TEMPO DI VACANZE : SILENZIO CREATIVO

Miei Cari,
una pausa di silenzio non fa male in questo periodo estivo, per cui vi propongo alcune riflessioni nelle quali mi accompagna la giornalista L. Scaraffia. Forse non viviamo una vita vera, ma siamo i protagonisti di un film: questo sembra essere il messaggio che ci lanciano le colonne sonore che – volenti o nolenti – accompagnano le nostre vite, proprio come succede ai personaggi dei film. Ormai un sottofondo musicale è previsto praticamente dovunque: bar, ristoranti, negozi e perfino nei supermercati – pare che così la gente compri di più – e talvolta anche nelle stazioni o negli aeroporti. Naturalmente le musiche sono differenti: possiamo sentirci immersi in ritmi melodici napoletani in una pizzeria, in un’atmosfera jazz se il bar dove entriamo e sofisticato; in un clima americano melodicco – magari con Frank Sinatra – in un ristorante, come se ogni cena fosse l’occasione di affascinare l’anima gemella. Nei negozi di jeans prevale il rock o il genere metal; in quelli vintage canzoni buffe degli anni Trenta; se i tavolini di un caffè sono all’aperto, musiche da operetta possono rievocare i cafè chantant; nei musei, soffusa nello sfondo, musica classica. Perfino nelle chiese, in quelle antiche e artisticamente belle, quelle dove si entra non solo per pregare, ma anche per ammirare, ormai è prevista una colonna sonora: naturalmente si tratta di musica sacra, a volume basso, ma comunque tale da rompere il silenzio. Forse in quest’ultimo caso l’intenzione è buona: è un modo per far capire ai turisti che si trovano in un luogo sacro, che non possono parlare ad alta voce, far rumore. E’ un modo di generare rispetto, di suscitare sentimenti di devozione. In ogni caso, queste colonne sonore colorano la nostra vita di atmosfere che magari in quel momento sono molto lontane dal nostro stato d’animo, influenzano – qualche volta, bisogna ammetterlo, in modo positivo – il nostro umore. Ma creano anche sensazioni bizzarre e fuori luogo: come se fossimo sempre, a ogni età e in ogni occasione, innamorati e sospirosi, o, in altri casi, ribelli ee scontenti. E poi rendono difficili i contatti umani, perché per parlare dobbiamo alzare la voce, che perde le inflessioni che vorremmo darle: i messaggi si fanno brevi e perentori, specie se il loro contenuto è in contrasto con il clima musicale imposto. Quante volte, in un ristorante, un gruppo di persone che si incontra per chiacchierare viene indotto a rinunciare a qualsiasi discorso un po’ lungo e complesso dalla musica che imperversa e rende difficile ogni scambio verbale? Perfino un’antica abitudine ben collaudata, come quella di dire “andiamo a prenderci un caffè così ne parliamo” viene annullata dalla colonna sonora che imperversa, impedisce di sentire cosa dice l’altro e, per di più, crea un’atmosfera spesso poco adatta al discorso che si vuole affrontare. Anche se ci stiamo talmente abituando alla musica che quasi non la ascoltiamo più la musica, e se qualcuno la commenta lo guardiamo stupiti: per noi è solo uno tra i tanti rumori che ci circondano, e ci rimbambiscono. Così abbiamo ucciso il silenzio, che non sempre e non solo significa solitudine. Silenzio è anche possibilità di sottrarsi alla banalità quotidiana, di entrare nel profondo di se stessi, nel luogo dove nasce un pensiero che si plasma poi nella parola. L’apice del silenzio ce l’abbiamo nella lettura silenziosa, che permette al lettore solitario di creare con il libro un rapporto esclusivo. Non è un caso che nella nostra società, inquinata da musiche e rumori, stia scomparendo l’abitudine alla lettura: soprattutto per i giovani è sempre più difficile trovare concentrazione e silenzio, condizioni indispensabili per la comprensione di un testo. E chi non legge perde molto. Come ha scritto un grande studioso, Giovanni Pozzi: “Amico discretissimo, il libro non è petulante, risponde solo se richiesto, non urge oltre quando gli si chiede una sosta. Colmo di parole, tace”.
Cordialmente
Don Vincenzo

Al Sig. Vincenzo Caldarola, Presidente del Comitato Feste Patronali

Caro Presidente,
la nostra amicizia e il tuo diuturno impegno come 1° Componente della Confraternita di S. Rocco di cui sono Assistente Spirituale, e ti fanno tra i miei principali collaboratori, mi inducono a prendere la parola in ordine alla recente festa patronale dell’Ottavario del Corpus Domini (unica - da sempre - per la nostra città). Nel contempo ti esprimo la solidarietà per l’atto intimidatorio di cui sei stato oggetto in questi giorni.

