ANCHE NOI IN CAMMINO... COME I MAGI

Miei Cari,
l’episodio dei Magi, giunti dall'Oriente a Gerusalemme per adorare il nato Re d’Israele, ha sempre avuto la forza di suscitare impressioni ammirate nei confronti di quei personaggi rimasti al quanto misteriosi. Perché erano partiti? Dove andavano? Come avevano interpretato con tanta decisione una stella, così da mettersi in cammino? Matteo, nel suo Vangelo, non dà troppe risposte alla nostra, pur giusta, esigenza di sapere. Nulla viene concesso alla nostra curiosità di uomini, ogni giorno bombardati dai particolari di cronaca che riempiono le pagine dei giornali. Ma la notizia è chiara: i Magi erano partiti con decisione. Non ignoravano certo le difficoltà di un viaggio lungo e avventuroso seguendo la stella. Sin dove e da chi li avrebbe condotti? Di fatto chiedono: “Dov'è il Re dei Giudei che è nato?” Sarebbe naturale pensare alla ricerca di un re di questo mondo, ma i loro gesti (si prostrarono ad adorarlo) dicono molto di più sulla natura delle loro convinzioni. Non un re di questa terra cercavano e trovarono, ma qualcuno da adorare, precisamente Dio in un Bambino. Il loro animo, illuminato, presagiva oltre le apparenze: quel Bimbo di Betlemme era anche il Salvatore atteso dall'umanità. Vorrei farvi notare, miei Cari, che per incontrarsi con il Figlio di Dio, tanto i Magi che i pastori, avevano dovuto mettersi in cammino. Forse per loro le greggi erano importanti così come per i Magi, gli studi, la reggia o i palazzi. Ma dovettero decidere in fretta: i pastori senza farsi tanti problemi, i Magi seguendo una stella che, certamente, non poteva aspettare. Allora i Magi ci appaiono come gli uomini che cercano nella loro lunga marcia verso Gesù…; la loro storia è anche la nostra storia. La nostra vita è infatti una lunga marcia sulla quale incontriamo tante oscurità, tante false piste, anche tanti peccati, di cui ogni giorno dobbiamo chiedere perdono. E’ il mio augurio e il mio auspicio. E Buon Anno!

