogliare e dalla quale non riusciamo a venire a capo, quanto più ci arrovelliamo il cervello.
Potessimo essere più umili con noi stessi! Fermarci un momento a riflettere con calma e “freddezza” sulla nostra vita che rischiamo di sciupare sull’altare del terribile “orgoglio”, della stupida prosopopea, della logica dell’ “ho ragione io”!
E’ così che intanto comincia ad insinuarsi il tarlo della cattiveria, del rancore così radicato che non credevamo mai di essere capaci di nutrire.
Quella, o quello, che fino a ieri era il nostro unico grande motivo di vita, di botto, si è trasformato in un nostro avversario, causa di una nostra profonda tristezza, che proviamo piacere a colpire, se non a parole, con il nostro mutismo.
E ci giochiamo così molte giornate della nostra vita; sprecandola e incupendoci sempre più fittamente.
Forse perché memori di quanto abbiamo sofferto, quando i nostri occhi si incontrano poi quasi per incanto ci sentiamo liberati dall’incubo di quel baratro in cui stavamo per precipitare e dal terrore di vedere sbriciolata la nostra famiglia in cui avevamo creduto fortemente e i nostri figli sballottati di qua e di là.
Forse per la tensione che ci ha tormentato per giorni e giorni e soprattutto durante la notte, quando sembra che i cattivi pensieri, stiano lì ad aspettarci, quasi il buio ed il silenzio notturno desse loro più ardire a manifestarsi, la gioia di ritornare fra le braccia della donna, o dell’uomo, che abbiamo scelto consapevolmente come compagno della nostra vita, ci fa dimenticare quasi di botto tutte le cose cattive, facendoci gridare al miracolo, ed amare più intensamente, ed in modo nuovo, la persona cara.
Ci sentiamo rigenerati nello spirito e nel corpo, e anche gli amplessi amorosi sono più dolci e più espressivi; diventiamo, marito e moglie, un’entità unica e rigenerata. Soprattutto rafforziamo il desiderio di guardare alto, di non dimenticare che Dio non ci abbandona, solo che noi lo vogliamo.
Pensando al vero senso del matrimonio cristiano, ci accorgiamo che la vita ricomincerà con nuova lena e rivedremo il mondo ed il cielo cosi come sono, con le ombre ma anche con la luce che è tanta e sarà tanto più luminosa quanto più vogliamo aprire gli occhi per vederla. Io credo di aver sperimentato la gioia della riconciliazione.

Luigi Stancati

Una lettera a S. Anna

Ad una madre mancata

Una lettera scritta con caratteri maiuscoli, a mano, con tratto agitato, sconvolto. Don Vincenzo l’ha ritrovata ai piedi della immagine di Sant’Anna, in chiesa, e me l’ha affidata per una riflessione, per rivolgere una parola di conforto e di speranza a colei che l’ha estesa in un momento difficile e doloroso della sua esistenza.
Questa donna ha perso il bambino tanto desiderato e ne soffre indicibilmente.
“Sto tanto male, – scrive – sono andata dallo psichiatra e dallo psicologo, ma non mi hanno saputo aiutare. Solo tu puoi. Ti prego, dammi la possibilità di averne un altro, perché la mia vita non ha più senso”.
Vorrei dire a questa donna, la cui fede è forte, che sono certo che il Signore, per intercessione di Sant’Anna, esaudirà il suo desiderio. Bisogna continuare ad avere fede, a pregare, sapendo che il Padre non dà uno scorpione a chi gli chiede del pane, e lo dà a tempo debito. I suoi disegni superano i nostri.
Se agli uomini competono i progetti, solo da Lui viene la risposta. Sono convinto che il Signore, che è Padre, non farà mancare il suo sostegno, che ordinariamente viene dalle persone che ci ha messo accanto, dagli amici, dai conoscenti, dai medici, dagli specialisti.
La medicina è al servizio dell’uomo che soffre, ma, se il medico cura, è da Dio che viene la guarigione, che è dell’anima e del corpo.
Così, Signora, non si affligga, non disperi, ma preghi incessantemente e con fiducia Colui al quale nulla è impossibile.
Perché il suo bambino, tanto desiderato, non è venuto alla luce? Questo nessuno può saperlo.
Potremmo dire sciocchezze o frasi di circostanza che lasciano il tempo che trovano.
Malgrado il dolore e la disperazione, Lei lancia un forte appello ad accogliere la vita, ad evitare l’aborto, a non abbandonare creature innocenti alla mercè di chi vorrebbe disfarsene.
Lei, Signora, è una donna da ammirare per fede ed amore. È una donna che, con poche e vibranti parole, ci insegna che la maternità non è una sciagura, ma un dono.
Auguri, allora, nella speranza che il Signore della vita esaudisca presto gli aneliti del suo cuore di madre attraverso l’intercessione di Sant’Anna e della Regina dei Santi.

