CON UN CUORE DA "RE"

Miei Cari,
la ricorrenza della festa di Cristo Re titolare della nostra parrocchia deve orientarci ad alcune riflessioni: ciò che fa la differenza non è la cosa che facciamo, ma il «modo», lo stile con cui la compiamo. Così, chi riceverà da noi un rimprovero, sovente non terrà conto delle cose che diciamo, ma del tono della voce, che rivela se giudichiamo o analizziamo il fratello che sbaglia. Il giudizio, infatti, comporta sempre un tono duro e intransigente. L’analisi, invece, anche se tagliente, ha sempre un tono amabile e rispettoso. «Regale», appunto. Accentuo questo aggettivo per un evento che si presta a commentare la festa di Gesù Cristo Re dell’universo e Signore della storia, a conclusione dell’anno liturgico. Mi torna in mente intanto la pregnanza del termine «basilica», che vuol dire «casa del re» e mi piace ricordare il gesto profetico del nostro Don Tonino Bello, che mentre elevava anch’egli una chiesa importante alla dignità di basilica minore, si vide affrontato da un giovane che gli chiese: «Ma perché “minore”? Qual è allora la basilica maggiore?». Don Tonino scese dall’ambone e picchiando le mura della chiesa rispose: «Questa, fatta di mura, è la basilica minore. Ma il tuo cuore - proseguì toccando il petto del giovane - è la basilica maggiore!». Da questo gesto, ma anche da una basilica, possiamo imparare molto: a dare regalità alle cose, a camminare a fronte alta, a saper fare il primo passo, a essere sempre pronti a ringraziare chi ci ha fatto del bene, a prendere le difese dei più deboli. Soprattutto a saper perdonare, che è il gesto più grande di regalità. E a mettersi al giusto posto anche in politica, a saper riconoscere i propri limiti,a far strada ai poveri senza farsi strada (don Milani). Questo è vivere la regalità di una chiesa. Questo è allora anche lo stile con cui vivere, la festa di Cristo re. Ho intitolato questa lettera «Con un cuore da Re!». È quanto auguro anche a voi, sulla scia dei tanti martiri che sono morti gridando: «Viva Cristo Re!».
 Cordialmente,
Don Vincenzo


PAPA FRANCESCO INSEGNA:
“Non cerchiamo novità con curiosità mondana” ...La curiosità ci spinge a voler sentire che il Signore è qua oppure là; o ci fa dire: “ma io conosco un veggente, una veggente, che riceve lettere dalla Madonna, messaggi dalla Madonna. Ma guardi, la Madonna è madre. E ci ama a tutti noi. Ma non è un capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni. Queste novità allontanano dal Vangelo, allontanano dallo Spirito Santo, allontanano dalla pace e dalla sapienza, dalla gloria e dalla bellezza di Dio”... “Chi ha orecchie da intendere, intenda”.

NEL CENTENARIO DALLA NASCITA di Mons. FRANCESCO LORUSSO ( 1913 - 2013 )
Nato da Pasquale e Maria Gattullo il 2 novembre 1913 e battezzato lo stesso giorno nella nostra chiesa parrocchiale del SS. Redentore dal parroco Don Salvatore Ciliberti. Dallo stesso avviato al sacerdozio. Figura di spicco nel Presbiterio diocesano di Ruvo fu ordinato Presbitero diocesano di Ruvo il 16 luglio 1939 da Mons. Andrea Taccone e divenne parroco di S. Domenico nel 1941 fino alla sua morte. Fondatore dell’Oratorio Pio XII, si spense all’età di 66 anni il 17 febbraio 1979. La sua memoria è in benedizione nella città di Ruvo. Per le sue benemerenze e l’impegno pastorale in parrocchia e in diocesi il Vescovo Aurelio Marena lo segnalò al Papa Paolo VI che gli conferì l’onorificenza pontificia di Prelato d’Onore di Sua Santità.