Don Vincenzo



LA BIANCA NAVE SULLA BIANCA PIAZZA

Le festività natalizie sono terminate e siamo entrati nel 2017, animati dalla speranza che il Signore possa donarci un anno prospero e ricco di salute, di maggiore propensione alla carità cristiana, di più fede in lui. Auguriamoci che possa elargirci uno sguardo nuovo, capace di distinguere il bene dal male, l’utile dal superfluo e dall'inutile, quindi un occhio interiore purificato dall'acqua e dal sangue che sgorgarono dal suo costato trafitto. Di questo abbiamo urgente bisogno: osservare la realtà e gli accadimenti piccoli e grandi, che concernono noi e gli altri, alla luce della coscienza e della consapevolezza cristiane. Osserviamo quindi sgomenti alla tragedia di interi popoli, alle migrazioni di massa verso l’Europa, ai conflitti bellici, agli attacchi terroristici dell’ISIS, alla nuova guerra fredda tra USA e Russia. Dinanzi a questi eventi su larga scala, cosa possiamo concretamente fare se non pregare per la pace nel mondo e nei cuori ed adoperarci nelle nostre comunità locali affinché lo spirito del bene prevalga su quello del male, le cui caratteristiche sono facilmente riconoscibili: individualismo, egoismo, avarizia, divisioni, faziosità, tentativi più o meno maldestri di introdurre nel tessuto sociale idee inconciliabili col progetto di Dio per l’uomo. Progetti, a voler tirare le somme, infecondi e tristi, come quello di far passare come normale l’ideologia gender o quella dei due padri e delle due madri. Fra le varie iniziative partorite da questa nuova Amministrazione di sinistra vi è stato il progetto cosiddetto “Evoluzioni”, fatto a misura per laicizzare la nostra società e giustamente criticato da molti, anche da non credenti. La teoria dei due padri e delle due madri non è affatto evolutiva, ma va al di là del paganesimo. Certo, questa nostra società, per diversi aspetti, appare disorientata e disordinata e, a quanto pare, chi ci amministra ci mette del suo per intorbidire le acque della schietta tradizione popolare, radicata e sentita malgrado le cosiddette “evoluzioni” regressive. Così, accanto alle luci natalizie e agli alberi addobbati e ad un presepe in piazzetta Le Monache, sono spuntati al centro del paese, in una piazza di un biancore acceccante, un oggetto anch'esso bianco a forma di nave sormontato da uccelli e, nelle vie del centro storico, delle luminarie a forma di strumenti musicali, consone semmai a manifestazioni quali il Talos Festival, attualmente defunto per mancanza di fondi. Queste iniziative scenografiche sono state esaltate a tal punto che si è tentato di dargli un valore umano o spirituale, ma laico, durante il periodo natalizio, quando tutta l’attenzione del mondo cristiano va alla nascita del Creatore in una stalla: le migrazioni dei popoli, l’immagine di salvezza e libertà, e non so cos’altro. Come se il presepe, la famiglia di Nazaret, la nascita del Cristo a Betlemme al freddo e al gelo, Maria e Giuseppe, non rappresentassero già quei valori e anzi ne aggiungessero altri, validi anche per atei, agnostici e credenti di altre religioni: l’emarginazione, la povertà, l’umiltà, la speranza, l’esaltazione degli ultimi, i pastori, considerati all'epoca gente di scarto, da cui stare lontani. Dio si fa uomo e si rivela, disarmato e fragile, non ai dottori della Legge o ai filosofi, ma agli ultimi della terra. Si fa uomo in tutto, tranne che nel peccato. E che dire dell’amabile silenzio di Giuseppe, un falegname, e di Maria, che meditava nel suo cuore tutti quegli straordinari accadimenti? Silenzio e meditazione non sono forse bisogni di tutti gli uomini che vogliono ritrovarsi, riflettere sul senso della vita, trovare un po’ di pace? Perché una vita senza senso non ha alcun senso. La dimensione orizzontale, senza quella trascendente e verticale, sa di finito, odora di loculo e di morte infinita, laddove l’uomo umile sente e percepisce distintamente dentro di sé l’esistenza di un’energia creatrice, orientatrice, salvatrice, che vince il mondo e ci apre ad altri scenari inauditi dopo la morte. La morte non ha l’ultima parola grazie alla venuta del Signore. Questo messaggio di fede e di speranza non prende le mosse che dal presepe tradizionale, non da altri marchingegni che non hanno neppure un profilo identitario. Auspico che nel dicembre del 2017 ci sia una rivisitazione di certe scelte e che si metta al centro del paese il tradizionale presepe. Saremmo pure tradizionalisti, ma a Natale – è bene ribadirlo - si celebra la nascita di Gesù, non quella di un perfetto sconosciuto, anche se per molti il Cristo costituisce ancora un perfetto sconosciuto, tant’è vero che, con mio profondo dispiacere, ho sentito taluni parlare di “Natale laico”, un ossimoro, un paradosso, una contraddizione in termini che non rende onore alla loro intelligenza.

Salvatore Bernocco


NATALE: LA GROTTA DI BETLEMME ACCOGLIE IL FIGLIO DI DIO

Maria e Giuseppe vagano in una Betlemme stracolma di gente, accorsa per il censimento, ma nessuno si accorge dell’imminente nascita del bimbo che Maria porta in grembo. Nell’indifferenza e nel diniego totale non c’è alcuna possibilità di offrire alla donna un luogo più accogliente e sicuro. No, per Giuseppe e Maria solo risposte negative, occhi trasognati, parole lontane, sentimenti distanti. La grotta, unico rifugio per la Madre del Salvatore… Ma, nell’umiltà della grotta, è accecante la luminosità del mistero dell’Eterno. La nascita di Gesù, il coro degli Angeli, la bellezza limpida degli Angeli, la bellezza limpida del cielo, poi… l’arrivo dei pastori: gente semplice che ha il privilegio di adorare il “Bambinello”. I regnanti non si accorgono neppure della luce che illumina il Creato, sono i semplici, gli umili, i poveri che si stupiscono del mistero e si avviano con i loro piccoli doni a onorare il Re dei re, il Salvatore del mondo. E oggi il Bambinello ritorna ancora a noi, ritorna nei fratelli costretti ad abbandonare le loro terre dilaniate dalle guerre, dalla violenza, dalla miseria. Vediamo ormai ogni giorno occhi di bimbi impauriti e di madri tristi, visi di uomini illuminati dalla flebile luce della speranza. Dove è più la loro casa, dove le loro luci, dove i loro doni? Chi aprirà loro le braccia, chi regalerà un sorriso? Oggi quanti si definiscono credenti sanno veramente offrire con generosità una “fetta” del proprio “Sé” a chi ha fame, a chi ha sete, a chi ha freddo? Sapranno allietare il Natale a questi fratelli, vittime dell’’egoismo dei potenti? Cosa importa a chi specula sul fenomeno dell’emigrazione clandestina se il Mediterraneo è diventato cimitero di tantissime creature, nelle cui acque per molti, troppi, si spegne l’illusione di una nuova vita proprio quando credono di giungere nella terra promessa? All’indifferenza fredda dei governanti si oppone la Chiesa insieme alle tante Congregazioni religiose che, da sempre, si adoperano per gli ultimi. Il fondatore dei Padri Rogazionisti, Sant’Annibale Maria di Francia, spese ogni giorno della Sua vita al servizio di Gesù, adoperandosi a sostegno dei più bisognosi, degli emarginati, dei poveri; li amò, guardò con un senso di maggiore “carità” i piccoli, tanto che scelse Sant’Antonio di Padova come loro protettore e a Lui chiese “Il Pane” in cambio di preghiere giornaliere per tutti i Benefattori che celebra la perennità del S. Natale nell’accendere una luce negli occhi dei tanti diseredati. Il modo più bello per cogliere il senso profondo del Natale illuminandosi della sua radiosità: la Carità.

