Quest’anno le letture quaresimali seguono il Ciclo B. Non ritroviamo la Samaritana, il cieco nato, Lazzaro. Altre pagine innescheranno mordenti inviti.
Per cominciare, il rito delle Ceneri (25 febbraio) ci richiamerà al nostro limite:‘“Ricordati che sei uomo”. Nella I di Quaresima le tentazioni di Gesù ci inviteranno a rifiutare l’asservimento agli idoli pagani: ricchezza, successi,
superbia.
La Quaresima si presenta, comunque, come occasione per farci “crescere nella conoscenza del mistero di Cristo” e, in pari tempo, ci illumina sul nostro stesso mistero. Perché, è chiaro, noi siamo un mistero che viene illuminato da Cristo, secondo il disegno di Dio nascosto nei secoli.
Il nostro cammino è lotta, superamento, sofferenza del limite che ci impedisce ed umilia con la soggezione al peccato. E po, c’è la sofferenza fisica, scandalo a causa della deriva da Dio. Un Dio che ci ama e ci colpisce col dolore? Uno scoglio sul quale si frantuma la fede di molti. E però, un Dio a nostra immagine, un Dio comodo non l’ha avuto nemmeno Gesù, Dio da Dio, fatto uomo. È il tema della II e V di Quaresima. Nel disegno di Dio la sofferenza ci sta tutta. “Ho creduto anche quando dicevo: Sono troppo felice”. Il versetto del salmo 115, nella II Domenica, riecheggia in preghiera lo scioccante episodio del sacrificio di Abramo letto appena prima.
Sulla montagna, Abramo offre il figlio. Il sacrificio non avverrà, perché era virtualmente già consumato nel cuore del Patriarca, credente e sperante contro ogni logica. Sulla bilancia, stanno Dio e Isacco. Nel cuore di Abramo, vince Dio. E Dio parla: “Perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione…” (Gen 22, 16-17).
Su un’altra montagna solitaria, il Vangelo della stessa Domenica presenta Gesù che si
trasfigura. Dopo la drammatica prova di Abramo, l’immagine luminosa di Gesù produce un effetto liberatore. Il credente si sente risucchiato in quell’alone di luce.
Ma è una contemplazione fugace. Urge un diverso ritorno alla vita dei giorni, con un cambio di prospettiva che trova il centro in Gesù-Maestro. “Ascoltatelo!”, intona la
Voce dall’alto sul Figlio prediletto. In breve, la pagina del Vangelo sancisce l’assoluta trascendenza di Gesù, Parola fatta carne, su tutti i maestri, sinceri o falsi, che si succedono sulla scena del mondo e seducono molti ingenui.
È nella V Domenica che il tema della sofferenza si rivela appieno: sofferenza e felicità come un binomio non scindibile. I 40 giorni quaresimali sono la figurazione della vita stessa. Per la strada si fondono dolore e gioia, semina e raccolto. Il seme deposto dal contadino nel terreno vuole tempo per dare fiori e frutti. Nell’ordine dello spirito non è proprio così. Nel chicco di grano che marcisce c’è già la vita che nasce. Già, la vita. Gesù passa dal simbolo alla realtà: “Chi … odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”. C’è nelle parole qualcosa di sublime. La sua Pasqua, la nostra Pasqua.
Né la sua né la nostra arriva senza l’incontro della sofferenza. Una sofferenza che, proprio quando ci stritola, ci mette dentro l’alba della risurrezione.
D.C.