CHI VIVE E CHI MUORE

La vita e la morte. Due misteri speculari. La morte è l’unico evento certo. Non si sa come e quando, ma arriverà. E produce angoscia perché dentro ogni uomo vi è un anelito insopprimibile a vivere. Anche il Cristo, dinanzi all’evento conclusivo e cruento del suo terreno passaggio, pregò il Padre affinché quel calice non gli fosse dato. Ma poi concluse abbandonandosi alla Sua volontà, ai suoi disegni che superano di gran lunga i nostri, in tutti i sensi. Ma chi vive e chi muore? Vive chi respira e muore chi non respira più. Fatto oggettivo. Naturale ed ovvio. Sul piano biologico è così. Ma poi vi è un altro piano, quello spirituale, secondo cui la vita e la morte vanno considerate con riguardo al peccato, quella frattura che è in grado di separare definitivamente l’uomo dal suo Creatore se ad esso non ne consegue la conversione del cuore, quindi di tutta la persona che, rientrata in sé stessa, si avvede che è affetta dal male dell’anima, dal cancro dello spirito, e che ha bisogno, per vivere, per risorgere a nuova vita, di una cura, di un rimedio. Il peccatore è un ammalato grave che va incontro alla “seconda morte”, quella definitiva, quella dell’anima che sceglie gli inferi, cioè la lontananza da Dio, che rifiuta in modo senziente il suo amore e la sua salvezza. Se la morte biologica coglie tutti, quella seconda rapisce chi ha vissuto in funzione dell’ego, chi si è prostrato dinanzi agli idoli. Ora, sul piano spirituale, chi respira può già essere morto senza esserne consapevole. E chi è morto sul piano biologico, può tuttora essere vivo. Vivo e felice in un’altra dimensione di cui sappiamo poco. San Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, scrive: “Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale”. E ancora: “Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1 Cor 2, 6-9). Per coloro che amano il Signore, cioè per chi fa la sua volontà, vi è il Paradiso. Per chi non lo ama c’è un’altra sorte. Nefasta, purtroppo. Nel vangelo apocrifo di Tommaso si legge, per l’appunto, che i vivi non muoiono ed i morti non risorgono. È una sintesi perfetta dello stato delle cose. Viviamo in un’epoca che rifiuta il pensiero della fine perché ne ha paura. Perché non aderisce allo Spirito di Dio. La cultura di questo mondo, che rigetta la sapienza di Dio, la esorcizza con i reagenti del giovanilismo, dell’oblio, della distrazione che, nonostante gli sforzi, generano angosce, ansie, depressioni, vecchiaie anticipate. Compito del fedele è quello di annunciare e di ammonire, di spargere semi di novità di vita in un mondo che assomiglia sempre più ad un cimitero. Il cristiano semina speranza affinché la Nuova Umanità cristica prenda il sopravvento sulle sub-culture mortifere che, come i fatti di cronaca ci dimostrano ogni giorno, sconquassano i cuori e le menti degli uomini, soprattutto delle giovani generazioni, quelle più a rischio.

Salvatore Bernocco

SI CHIUDE L’ANNO DELLA FEDE

Ventiquattro novembre 2013. Questa la data di chiusura dell’Anno della fede, un anno che si è distinto per l’abbondanza di iniziative e la grande partecipazione di fedeli di tutto il mondo, ma anche per una particolarità che lo farà ricordare nella storia: è stato infatti aperto da un Papa e concluso da un altro, con il predecessore che è ancora in vita. Quando Benedetto XVI, l’11 ottobre 2012, aprì l’Anno della fede dedicato alla nuova evangelizzazione, erano passati esattamente cinquant’anni dall’avvio del Concilio Vaticano II. Papa Ratzinger mise bene in luce quel collegamento con il Concilio voluto da Giovanni XXIII, ma ricordò anche altre due iniziative: l’Anno della fede del 1967, proclamato da Paolo VI e il grande Giubileo del 2000, indetto da Giovanni Paolo II. Avvenimenti uniti dal desiderio di diffondere sempre di più e sempre meglio la fede, con «una profonda e piena convergenza proprio su Cristo quale centro del cosmo e della storia, e sull’ansia apostolica di annunciarlo al mondo», perché «Gesù è il centro della fede cristiana» e «il cristiano crede in Dio mediante Gesù Cristo, che ne ha rivelato il volto». La messa di chiusura sarà celebrata da Papa Francesco in Piazza San Pietro nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo re dell’Universo (nota come Cristo Re, introdotta da Pio XI nel 1925 con l’enciclica Quas primas) e sarà preceduta da speciali appuntamenti.

A. M. V.

Lettera di un padre a un figlio

Se un giorno mi vedrai vecchio, se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi… abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso io a insegnartelo. Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere… ascoltami. Quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia, finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare… ricordati quando dovevo correrti dietro, inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico. Ho avuto tanta pazienza per insegnarti l’abc. Quando a un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso… dammi il tempo necessario per ricordare. E se non ci riesco, non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico, ma il mio bisogno di essere con te e averti lì che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Quando dico che vorrei essere morto… non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età a volte non si vive, si sopravvive soltanto. Un giorno scoprirai che, nonostante i miei errori, ho sempre voluto il meglio per te, che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po’ del tuo tempo, dammi un po’ della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza. In cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te.
Ti amo figlio mio. Il tuo papà.