1. Da diversi anni c’è un revival di mosse per far tornare il tutto all’antica tradizione, quasi i tempi non fossero cambiati e il Concilio Vaticano non avesse parlato a riguardo. E comunque - come altri hanno ricordato - la festa patronale dell’Ottavario non è un fatto parrocchiale ma è una festa dell’intera città “per cui vanno tenute presenti tutte le componenti di esse e, in primis, vescovo e intero Presbiterio. Se il vescovo non fosse stato tempestivamente informato sarebbe venuto a Ruvo la sera della domenica della festa. Tant’è che il suo programma riportato su “Luce e Vita” prevedeva alle ore 11,00 dello stesso 29 giugno l’amministrazione delle Cresime nella parrocchia di S. Giuseppe in Molfetta. E ancora: se volevasi la tradizione, perché anche il giorno del Corpus Domini, la processione non è avvenuta al mattino? E quando mai, nel giorno del Corpus, si son date le benedizioni agli altari delle porte di Ruvo? Tale prerogativa è stata sempre del vescovo e solo il giorno dell’Ottavario. E il giorno del Corpus Domini è stato sempre l’arcidiacono o, da quando era tra noi Don Tonino, è stato il Vicario generale a presiedere la processione del Corpus o, se è passata al parroco, lo si è fatto perché il vescovo mons. Negro, decretò, prima che fosse stata abolita la processione del Corpus Domini e poi - date le resistenze - che fosse stata una processione nel solo territorio parrocchiale. Cosa che caparbiamente non si è mai attuata. Il degrado poi ha raggiunto il culmine negli ultimi tempi con l’erezione di un misero altare (una gabbia donde sono stati liberati dei colombi come ha detto il popolo) in piazza Castello, confinato in un angolo sugli spalti del castello con accanto gli ombrelloni di un bar. Povero culto eucaristico! La piazza più antica e più bella scippata a Gesù Eucarestia per dar posto a mucchi di sedie, gazebo, palchi e quant’altro. La piazza diventava da sempre un’immensa basilica all’aperto donde il vescovo, prima di impartire la benedizione aveva modo di istruire la sua comunità cittadina. Da tempo immemorabile, anche se la festa non è stata “ricca” ha sempre troneggiato l’imponente altare posto al centro della piazza, alto, solenne e non frammischiato tra spalliere luminose di scarso valore anche scenografico. Gli amici confinanti dei paesi vicini venivano ad ammirare il maestoso altare dal quale il vescovo avrebbe poi impartito la prima benedizione.

2. Vorrei poi, caro Presidente, che non si dimenticasse come si è voluta affossare la grande festa di S. Rocco, Patrono Minore di Ruvo, e solo per il quale la città si mobilitò per la realizzazione del capolavoro d’argento del Sammartino. Fino all’episcopato Marena, lo stesso vescovo ha sempre partecipato alla processione la sera del 28 settembre. Da dopo l’episcopato Marena e il rientro processionale per il breve tratto dalla vicina chiesa del Purgatorio in Cattedrale (chiusa diversi anni per i restauri) della statua di S. Biagio, la festa di quest’ultimo ha soppiantato quella di S. Rocco anche se al primo era riservato il pontificale del 3 febbraio, il bacio della reliquia, le nocelline e alcune girandole nella piazzetta della Cattedrale. E basta. Far rivivere la tradizione del passato? Non a piacimento di alcuni e a discapito di ben più radicate tradizioni. Non è mai così avvenuto per Terlizzi in cui le tradizioni cittadine sono oltremodo consolidate e intoccabili (vedi i vari spostamenti della Madonna di Sovereto o il festone della Madonna del Rosario con la partecipazione del vescovo a tutte queste).

