mentre risuonano nel mio cuore e nella mia mente le parole dell’apostolo Paolo: “Mi ha amato e ha dato la sua vita per me”, non posso non riandare alle ultime ore del Maestro nel cenacolo dove, alla fine, Pietro si arrenderà a Gesù dicendogli: “Signore non solo i piedi, ma lavami anche le mani e il capo”. E quando Gesù gli dirà: “Dove io vado, per ora tu non puoi seguirmi”, Pietro, che pensa di conoscersi meglio di Gesù, dirà quell’affermazione -troppo sicuro di sé- “Darò la mia vita per Te” (Gv. 13,37). Pietro non ha capito proprio niente! Ma quando mai Gesù ha chiesto di dare la vita per Lui! Gesù, manifestazione piena e visibile di Dio, non chiede agli uomini di dare la vita per Lui.
È capitato a volte, in certi spiritualismi, l’affermazione di fare tutto per il Signore, di dare la vita per il Signore. Tali persone sono cadute nell’errore quando si saranno accorte che mai il Signore aveva chiesto queste cose. Il Signore non chiede di fare le cose per Lui. Mai Egli ha chiesto di dare la vita per Lui. Ma - ed è la linea di tutti e quattro gli Evangelisti - con Lui, cioè in piena comunione con Lui, e come Lui, dare la vita per gli altri. Ecco perché S. Paolo dirà: “ha dato la vita per me”. Chi crede di fare le cose per Dio, si orienta forse miseramente come Pietro che finisce per abbandonarlo. Pietro è pronto a dare la sua vita per Lui, ma Gesù gli risponde: chi te l’ha chiesto? Non deve dare la vita per Lui. Dio è il Signore che comunica la vita e non la vuole indietro. Egli comunica amore e non vuole assorbire questo amore. Il Dio di Gesù non assorbe gli uomini, ma li potenzia comunicando il suo amore e, con Lui e come Lui, occorre andare verso gli altri. Se nella nostra spiritualità e nel nostro linguaggio compare il fare le cose per Gesù, per amore del Signore, per amore di Dio, significa, miei Cari, che il messaggio di Gesù non è entrato in noi e non ci ha convinto. Se per amare l’altro, lo dobbiamo fare per Gesù, significa che l’amore non è entrato nella nostra esistenza. Credo non vi sia espressione più offensiva di quella di sentirsi amati per carità cristiana.
Veramente umiliante è sentirsi dire: lo faccio per carità di Cristo; ti perdono perché Cristo dice che dobbiamo perdonare, però... La linea che gli Evangelisti ci danno è di fare le cose con Lui e come Lui.
Identificandosi con gli emarginati della società, Gesù non si pone come premio al traguardo finale, ma quale slancio d’amore che consente all’uomo di amare generosamente come si sente amato. Il credente, noi, non dobbiamo amare perché nel povero c’è Gesù, ma perché noi, poveri, siamo stati già amati gratuitamente dal Signore: “Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo” (1 Gv. 4,19). Gesù, che ha dato la vita per noi, insegna a nutrire l’affamato perché è affamato e accogliere lo straniero perché è straniero e non perché in queste categorie ci sia il Signore. L’amore vero (agape) non consiste nell’amare il prossimo o occuparci del bisognoso perché in essi si vede Dio, ma nel vedere, come Dio, il bisogno dell’altro e cercare così di alleviarlo.
Purtroppo, la differenza tra il motivo dell’eros e quello dell’agape è lo stesso della differenza tra la religione e la fede.
Nella religione, siamo stati educati ad agire per Gesù, nella fede si agisce con Gesù (dare la vita con Gesù). Mentre l’amore per Gesù è destinato al fallimento, come Pietro che voleva dare la vita per Gesù e finirà poi per rinnegarlo, agire con Gesù porta ad un processo di somiglianza sempre maggiore col Signore, come Tommaso, il discepolo detto il Gemello di Gesù perché disposto a dare la sua vita con il suo Signore e per questo capace della più alta professione di fede di tutto il Vangelo: “Mio Signore e mio Dio” (Gv. 20,28). Siano questi, miei Cari, i sentimenti e i convincimenti per entrare col piede giusto nell’evento. Settimana Santa che si apre dinanzi a noi.
Cordialmente auguro a tutti una Santa Pasqua
Don Vincenzo
Al vescovo don Gino,
agli amici della nostra comunità,
l’augurio cordiale
per una Pasqua di Resurrezione
in novità di vita.