Salvatore Bernocco

Gesù, il buon Ladrone che derubò il diavolo

Nel commento del vescovo di Milano una singolare interpretazione dell’episodio evangelico

Chi è il buon ladrone? La domanda è, in un certo senso, banale, e tutti ci rimanderebbero a leggere la pagina del vangelo secondo Luca (23, 39-43), che la liturgia ci ha recentemente offerto nella lettura della Passione: il buon ladrone è il crocifisso che, dopo aver riconosciuto la propria colpa, ha invocato da Gesù di essere introdotto nel suo regno e si è sentito rispondere:
“Oggi sarai con me nel paradiso”.
Qualcuno, attingendo alla lussureggiante letteratura apocrifa, ce ne potrebbe specificare il nome, Disma, o anche raccontarci il delicato gesto di bontà che egli avrebbe compiuto in aiuto della santa famiglia in fuga dall’Egitto: faceva parte, il nostro Disma, di una banda di briganti ma, incontrando quei poveri esuli ebrei, non solo non fece loro alcun male, ma li protesse e li aiutò, e ricevette in cambio da Maria la promessa di una ricompensa futura, puntualmente attuata per lui da Gesù in croce. Lasciamo da parte questa narrazione leggendaria, pur così ricca di umanità e di speranza e torniamo alla domanda iniziale: chi è il buon ladrone?
Benedetto XVI citava alcune espressioni dal commento di sant’Ambrogio a questa pagina del vangelo (tratto dalla sua Esposizione del Vangelo secondo Luca): il buon ladrone, ricordava il vescovo di Milano riprendendo la narrazione evangelica, “pregava che il Signore si ricordasse di lui, quando fosse giunto nel suo Regno, ma il Signore gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso””; E proprio in questa meravigliosa risposta di Gesù, Ambrogio rinveniva un preciso, luminoso insegnamento: “La vita è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo là c’è il Regno” (10,121: Sancti Ambrosii episcopi Mediolanensis opera, 12, pagina 479).
Sin qui la citazione del Papa. Ma possiamo continuare a leggere il commento del vescovo di Milano e trovare, poco più innanzi, una singolare sorpresa, proprio riguardo al “buon ladrone”. Infatti, dopo aver annotato la malvagità del gesto di “crocifiggere come un malfattore(quasi latronem) il Redentore di tutti” sant’Ambrogio soggiunge: “ma nel mistero - cioè nell’interpretazione più profonda, che attinge alla pienezza del mistero della salvezza - egli [Gesù, il Redentore] è un eccellente malfattore (bonus latro), perché ha teso un agguato al diavolo e gli ha portato via la sua roba (10, 123: Ivi, 12, pagina 481).
Con fine ironia ci viene così fatto notare che questa volta (solo questa volta, per carità) è stato commesso un furto pienamente giustificabile - un buon furto! - ed è veramente un Buon ladrone colui che l’ha compiuto, lo stesso Cristo nostro signore che ha sottratto al tentatore quell’umanità che, ingenuamente e pretenziosamente, pensava di aver fatta una volta per tutte, dai giorni della caduta di Adamo nel primo paradiso.
Questa riflessione doveva essere gradita dal vescovo di Milano, perché altre volte la utilizza nella sua predicazione anche con maggior ampiezza e vivacità, pur non impiegando esplicitamente il titolo di Buon Ladrone qui espressamente attribuito a Gesù.
È il caso del Commento al salmo 40, là dove veniva presentata la splendida vittoria compiuta da Cristo contro il tentatore nell’apparente debolezza della sua passione.
Per far capire ai suoi ascoltatori il pensiero che poi andrà spiegando, Ambrogio comincia col descrivere loro la tattica usata dai lottatori nelle gare allo stadio: essi infatti “si abbassano sotto gli attacchi e i colpi e danno l’impressione di poter essere sconfitti; ma improvvisamente, quando pare che siano oramai schiacciati dal peso dell’avversario, ecco che, con abile mossa, si rivoltano e atterrano l’avversario che stava sopra. Quello che stava sopra cade e quello che stava sotto viene a trovarsi sopra e a schiacciare a sua volta”.
Nessuno ci toglie il sospetto che il nostro vescovo, quando ancora era governatore o anche nella sua giovinezza romana, abbia assistito a queste scene, seguendole con gusto e rimanendo vivamente colpito. Ma ora che tutto gli serve per insegnare un’esperienza più grande e più incisiva per la vita umana, eccolo compiere una vivace trasposizione:
“Allo stesso modo, in una lotta spirituale, il Signore Gesù, con i nostri pesi addosso, si è abbassato sotto l’attacco della sua passione ed è parso debole, perché l’avversario lo ritenesse uomo al pari di tutti gli altri, facile da sconfiggere: così ha deposto le armi della divinità per difendersi con lo scudo da uomo”.
Che cosa è allora accaduto grazie a questa umiliazione e annichilimento, nel quale la divinità si è nascosta nella kènosis dell’umanità assunta?
È a questo punto che, nel commento di Ambrogio, vediamo ancora affiorare l’immagine dell’inganno salutare, compiuto per noi dal bonus latro Gesù:
“Con la sicumera del vincitore, il tentatore si è avvicinato ancor di più; lo ha voluto ferire alla costola con la lancia del soldato (cfr Giovanni, 19, 34), pensando di poter sconfiggere anche lui, come Adamo, nella costola. Ma, ferito al costato, il Signore Gesù ha sprizzato vita dalla ferita; ha annientato ogni peccato; ha abbattuto l’avversario, a cui ha sottratto la morte del ladrone e, in quella morte, in quella sepoltura corporale, quando sembrava schiacciato a terra, si è rivoltato per forza propria; è caduto l’avversario; il Signore è risorto”.
Si conceda di giocare un poco con le immagini, sulla scia del brano appena citato, quasi a sintetizzare il tutto: Gesù è il Buon Ladrone, perché ha strappato al diavolo - che per antonomasia è ladro della nostra vita e della nostra felicità - il ladrone in croce, compiendo un inganno meraviglioso in cui viene donata la giustizia e salvezza all’intera umanità.