Quindi, caro Presidente, la memoria storica di Ruvo non va presa per quello che fa comodo, soprattutto perché quanto è avvenuto quest’anno non si ripeta e che la Processione dell’Ottavario torni nelle ore pomeridiane, come strenuamente voluto dagli ultimi vescovi, ma anche dalla stragrande parte della popolazione che al mattino dell’Ottavario ha preferito le spiagge di Bisceglie o di Barletta. Senza dire di quell’intervento su Facebook, peraltro non condiviso in pieno dall’autorità competente, dove si è favorito il commento di qualche laico con la “l” minuscola. Avrebbe fatto bene a non soffermarsi sui giudizi ai preti, se si devono indossare questo o quell’altro abito, peraltro assegnato e indossato per designazione della Segreteria di Stato del Papa
Con amicizia.
d. Vincenzo Pellegrini

NELLA VITA DELLA COPPIA SPESSO MANCA LA PAZIENZA

Nelle relazioni affettive la pazienza è una virtù essenziale e non va d’accordo con lo stile del nostro tempo che vorrebbe tutto e subito. La pazienza non è attesa vuota ma speranza nel futuro.

Perdere la pazienza è una delle caratteristiche di noi essere umani. Basta che chi ci sta davanti al semaforo non riparta immediatamente quando appare il verde che subito cominciamo a suonare per svegliarlo; basta che un relatore sia più pesante del previsto che cominciamo a sentirci a disagio e guardiamo cento volte l’orologio. Chi non ha assistito a qualche lite per il rispetto dei posti nelle code alle poste o in qualche altro ufficio? Per fortuna oggi esistono i numeri che si prendono all'ingresso degli uffici. In una società dove tutto avviene velocemente la pazienza è proprio la virtù dei forti. Nelle relazioni affettive la pazienza è una virtù essenziale e non va d’accordo con lo stile del nostro tempo che vorrebbe tutto e subito. Tutti dicono che è essenziale il dialogo in famiglia ma per dialogare serve tempo e pazienza. Tutti dicono che i conflitti vanno affrontati ma per sciogliere alcuni nodi serve tempo e pazienza e oggi è diventato un luogo comune ripetere che non abbiamo tempo. Ci vogliono anni per conoscersi e verificare la possibilità di una vita insieme; ci vogliono nove mesi perché nasca un bambino e poi perché nasca alla vita adulta ci vuole tanto tempo e tanta pazienza. La vita frenetica un po’ alla volta rischia di svuotarci perché ciò che viene sacrificato alla fretta della vita è il tempo di stare insieme, parlarsi, condividere, ascoltarsi; ciò che manca alla fretta della vita è la capacità di perdere tempo per l’essenziale. Ciò che manca è la pazienza. Nella vita di coppia il passare degli anni porta inevitabilmente a farsi un’idea dell’altra persona che lentamente si sclerotizza e diventa un pregiudizio difficile da modificare. Solo l’amore ma anche tanta pazienza può smontare questi pregiudizi e permetterci di vedere oltre l’apparenza e oltre i nostri schemi. La pazienza è la capacità di coniugare i valori con il tempo. Quanto più preziosi e delicati sono alcuni valori, tanto più è necessario un percorso lungo per viverli. Ma questo non avviene in modo passivo perché la pazienza non è attesa vuota, apatia, rassegnazione ma scelta del cuore, amore alla vita e alle persone, fiducia in quello che stiamo costruendo, speranza nel futuro. La pazienza è l’arte dell’educare che sa di essere come un contadino che semina e attende la stagione dei frutti. Ma la sua attesa è attiva e creativa perché si prende cura del terreno e poi della pianticella, la nutre e la difende dal gelo. La pazienza porta a credere che nella vita e nell'educazione è più importante il “processo” del “prodotto”. E’ più facile arrivare in un rifugio di montagna con la funivia ma è un’altra cosa arrivarci a piedi. In funivia è assicurato il prodotto, cioè il risultato, ma l’escursione regala fatica, consapevolezza delle proprie forze e limiti, paesaggi, compagnia, voglia di tornare indietro, attesa. In questa pazienza, cioè nel “processo”, si forma l’uomo maturo. Quanta pazienza ha Dio nei nostri confronti! Come non ricordare la pazienza del padre che aspetta il ritorno del figlio prodigo; la pazienza nei confronti dei suoi discepoli che fino alla fine non capiscono o travisano le sue parole; la pazienza nei confronti di quel fico che da anni non portava frutto e i discepoli vorrebbero tagliare mentre Gesù chiede ancora pazienza. E la pazienza di perdonarci sempre quando bussiamo alla sua porta per domandare perdono.