A.C.


LA RIVOLUZIONE DELLA TENEREZZA IL DONO DI PAPA FRANCESCO

Papa Francesco continua a stupire il mondo per la straordinarietà della sua vita. I protocolli, le regole, i formalismi lo infastidiscono. Perché ama essere il semplice parroco che, in piena libertà, svolge la sua attività di pastore non solo accanto, ma tra le sue pecore, specialmente quelle che stazionano nelle periferie che va a cercare, anche all’improvviso, per toccarle, accarezzarle, abbracciarle, baciarle. Si intrattiene con loro, regala sorrisi, scherza ed è curioso per quello che dicono; visita ospedali, carceri, centri di accoglienza dove incontra persone che soffrono nello spirito e le incoraggia a sperare. Esce dal Vaticano per acquistare occhiali e scarpe meravigliando negozianti ed avventori, anche posando con loro. Il suo essere fuori dall’ordinario lo ha portato ad abitare in una residenza semplice che non ha nulla dello sfarzo degli appartamenti vaticani ricchi di opere d’arte e di arredamento prezioso che certamente apprezza, ma da cui preferisce rimanere distaccato. A lui interessa offrire al mondo l’immagine di un Papa coerente con la povertà evangelica e con la pratica delle Beatitudini di cui predilige la Misericordia. Per questo meriterebbe di passare alla storia come il «Papa della Misericordia» alla quale ha voluto dedicare il Giubileo straordinario. Sua intenzione particolare è stata, infatti, quella di trasmettere al mondo una fiducia incondizionata nella Tenerezza di un Dio che perdona perché ama ed accompagna l’uomo in un cammino di fede e di redenzione capace di restituirgli la speranza. Se Giovanni XXIII è passato alla storia come il Papa della Bontà, Francesco passerà alla storia come il Papa della Tenerezza. Bontà e Tenerezza sono i due pilastri su cui poggiano gli estremi di quel ponte conciliare che ha segnato il passaggio dalla «Chiesa del rigore e della scomunica» alla «Chiesa della misericordia e del perdono». Così scriveva Papa Giovanni: «Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della Misericordia invece di imbracciare le armi del rigore». Così scrive Francesco: «E’ giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono…forza che risuscita a vita nuova e infonde coraggio tale da guardare il futuro con speranza». In particolare a Francesco sta a cuore trasformare un mondo fiducioso, arricchito dall’amore di Dio. Il suo auspicio è provocare «la Rivoluzione della Tenerezza» che consenta all’uomo di potersi convertire da provocatore di guerre in costruttore di pace. In questa direzione viaggia il suo richiamo alla paternità di Dio il quale, nonostante venga respinto, continua a d inseguire l’uomo per lenire le sue angosce e trasfondergli iniezioni di fiducia che solo la Misericordia può garantire. Ed è anche questo il senso del suo messaggio per la giornata mondiale della Pace 2017 con cui invita gli uomini ad essere «costruttori di pace in nome della nonviolenza» e ad «applicare le Beatitudini nel modo in cui esercitano le proprie responsabilità. Una sfida a costruire la società, la comunità, l’impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l’ambiente, e voler vincere ad ogni costo».