Dieci piccoli gesti quotidiani scacciacrisi, scientificamente provati

Ci sono alcuni piccoli accorgimenti da sfruttare anche dopo le vacanze, tutti scientificamente testati, che fanno bene all'anima e aumentano la felicità:

1. Donare. Fare un piccolo regalo ad amici e parenti o sconosciuti, soprattutto se improvvisato, dona serenità.

2. Autoterapia da grafomane. Scrivere o appuntare in un quaderno ogni sera tre piccoli eventi piacevoli (la moglie che vi ha cucinato il vostro piatto preferito, un disegno di vostro figlio, la telefonata di un amico) moltiplica esponenzialmente il loro beneficio.

3. Fare ogni giorno qualcosa di nuovo. Non per forza un’avventura ma una semplice variazione nella routine. Cambiare mezzo o itinerario per andare al lavoro, fare la pausa pranzo in un altro bar, comprare qualcosa in un nuovo negozio può aiutare a spezzare delle catene invisibili che pesano e intristiscono più di quanto pensiamo.

4. Andare in chiesa. Più studi scientifici hanno dimostrato che credere e frequentare una chiesa rende più sereni di chi si dichiara ateo.

5. Immergersi nel blu. Esporre il proprio corpo al colore blu di un ambiente naturale aumenta l’autostima, la propensione al sorriso e azzera lo stress.

6. Porsi degli obiettivi a breve o lungo termine. Promettere a se stessi di mangiare un po’ meno, fare più esercizio fisico, senza chiedere enormi sacrifici ma con l’obiettivo di raggiungerli, sopprime le emozioni negative.

7. Abbandonate il vostro punto di vista. Difendere le proprie posizioni ad oltranza fa disperdere moltissime energie ed esaurisce. Al contrario la neutralità o la ricerca di un compromesso giovano moltissimo.

8. Anticipare un evento piacevole. Preparare una festa (meglio se a sorpresa) o passare del tempo pianificando eventi piacevoli attesi regala serenità.

9. Dormire 6 ore e 15 minuti senza interruzioni ogni notte. Al di sotto di questo intervallo di tempo l’umore ne risente.

10. Avete almeno dieci amici veri? Chi ha meno di cinque amici è più solo e meno felice, lo certifica l’università di Nottingham.

 (Sole 24 Ore)

I FIGLI: DOVE ABBIAMO SBAGLIATO ?

Dopo la bravata di imbecilli la notte di Halloween, imbrattando i muri delle nostre chiese

Dove abbiamo sbagliato, così da avere ragazzi che in tutto il mondo occidentale esplodono al di fuori di ogni regola civile e morale? I genitori restano sempre più disorientati, talvolta impauriti e altra atterriti dalle trasgressioni sempre più audaci dei loro figli. Non sono cresciuti in famiglia? Non hanno avuto, sia pure con molti difetti, papà e mamme premurosi del loro bene, della loro crescita sana? Ci siamo lasciati alle spalle le vacanze estive, un’estate per molti ragazzi di indisciplina e disinteresse per ogni valore. Certo, vi sono genitori che devono fare l’esame di coscienza per la loro assenza nell'educazione o per la contro testimonianza data ai figli. Ma ve ne sono altri (la maggioranza) che sono bravi genitori, attenti al profitto scolastico, alla buona salute, ai valori civili e religiosi. C’è una crisi educativa in tutta la nostra civiltà. C’è una crisi educativa anzitutto perché c’è una crisi sul concetto di uomo e di adulto. Mi guardi bene da conclusioni moralistiche. Ma davanti a noi sta il bambino che, accarezzato, messo al centro della famiglia, si prenota a diventare adolescente esplosivo, soggetto chiassoso, distruttivo, incurante di ogni regola verso gli altri. Vuoi vedere che questo ragazzo idolatrato dalla famiglia e dalla pubblicità, superaccessoriato, seppellito di attenzioni, ha finito per credersi al centro del mondo, cadendo in una sorta di onnipotenza?

Nel Tempo e nello Spazio di Dio

Demmo inizio al mese di ottobre che tradizionalmente ci vide ritrovati per la recita del rosario che alle 20,30 venne anche animato dal Gruppo Famiglie parrocchiale. Dopo l’incontro programmatico dei catechisti ebbe luogo il rito del “mandato” che registrò anche la presenza dei ragazzi e i loro genitori. La catechesi è ripresa regolarmente a tutti i livelli compreso il Gruppo Adulti di A.C.I., i confratelli di S. Rocco, le Associate della Madonna del Buon Consiglio e i genitori dei fanciulli di catechismo. A fine mese ebbero anche inizio le catechesi promosse dal Cammino Neo-Catecumenale per la nascita di una 4^ Comunità. Un incontro programmatico fu anche organizzato per il Gruppo Giovani. Celebrammo anche il mese missionario dando particolare rilievo alla giornata della terza domenica di ottobre. La giornata conclusiva vide la Comunità riunita per la celebrazione solenne in onore della Madonna di Pompei che ci dispose al tradizionale pellegrinaggio al suo Santuario.

 LUCA