La riqualificazione di Piazza Castello

Prendiamo le mosse dal comunicato stampa del Comune di Ruvo di Puglia sulla riqualificazione di Largo Castello, il quale sarà possibile “grazie a un finanziamento di 2.006.900 euro nell’ambito del PO FESR 2007-2013, Azione 7.1.1, ottenuto dal Comune per un progetto che prevede anche la riqualificazione di piazza Cavallotti e dell’imbocco di Via Cotugno. Il progetto integrato di rigenerazione urbana predisposto dal Comune ha per obiettivo la riqualificazione di parti significative della città, la valorizzare del patrimonio storico e archeologico, il miglioramento della qualità urbana e l’incremento dell’offerta turistica, puntando anche sul contenimento del traffico carrabile e sul potenziamento della mobilità lenta, al fine di consentire una migliore fruibilità e degli spazi pubblici”. Questo, fra l’altro, si legge nel comunicato. Seguono le dichiarazioni di sindaco ed assessore al ramo, che parlano di “traguardo significativo”, di “progetto strategico”, di rilancio del turismo, etc. Staremo a vedere, sebbene sia arduo immaginare che lo sviluppo economico di un paese possa passare attraverso la riqualificazione urbana di una piazza. Non ne scorgiamo il nesso, forse per nostra cecità. Invece era logico attendersi lo squillar di trombe della politica locale (“squillar s’ode da lunge un suon di trombe,/un dare a l’arme ed un gridar di genti/tal, che ne tuona e ne rimugghia il cielo”, da L’Eneide di Virgilio), che, avendo dato segnali laschi in questi anni, cerca affannosamente di riacquistare il consenso dell’elettorato e di far dimenticare che pendono sulla nostra comunità cittadina tanto la questione del debito gigantesco quanto quella degli avvisi di garanzia. Non si dimentichi che la bassa percentuale di partecipanti al voto per il rinnovo del Parlamento europeo, se ha suscitato le grida di giubilo dei vincitori, sono e restano, per chi sia intellettualmente onesto e non fazioso, un segnale allarmante di crescente disaffezione della gente dalla politica. A nostro modesto avviso, la riqualificazione, che va fatta, non deve tramutarsi in uno stravolgimento totale dei luoghi coinvolti dai lavori. In secondo luogo, forse sarebbe stato opportuno mettere a confronto più soluzioni tecniche, promuovere un concorso di idee per poi optare per la soluzione maggiormente condivisa. Qualcuno parla di tempi ristretti. Se così fosse, non si comprende la ragione per cui non ci si sia mossi per tempo. La fretta, com’è noto, fa i figli ciechi e potrebbe indurre qualcuno a prendere decisioni errate, a dare il placet a progetti che potrebbero risolversi in uno sperpero di denaro pubblico. In tempi di vacche magre come quelli che viviamo, sarebbe un vero e proprio reato.

Filoteo


Nel tempo e nello spazio di Dio

Giugno si caratterizzò per il mese in onore del S. Cuore. Ma anche per l’immediata preparazione dei fanciulli di Prima Comunione. Si concluse con il pellegrinaggio al Santuario del Miracolo Eucaristico di Lanciano da parte dei bambini, dei loro genitori e dei catechisti. Tutti furono felici e soddisfatti di questa catechesi formidabile sull’Eucarestia. Si concluse anche il corso di catechesi con un incontro consuntivo da parte dei catechisti con il parroco. La verifica portò anche alla decisione “ad experimentum” di portare la catechesi al solo giorno di sabato per il prossimo anno catechistico del mese di settembre. Anche il Gruppo Giovani si è riunito per fare il punto della situazione e per l’organizzazione di momenti formativi estivi. Per i ragazzi si è pensato all’Oratorio estivo che avrà inizio il 1° luglio e continuerà ad oltranza anche perché mentre altre realtà parrocchiali chiudono molti ragazzi restano per le strade. I volontari parrocchiali provvederanno ad essi. Si è poi celebrata la festa della Prima comunione il giorno del Corpus Domini. Molto ben riuscita la preparazione e la celebrazione.

LUCA