“Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”. Questo giorno è tempo propizio per imparare e sostare con Maria e Giovanni, il discepolo prediletto, accanto a colui che sulla croce consuma per l’intera umanità il sacrificio della sua vita. Con più viva partecipazione volgiamo pertanto il nostro sguardo a Cristo crocifisso che, morendo sul Calvario, ci ha rivelato pienamente l’amore di Dio.
Nell’enciclica Deus caritas est ho messo in rilievo le sue due forme fondamentali: l’agape e l’eros.
Il termine agape indica l’amore oblativo di chi ricerca esclusivamente il bene dell’altro; la parola eros denota invece l’amore di chi desidera possedere ciò che gli manca e anela all’unione con l’amato. L’amore di cui Dio ci circonda è senz’altro agape. Tutto ciò che l’umana creatura è ed ha è dono divino: è dunque la creatura ad avere bisogno di Dio in tutto. Ma l’amore di Dio è anche eros. Nell’antico testamento il creatore dell’universo mostra verso il popolo che si è scelto una predilezione che trascende ogni umana motivazione. Il profeta Osea esprime questa passione divina con immagini audaci come quella dell’amore di un uomo per una donna adultera; Ezechiele, per parte sua, parlando del rapporto di Dio con il popolo di Israele, non teme di utilizzare un linguaggio ardente e appassionato.
Questi testi biblici indicano che l’eros fa parte del cuore stesso di Dio: l’Onnipotente attende il “sì” delle sue creature come un giovane sposo quello della sua sposa. Purtroppo fina dalle sue origini l’umanità, sedotta dalle menzogne del maligno, si è chiusa all’amore di Dio, nell’illusione di una impossibile autosufficienza. Ma il “no” dell’uomo è stato come la spinta decisiva che l’ha indotto a manifestare il suo amore in tutta la sua forza redentrice. Per riconquistare l’amore della sua creatura, egli ha accettato di pagare un prezzo altissimo: il sangue del suo unigenito Figlio.
Benedetto XVI