 M. G.



PROTETTRICE DELL’ANNO 2017: LA VERGINE DI FATIMA NELLA NOSTRA COMUNITÀ

Nostra Signora di Fátima (in portoghese: Nossa Senhora de Fátima) è uno degli appellativi con cui la Chiesa cattolica venera Maria, madre di Gesù. Fra le apparizioni mariane, quelle relative a Nostra Signora di Fatima sono tra le più famose. Le pastorelle Lucia dos Santos di 10 anni e Giacinta Marto di 7 anni, con il pastorello Francisco Marto di 9 anni, fratello di Giacinta e cugino di Lucia, il 13 maggio 1917, mentre badavano al pascolo in località Cova da Iria (Conca di Iria), vicino alla cittadina portoghese di Fátima, riferirono di aver visto scendere una nube e, al suo diradarsi, apparire la figura di una donna vestita di bianco con in mano un rosario, che identificarono con la Madonna. Dopo questa prima apparizione, la donna avrebbe dato appuntamento ai tre per il 13 del mese successivo, e così per altri 5 incontri, dal 13 maggio fino al 13 ottobre. Nel 1930 la Chiesa cattolica proclamò il carattere soprannaturale delle apparizioni e ne autorizzò il culto. A Fatima è stato edificato un santuario visitato per la prima volta da papa Paolo VI il 13 maggio 1967, e in seguito anche da papa Giovanni Paolo II, pontefice molto legato agli avvenimenti del luogo, dove si recò più di una volta in pellegrinaggio. Secondo la dottrina cattolica queste apparizioni appartengono alla categoria delle rivelazioni private. Il 13 maggio 1967, nel cinquantesimo anniversario della prima apparizione di Fatima, papa Paolo VI, che già aveva donato una rosa dorata al santuario affinché a Maria fossero affidate le sorti del mondo, si recò in pellegrinaggio al santuario, scrivendo un’enciclica per l’occasione. Fu però Giovanni Paolo II, successore di Giovanni Paolo I (che aveva avuto colloqui personali con suor Lucia), il papa maggiormente legato alle apparizioni di Fatima. Egli visitò Fátima in tre occasioni. La prima volta nel 1982, dopo il grave attentato che subì il 13 maggio 1981 ad opera di Mehmet Ali Ağca, un killer professionista turco, che gli sparò due colpi di pistola in piazza San Pietro a Roma. Ci sarebbe ritornato nel 1991 e nel 2000. Nella sua prima visita del 1982 subì l’ennesimo attentato: un uomo tentò di colpirlo con una baionetta, ma fu fermato dalla sicurezza. L’uomo, un sacerdote spagnolo di nome Juan María Fernández y Krohn, si opponeva alle riforme del Concilio Vaticano II e definiva il papa un “agente di Mosca”. Invece, durante la visita del 2000, papa Giovanni Paolo II beatificò i due veggenti defunti, Giacinta e Francisco. Rese inoltre universale la festività della Madonna di Fatima, facendola includere nel Messale Romano. Nei giorni dall’11 maggio al 14 maggio 2010, anche Benedetto XVI, in occasione del decimo anniversario della beatificazione dei veggenti, si recò a Fatima.

S.B


Nel tempo e nello spazio di Dio

Come negli anni precedenti, dicembre è stato un mese oltremodo impegnato per le riflessioni e la catechesi sull’avvento, tempo mariano per eccellenza. Impegnativi furono i giorni che precedettero la solennità dell’Immacolata, ritmati dalle Quarantore annuali e il giorno 6 avemmo tra noi la presenza del Vescovo don Mimmo che celebrò l’Eucarestia nell’anniversario della dedicazione della nostra chiesa parrocchiale. L’elevata omelia da lui tenuta offrì molti spunti per la nostra riflessione. Mentre venne intensificata la catechesi a tutti i livelli, non esclusa quella ai novizi del sodalizio di San Rocco e alle socie della Associazione della Madonna del Buon Consiglio, ci preparammo al S. Natale con la solenne novena che culminò con la Messa Vigiliare del 24 e quella di mezzanotte di Natale con la processione di Gesù Bambino e l’inaugurazione del presepe dentro e fuori la chiesa. Molto notevole la partecipazione al Presepe Vivente che gli amici di S. Rocco hanno organizzato quest’anno per la 7a volta. L’impegno notevole profuso dai membri del sodalizio, dal Priore Angelo Fracchiolla e collaboratori della Amministrazione. Non mancarono le serate ricreative e la festa solenne animata dal Gruppo Famiglia per la festa della S. Famiglia il giorno 30. Il 23 poi si tenne l’adorazione animata dal Gruppo di Preghiera di Padre Pio e il 31 la Comunità si ritrovò in chiesa per la messa solenne, la riflessione offerta dal Parroco e il canto del Te Deum di ringraziamento.

Luca