Cesare Pasini

(foto: G. Valerio: XII Stazione della Via Crucis nella chiesa del SS. Redentore)

Nel Mese

(foto: 1° Aprile 2010 - Altare della Reposizione)
Non meno impegnato poteva essere stato il mese di marzo.
Intanto il parroco partecipò con il vescovo e altri 25 sacerdoti ad un incontro di spiritualità a Roma dal 1 al 4 marzo. Ci fu poi la conclusione del percorso di fede per i fidanzati e l’ultimo incontro fu riservato ai genitori di essi. Gli stessi giovani animarono l’Eucarestia cui seguì un momento di festa nella sala “Don Tonino”. Il 15 poi ci ritrovammo per la festa S. Luisa di Marillac predisposta dal Volontariato Vincenziano e il parroco tenne l’omelia sulla vita della Santa.
Come ogni anno ci preparammo alla solennità di S. Giuseppe che festeggiammo anche con la presenza del vescovo; il giorno 20 lo stesso don Gino incontrò presso l’Annunziata le Comunità neo-catecumenali e subito dopo si fermò a cena con il gruppo famiglia. Per tre sere ci ritrovammo in preghiera presso l’Annunziata preparandoci così alla festa del 25 che vide la partecipazione di tanti fedeli della città. Ci introducemmo poi nella Settimana Santa con la Benedizione delle Palme e la processione verso la chiesa parrocchiale. Ben riuscito il Triduo pasquale con la Messa della Cena del Signore e soprattutto con la Veglia Pasquale. Molto bella l’adorazione della sera del giovedì santo. Interminabile poi l’affluenza dei fedeli per la visita all’altare della Reposizione. Seguirono poi i momenti di festa e convivialità. Molto interessanti le lezioni tenute dal parroco sulla Passione secondo Giovanni.

Luca